Il neologismo “supercazzola”, coniato da Corrado Lojacono, si è guadagnato la sua notorietà perché ampiamente utilizzato da Ugo Tognazzi nella parte del conte Raffaello “Lello” Mascetti nella trilogia capolavoro “Amici miei” (1975-1985) dei registi Mario Monicelli e Nanny Loi.

Nella pellicola Mascetti somministrava al malcapitato di turno frasi e discorsi privi di senso, che non comunicavano alcunché perché composti da parole reali e inesistenti pronunciate velocemente e in modo imperioso solo per prendersi burla di qualcuno. In un più recente passato, ma anche nel presente, molti attori comici come Paolo Cevoli hanno utilizzato questo stile comico per i loro sketch.

La parola supercazzola è stata poi inserita nel 2015 nello Zingarelli, e riqualificata pertanto da “parolaccia” a termine di uso comune, e quindi utilizzabile. Anche parole che lasciano perplessi perché volgari, come “stronzata”, hanno avuto il loro momento di gloria nell’essere utilizzate nel 2005 dal prof. Harry G. Frankfurt come titolo del famoso libro “Stronzate. Un saggio filosofico”, che esplora il mondo complesso di chi vuole affermare la sua personalità non avendo qualità oggettive per farlo e ricorre quindi a discorsi vuoti di significato ma pronunciati in modo assertivo e convincente. La mente umana, ormai bombardata quotidianamente di stimoli e informazioni, si rifiuta spesso di utilizzare risorse cognitive oggettive basate su un solido supporto scientifico ma cerca scorciatoie cognitive per farsi convinzioni.

Ma vediamo ora come questi concetti possono applicarsi alla nostra realtà.

L’Italia è uscita distrutta dalla guerra e nel 1945 c’era da ricostruire un  Paese e il suo ordine sociale. Serviva cibo sano, abbondante e rapidamente disponibile per tutti, e la coltivazione dei campi e l’allevamento gli animali dovettero trasformarsi da un contesto rurale ad uno “industriale” per aumentare l’efficienza. Per accompagnare questa crescita fondamentale è stato il ruolo formativo e consulenziale dei tanti progetti messi in campo dallo Stato, ma forse anche di più i prodotti e i servizi offerti dalle industrie produttrici di beni strumentali per l’agricoltura e la zootecnia, come mangimi, concimi, agrofarmaci, specialità veterinarie, sementi e mezzi agricoli. Un esercito di agenti di commercio e di tecnici dell’industria ha affiancato gli allevatori in qualità di risolutori di problemi e formatori. Era il tempo in cui ci si poteva aggiornare solo leggendo le riviste cartacee e archiviando l’articolo interessante strappando la pagina, leggendo libri specializzati, andando alle fiere e parlando nel cortile dell’azienda o prendendo un caffè con il personale di vendita e tecnico delle industrie.

Le evidenze scientifiche erano ancora poche ed erano a volte poco robuste per cui spesso si progrediva a tentativi o tramite convinzioni maturate con l’esperienza empirica che spesso non era poi così affidabile. In un modo o nell’altro, comunque, la produzione primaria si è evoluta.

Le industrie di allora investivano molte risorse economiche per formare e aggiornare le proprie reti tecniche-commerciali e i propri dipartimenti di ricerca & sviluppo, perché questo gli dava un oggettivo vantaggio competitivo misurabile in fatturato e profitto. Anche i veterinari e gli zootecnici privati e i servizi ATZ delle regioni hanno avuto un ruolo importante verso l’obiettivo dell’efficienza delle aziende agricole e degli allevamenti. Era il tempo dello “sgrossare”, ossia di gestire la transizione tra rurale e industriale, per cui è ovvio che tanti errori furono commessi anche consapevolmente perché la posta in gioco era piuttosto alta.

L’empatia e l’eloquenza del rappresentante e del tecnico dell’industria, e i possenti investimenti nella pubblicità spesso mettevano, e tuttora succede, gli allevatori e gli agricoltori in difficoltà nel capire quanto fossero affidabili la soluzione o il prodotto offerti dall’industria. Nel frattempo, molte Regioni hanno pensato bene di non rifinanziare i piani ATZ, e molte industrie hanno ridotto gli investimenti in ricerca & sviluppo e formazione, ma internet con i suoi motori di ricerca, i suoi sistemi di messaggistica istantanea, i social media e i siti delle aziende ha permesso alla produzione primaria di avere accesso diretto e senza mediazione allo sterminato mondo dell’informazione digitale e di confrontarsi con chi ha gli stessi interessi e fa lo stesso lavoro.

Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza nell’opinione pubblica che sprecare è un male morale ed economico, che le risorse del pianeta non sono infinite, che la natura potrebbe avere diritti da vantare e che il cambiamento climatico sta condizionando concretamente le scelte da fare. Riflessioni di questo tipo sono tipiche delle società mature come lo sono tutte quelle occidentali e non solo. In questa nuova fase di sviluppo della produzione primaria, e più in generale dell’economia, il tempo delle “supercazzole”, come le intendeva il Conte Mascetti, e delle “stronzate”, come definite dal Prof. Frankfurt, è finito. Queste sono però rimaste radicate nella retorica di molti politici, simili al soldato giapponese Hiroo Onoda che si arrese nell’isola filippina di Lubang solo nel 1974 perché pensava, o voleva convincersi, che la guerra del Giappone non fosse finita.

Il sistema produttivo occidentale, e anche quello di molte altre nazioni del mondo, sta confluendo nel modello di sviluppo che riconduce alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Le aziende agricole e gli allevamenti stanno applicando concretamente i principi dell’agricoltura e la zootecnia di precisione con l’aiuto e i mezzi tecnici messi a disposizione dall’industria. Una nuova generazione di reti tecniche e commerciali si sta formando, unitamente a nuove competenze professionali di zootecnici e veterinari.

In questa fase matura dell’economia reale sia le “supercazzole” che le “stronzate” non hanno più un ragione di esistere. Appartengono ormai ad un passato anche divertente ma che non ci possiamo più permettere, almeno nell’ambito lavorativo. Riabilitiamo il Conte Mascetti ma solo per lo svago perché nel tempo del lavoro serve ben altro. Sentire politici ed esperti fare le “supercazzole” e dire le “stronzate” è diventato ormai molto irritante e controproducente.