Il deficit energetico, e spesso proteico, della vacca da latte nelle prime settimane di lattazione ed a volte anche prima del parto è il più importante fattore di rischio per la produzione, la sanità e la fertilità. Il bilancio energetico negativo (NEBAL) è uno status da considerare fisiologico, essendo conseguente ad una capacità d’ingestione non proporzionale ai fabbisogni energetici dell’inizio lattazione. A rendere difficile la gestione di questo evento metabolico è la limitata possibilità di concentrare l’energia della razione prima che la bovina contragga un’acidosi ruminale. Per acidosi ruminale s’intende quella patologia del rumine in cui la produzione di acidi grassi volatili (AGV) da parte delle biomasse batteriche supera la capacità del rumine di assorbirli e neutralizzarli. Questa concentrazione eccessiva di AGV determina una riduzione del pH ruminale.

Molti autori definiscono lo status di acidosi ruminale sub-clinica (SARA) quando il pH scende al di sotto del pH 5.60 per almeno 180 minuti al giorno. Questo comporta che il pH medio nelle 24 ore si attesti comunque al di sotto di 6.00. L’acidosi si crea, in pratica, quando per aumentare la concentrazione energetica della razione si sostituiscono alimenti poveri d’energia, come i foraggi, con i concentrati e con la sostituzione di carboidrati strutturali (NDF) con quelli non strutturali (NSC). La razione diventa più energetica perché l’inserimento di NSC, di cui l’amido è la componente più significativa, favorisce la crescita dei batteri ruminali amilolitici e quindi una maggiore produzione di acido propionico. Questo AGV è il precursore privilegiato del glucosio nella gluconeogenesi, in grado di produrre più energia (ATP) rispetto ad altri nutrienti. La sostituzione di NDF da foraggio con il più degradabile NDF da concentrati e l’inserimento di NSC riducono inevitabilmente l’attività masticatoria ruminale, con una minore produzione di saliva e dei tamponi in essa contenuti. La maggiore produzione di AGV, specialmente della quota di propionati, unitamente ad una minore produzione di tamponi salivari, causa la riduzione del pH ruminale ad una soglia molto vicina all’acidosi. Il confine tra massima produzione ruminale di AGV e SARA è molto stretto. Se poi, per ragioni di spazio fisico nella razione o per pregiudizi, si riduce l’apporto di proteina degradabile, si priva il rumine di un altro fattore di stabilizzazione del pH che è l’azoto semplice.

Il nutrizionista attento cercherà di offrire alle vacche fresche e non ancora gravide una razione alla più alta concentrazione energetica possibile, verificando che queste ne mangino la massima quantità. Nella realtà d’allevamento, nonostante la realizzazione di razioni molto energetiche, ossia > 1.70 Mcal/kg di sostanza secca, sia facile, non è così semplice controllare che l’ingestione della razione sia la massima ottenibile, soprattutto se bisogna gestire un gruppo unico in lattazione o se non si usa un carro unifeed. La prima reazione di una bovina in acidosi ruminale sub-clinica sarà quella di ridurre l’ingestione giornaliera, vanificando di fatto il vantaggio ottenibile da una razione a maggiore concentrazione energetica.

