Le mucose dell’organismo animale rappresentano il più grande organo del sistema immunitario. Un buon 90% dei potenziali patogeni è bloccato o inattivato a livello di barriera mucosale, per cui la sua integrità ed un corretto funzionamento sono essenziali per la produttività e la salute del bovino.

Il sistema immunitario delle mucose prevede l’azione sinergica di tre distinte strutture:

  • Lo strato di muco
  • Le cellule epiteliali
  • Le cellule immunitarie della lamina propria

Lo strato di muco

La prima barriera è rappresentata dal muco che è prodotto principalmente dalle cellule caliciformi mucipare. Il muco è una sostanza colloide composta da acqua, mucine ed in misura minore da peptidi antimicrobici e immunoglobuline di tipo A (IgA). L’azione protettiva delle mucine si estrinseca attraverso l’aumento della viscosità del materiale che le contiene, determinando un impedimento fisico molto efficace per evitare il contatto diretto con le cellule sottostanti. I peptidi antimicrobici sono prodotti direttamente dalle cellule epiteliali ed hanno un ampio spettro d’azione agendo come enzimi litici che danneggiano le membrane delle cellule. Le IgA secretorie sono prodotte dalle plasmacellule della lamina propria e trasportate dalle cellule epiteliali sul versante del lume. Lo strato di muco può essere idealmente diviso in due sezioni: la sezione più esterna, di transizione con il contenuto del lume, e la porzione più interna, a contatto con le cellule epiteliali, detta “killing zone”. La killing zone ha un’elevata viscosità ed un’alta concentrazione di peptidi antimicrobici e IgA; è uno strato particolarmente ostico per i microrganismi e solo alcuni di essi possiedono le strategie per attraversarlo.

Le cellule epiteliali

Le cellule epiteliali rappresentano il secondo livello dell’immunità mucosale. Un’importante linea di difesa è data dalle giunzioni cellulari conosciute con il termine di Tight Junctions. Queste sono proteine strutturali hanno la funzione di serrare lo spazio tra due cellule vicine rendendo impossibile il passaggio di qualsiasi sostanza. Le tight junctions hanno però la straordinaria abilità di contrarsi o allentarsi come risposta a particolari stimoli, e quando sono allentate permettono il passaggio di molecole o ioni tra le cellule epiteliali fino alla lamina propria e viceversa. Le cellule epiteliali sono provviste di recettori per il riconoscimento del pattern; tra questi, i più conosciuti sono i recettori Toll-like ma ne esistono anche altri tipi. A differenza di altri organi o apparati, l’ambiente enterale (apparato gastro enterico, utero, apparato respiratorio ecc.) è continuamente a contatto con microrganismi e sostanze estranee, anche se lo strato mucoso funge da prima barriera protettiva. Ne consegue che l’attivazione della risposta infiammatoria e immunitaria innata deve essere intensamente modulata e riservata a quelle occasioni in cui i patterns con cui le cellule vengono a contatto sono potenzialmente pericolosi. Per la maggior parte del tempo, invece, il contatto avviene con microrganismi o sostanze che fanno parte del normale microbiota, quindi non solo prive di alcun significato patogeno ma addirittura necessarie al benessere della mucosa e dell’intero organismo; in questo caso, la risposta delle cellule epiteliali si limita alla liberazione di peptidi antimicrobici. A differenza delle cellule immunitarie che si attivano con uno scopo quasi esclusivamente pro-infiammatorio, le cellule epiteliali hanno una risposta prevalentemente antinfiammatoria e questa funzione viene assicurata dalla produzione di citochine (tra le quali la più importante è la TGF – β) e interleuchina – 10 (IL – 10). Ad esempio, la finalità antinfiammatoria delle precedenti sostanze può estrinsecarsi attraverso un sistema che prevede la riduzione dell’espressione delle molecole di attivazione dei linfociti T da parte delle cellule presentanti l’antigene (come le cellule dendritiche) e l’aumento della popolazione di linfociti T a funzione regolatrice (linfociti T ᴿᵉᵍ).