Oltre alla trappola della riduzione della capacità d’ingestione, ci sono aspetti negativi per la fertilità e la sanità della bovina da latte legati all’acidosi ruminale sub-clinica. E’ ben noto l’effetto non positivo della produzione di endotossine a livello ruminale sulla salute della bovina. Le endotossine o lipopolisaccaridi (LPS) si liberano in organi come il rumine, l’intestino, la mammella, l’utero e la vescica in seguito alla morte di batteri gram-negativi. Queste molecole sono responsabili di alcuni sintomi legati all’infiammazione principalmente tramite la stimolazione della produzione di citochine pro-infiammatorie, come IL-1 e TNF-α, rilasciate essenzialmente dai macrofagi. Queste citochine, ed in particolare il TNF-α, agiscono anche direttamente a livello ipotalamico inducendo la febbre tramite le prostaglandine e riducendo l’appetito. Nel fegato, stimolano la produzione di proteine della fase acuta e, cosa molto grave per la fertilità, un’insulino-resistenza, per mettere a disposizione del sistema immunitario cellulo-mediato più nutrienti possibile. Per essere più precisi, le citochine aggravano quel quadro d’insulino-resistenza fisiologicamente presente in tutta la fase di transizione dall’asciutta alla lattazione. Il TNF-α agisce anche sugli altri tessuti nell’indurre l’insulino-resistenza, stimolando inoltre un catabolismo proteico e lipidico. L’accentuazione del catabolismo proteico e la riduzione del pH ruminale comportano un inevitabile incremento di produzione dell’urea, a volte pericolosamente confuso con un’eccessiva concentrazione di proteine della razione. Le endotossine, inoltre, stimolano direttamente la produzione di prostaglandine e l’asse ipotalamo-ipofisi-surrenale, con una maggiore produzione di ACTH e cortisolo. E’ stata infine dimostrata l’inibizione indiretta, perché mediata dal GnRH, della produzione di LH ipofisario. La ridotta produzione di questa gonadotropina è causa di degenerazione cistica del follicolo ovulatorio, di scarsa produzione di estradiolo, di un comportamento estrale poco evidente e di corpi lutei con minore produzione di progesterone.

La liberazione di LPS ruminale può essere discontinuativa o continuativa. La produzione ruminale discontinua di LPS è dovuta ai bruschi e frequenti cambi di razione, a passaggi mal gestiti dall’asciutta alla lattazione, ad unifeed mal confezionati dove le bovine possono scegliere, a somministrazione di elevate quantità di concentrati per pasto (che può accadere nella somministrazione manuale di mangimi), o per ingestione secondaria di insilati caldi e mal conservati. La liberazione occasionale di LPS si ha anche quando si cambia con eccessiva frequenza la razione alimentare delle bovine in lattazione, non considerando che ciò comporta sempre una messa in discussione dei rapporti tra le varie specie di batteri, funghi e protozoi che popolano il rumine. Un ruminante non impiega quasi mai meno di 4-6 settimane per rimodulare l’assetto biologico del rumine successivamente ad un cambio di razione. La produzione ruminale continuativa di endotossine è frequentemente causata da scelte alimentari legate soprattutto, ma non esclusivamente, ad un abuso di concentrati rispetto ai foraggi.

E’ stato recentemente dimostrato un incremento nella produzione ruminale di LPS in funzione del rapporto foraggi\concentrati della razione, o meglio in quelle condizioni in cui, a causa anche della sola ridotta produzione salivare di tamponi, il pH ruminale tende a scendere ad un livello poco favorevole per i batteri cellulosolitici che sono maggiormente gram-negativi. E’ stato osservato che il passaggio da una razione con un rapporto foraggi\concentrati 60:40 ad una al 40:60 causa un incremento nella produzione ruminale di endotossine che passa da circa 4 (log10 LPS, EU\ml) a oltre 4.3. Il rapporto foraggi\concentrati condiziona anche la produzione di proteine della fase acuta, come l’aptoglobina (Hp) e il SAA. Da un rapporto foraggi\concentrati 60:40 ad uno inverso, l’Ho e la SAA passano, rispettivamente, da 0.54 mg/ml a 1.90 mg/ml e da 55 µg\ml a 71 µg\ml. Nell’acidosi ruminale sub-clinica indotta sperimentalmente la produzione ruminale di LPS è ancora più elevata rispetto al controllo e il SAA ematico e di produzione epatica raddoppia la sua concentrazione (286.8 vs 498.8 µg\ml).

In un lavoro di Khfipour (2009) si osserva come la produzione di AGV aumenti con il diminuire del pH ruminale, confermando ovviamente un “dogma” dell’alimentazione e che il rapporto acetati:propionati scende progressivamente. Questo studio osserva inoltre che già a pH inferiore al 6.00 la produzione ruminale di lattati diventa significativa. Di converso, l’autore registra un raddoppio nella concentrazione ruminale di LPS quando il pH ruminale medio passa da 6.15 a 5.85, mentre non si osservano variazioni significative nel sangue. Si conferma comunque un incremento significativo di SAA. Quando invece viene indotta sperimentalmente la SARA, la situazione diventa più particolare e le variazioni metaboliche molto significative. L’ingestione e la produzione all’inizio aumentano, cala sensibilmente l’ingestione, mentre significativo rimane l’incremento della proteina percentuale del latte. Per SARA s’intende quell’insieme di alterazioni metaboliche causate da un pH ruminale medio di 5.95, correlato ad un pH < 5.5 per almeno 279 minuti al giorno. Nella SARA la produzione ruminale di AGV rimane sostenuta, con una concentrazione di glucosio ematico più elevata del controllo. Dopo 12 ore di SARA la produzione ruminale di LPS passa da 29.492 EU/ml a ben 151.985 EU\ml! A differenza di quanto osservato in una situazione di sola riduzione del pH ruminale, e quindi non di SARA, si nota un incremento significativo di LPS plasmatico, che dopo 12 ore dall’induzione dell’acidosi passa da un valore non significativo a 0.81 EU/ml. Infine, sia SAA che l’aptoglobina presentano un significativo incremento, rispettivamente da 164.4 µg\ml a 446.7 µg\ml e da non determinabili a 484 µg/ml.

Conclusioni

La gestione del NEBAL della bovina da latte, specialmente se di alto potenziale genetico, richiede una profonda riflessione ed una revisione dei metodi sin qui utilizzati, anche perché, alla luce dell’andamento della fertilità e della longevità, non hanno prodotto significativi risultati. La facile conclusione che per mitigare gli effetti nefasti del NEBAL sia sufficiente realizzare una razione alla più alta concentrazione possibile di energia, sostituendo foraggi con concentrati e l’NDF con NSC, può facilmente innescare un’acidosi ruminale sub-clinica che, come tale, richiede una capacità diagnostica estremamente raffinata. La scarsità di conoscenze sul reale fabbisogno di amido e delle sue frazioni richiede ai nutrizionisti una grande prudenza nel suo utilizzo come sinonimo d’energia. L’inizio della SARA è fuorviante, in quanto si osserva in genere un incremento produttivo di proteine percentuali del latte e, conseguentemente all’incremento della gluconeogenesi, un miglioramento dell’attività e della qualità dei follicoli. La bovina presenta in genere una sintomatologia lievissima che vede nel calo d’ingestione il primo sintomo.

Quello che non è visibile ad occhio nudo, e che è anche di scomodo accertamento diagnostico, è l’incremento nella produzione ruminale, e forse anche plasmatica, di endotossine e proteine della fase acuta. La produzione continuativa di LPS, con la possibilità che questi sembrerebbero avere di condizionare la loro concentrazione nel sangue, ha sulla fertilità un’azione molto negativa, che va dalla capacità di condizionare l’ovulazione del follicolo dominante fino alla sopravvivenza del embrione. Nelle bovine in cui è stato imposto un pH ruminale tipico della SARA o della fase immediatamente precedente, il rumine, in virtù di un’infiammazione che spesso cronicizza, produce facilmente grandi quantità di prostaglandine e amine come l’istamina, che non sono sicuramente favorevoli al ripristino di una nuova gravidanza. Il seguire incondizionatamente il principio che più elevata è la concentrazione energetica della razione delle bovine al picco produttivo migliori saranno le performance produttive e riproduttive può essere fuorviante e causare esso stesso una sub-fertilità.

Una nutrizione attenta sarà quella che tenterà di creare le condizioni per una maggiore produzione cellulare di energia, ossia di ATP, massimizzando l’approvvigionamento essenzialmente di glucosio ma anche degli altri metaboliti come AGV, aminoacidi etc., senza enfatizzare amido e grasso come esclusiva fonte energetica. Di converso, più che creare razioni ad alta concentrazione energetica è necessario cercare di far ingerire alla bovina più calorie possibili attraverso una massimizzazione della capacità d’ingestione attraverso i molteplici strumenti conosciuti. Visto che “non tutte le ciambelle riescono con il buco”, sia l’allevatore che lo zootecnico e il veterinario hanno la necessità ed il dovere di raffinare la capacità diagnostica dell’acidosi ruminale sub-clinica non delegando a questo il solo sintomo rapporto grasso\proteina, ormai poco patognomonico e significativo nelle vacche di alto potenziale genetico.