Le cellule immunitarie della lamina propria

Quanto detto in precedenza esalta il ruolo protettivo dello strato di muco e delle cellule epiteliali, il cui funzionamento dipende primariamente dall’ambiente extracellulare e soprattutto dall’ecologia della flora microbica non patogena che costituisce il microbiota e che modula finemente i meccanismi infiammatori. Nel momento in cui, per una serie di motivi, dei microrganismi patogeni (o delle sostanze dannose) dovessero venire a contatto con le cellule epiteliali, il sistema di comunicazione cellulare cambia radicalmente ed assume un significato decisamente protettivo. Il legame dell’antigene con i recettori cellulari specifici innesca una risposta immunitaria che prevede l’intervento primario dei granulociti. I granulociti neutrofili svolgono la loro funzione protettiva attraverso la fagocitosi e la produzione di sostanze con una potente attività ossidativa, in grado di inattivare batteri, virus, funghi ed alcuni parassiti. I granulociti eosinofili hanno la medesima abilità fagocitaria dei neutrofili ma concentrano la loro presenza soprattutto durante la fase tissutale delle infestioni parassitarie mentre i granulociti basofili e i mastociti sono coinvolti principalmente nei processi di natura allergica. La fase successiva, da 24 a 48 ore dopo l’intervento dei granulociti, prevede il reclutamento delle cellule immunitarie proprie del sistema immunitario adattativo, richiamate dalle citochine prodotte in gran quantità nella fase di risposta immunitaria innata. La risposta immunitaria adattativa, o acquisita, ha luogo principalmente in “isole” di tessuto linfatico associato alla mucosa o MALT (Mucosa – Associated Lymphoid Tissues). I MALTs sono composti principalmente da linfociti B e T, macrofagi e cellule dendritiche, e sono ricoperti da cellule epiteliali modificate dette cellule M (Microfold cells) che hanno la capacità di captare gli antigeni, internalizzarli tramite pinocitosi e trasportarli fino ai MALTs. Qui l’antigene viene processato da una qualsiasi cellula presentante l’antigene (linfociti B, macrofagi e cellule dendritiche) ed è “presentato” ai linfociti B e T. A questo punto la risposta immunitaria cambia in base alla tipologia di cellule con cui avviene la sinapsi immunologica.

Sia i linfociti B che i linfociti T iniziano un’intensissima attività di moltiplicazione cellulare, definita espansione clonale e, in base alla funzione a cui sono destinati, daranno vita a due popolazioni differenti: i linfociti “della memoria” e le cellule linfocitarie effettrici. Le cellule effettrici sono le sole a partecipare attivamente alla risposta immunitaria mentre le cellule della memoria conserveranno per un tempo più o meno lungo (a volte per tutta la vita) la “memoria” dell’antigene con cui sono venute a contatto; in questo modo la risposta adattativa avverrà in tempi decisamente più brevi qualora l’organismo venisse nuovamente a contatto con lo stesso antigene. I linfociti B hanno una doppia funzione: nella prima fase della risposta immunitaria si comporteranno da cellule presentanti l’antigene, in modo da amplificare esponenzialmente la probabilità che un numero molto elevato di linfociti possa venire a contatto con l’antigene, ma nel momento in cui la stimolazione antigenica è diventata robusta, mutano il loro comportamento diventando plasmacellule e quindi in grado di produrre grandi quantità di immunoglobuline (IgA). I linfociti T invece non sono capaci di presentare l’antigene ma possono evolvere in linee cellulari specializzate per funzioni peculiari: combattere le infezioni scatenate da microrganismi intracellulari (linfociti T citotossici) oppure promuovere l’attivazione dei linfociti B e macrofagi (linfociti T helper), o ancora “spegnere” la risposta immunitaria quando diventa troppo intensa o non più necessaria (linfociti T suppressor). Un aspetto particolarmente affascinante del sistema immunitario associato alle mucose è il fenomeno conosciuto con il termine di Common Mucosal System. I linfociti B e T attivati dal contatto con l’antigene possono abbandonare il tessuto linfoide submucosale e ritornare nel circolo sanguigno, da qui possono lasciare il torrente ematico e migrare nella lamina propria delle mucose. La maggior parte delle cellule linfocitarie ritorna nella stessa mucosa da cui ha preso origine ma alcune di esse sono state localizzate in mucose differenti. Ad esempio, cellule linfocitarie attivate nella mucosa intestinale possono migrare nella mucosa bronchiale e viceversa.

Negli ultimi anni le conoscenze riguardo il sistema immunitario mucosale sono aumentate in maniera esponenziale e ciò ha avuto delle poderose implicazioni riguardo il benessere e la produttività del bovino. Si è compreso il ruolo necessario e insostituibile del microbioma a livello di mucosa intestinale, mammaria, respiratoria e, nell’ultimo periodo, uterina. Si stanno indagando le molteplici connessioni tra il microbioma e la salute dell’organismo, e quanto possa esserci in termini di interferenze naturali, artificiali o iatrogene con tali connessioni. La conoscenza profonda di questi affascinanti meccanismi è necessaria per poterli implementare, pilotare o curare nel momento in cui dovessero subire dei danni. Nei prossimi anni il nostro lavoro sarà probabilmente orientato principalmente a sostenere le innate capacità di resistenza e tolleranza alla malattia anziché intervenire sulla malattia stessa.