E’ invitabile che si cercherà di ridurre al minimo, o meglio all’indispensabile, l’uso degli antibiotici, ma anche di molti altri farmaci, negli allevamenti. La “cultura della vaccinazione”, le opportunità offerte dalla genomica e la biosicurezza stanno creando le condizioni perché ciò avvenga. Ci sono inoltre molecole naturali”, ossia prodotte dagli stessi animali o presenti nel mondo vegetale e non solo, che possono essere potenzialmente impiegate per prevenire e curare le malattie infettive. Una di queste è la lattoferrina, una glicoproteina presente nel latte ma anche in altri fluidi corporei, come le lacrime, la saliva, i secreti vaginali, le urine, le secrezioni nasali e quelle bronchiali, la bile e i fluidi gastrointestinali, che ha proprietà antimicrobiche, immunostimolanti e antinfiammatorie. In medicina umana questa glicoproteina è studiata anche per le sue proprietà antitumorali.

In veterinaria, ed in particolare in buiatria, la lattoferrina (fig.1) merita attenzione per la gestione delle mastiti e delle enteriti neonatali. Questi due gruppi di patologie sono quelli verso i quali si fa più ampio ricorso agli antibiotici, spesso come metafilassi. E’ infatti ancora in uso la BDCT, o terapia antibiotica sistematica alla messa in asciutta delle bovine da latte, e l’uso metafilattico degli antibiotici nelle primi giorni di vita di vitelli, agnelli e capretti. Le mastiti cliniche prevedono in allevamento l’uso intenso ed inevitabile degli antibiotici. C’è ancora molto da fare nel campo dell’igiene e della selezione genetica per avere animali naturalmente più resistenti alle mastiti, ma anche nella conoscenza della nutrizione clinica.

Fig. 1 Lattoferrina

La lattoferrina fa parte dei sistemi difensivi della mammella ed è un prezioso supporto per aiutare il vitello nei primi giorni di vita a mantenere un’adeguata salute intestinale avendo l’importante caratteristica di sopravvivere indenne al processo digestivo. La pastorizzazione, purtroppo, riduce a meno della metà la quantità di lattoferrina presente nel latte. Questo aspetto è importante perché la lattoferrina bovina ha il 77% di omologia strutturale con quella umana. Il latte contiene molecole immuno-protettive e fattori di crescita. Più che nella bovina da latte, è nell’uomo che è stato notato che le carenze energetiche e proteiche sono in grado d’influenzare negativamente la sintesi di lattoferrina a livello di ghiandola mammaria. Essa è molto concentrata nel colostro (0.83 mg/ml) mentre scende a 0.09 mg/ml tre settimane dopo il parto (fig. 2).

La lattoferrina agisce in vari modi. Quello più noto, e dal quale deriva il suo nome, è quello di sequestrare il ferro. Questa molecola è una apoproteina priva di ferro in grado di legare reversibilmente due ioni ferrici rendendoli pertanto indisponibili ai microrganismi che ne hanno necessità per il loro metabolismo. Normalmente la lattoferrina è insatura di ferro avendone meno del 10%. Molti patogeni hanno bisogno di ferro per il loro metabolismo e quindi per colonizzare l’organismo che invadono. Di conseguenza, rendere indisponibile il ferro come fanno la lattoferrina e la transferrina è un efficace arma posseduta dal sistema immunitario innato.

L’effetto antimicrobico della lattoferrina si esercita anche “destabilizzando” la membrana cellulare dei microrganismi sia gram-negativi che gram-positivi. Nei gram-negativi questa molecole si lega alle porine presenti sulla membrana batterica causando il rilascio di lipopolisaccardi (LPS) e aumentando la fragilità batterica. Nel caso dei gram-positivi e dei funghi agisce invece sui cationi extracellulari delle membrane. Un altro importante meccanismo d’azione antibatterico della lattoferrina consiste nel legarsi ai recettori glicosaminoglicani (GAG) delle cellule utilizzati dai batteri patogeni, realizzando un’inibizione competitiva. Di fondamentale importanza è l’azione antibatterica indiretta esercitata dalla lattoferrina sui biofilm batterici. L’attività legante il ferro di questa molecola porta i batteri a muoversi alla ricerca di questo elemento alterando profondamente la struttura dei biofilm. I biofilm sono responsabili della cronicizzazione, delle recidive e dei fallimenti terapeutici di molte infezioni. La lattoferrina è in grado anche di ridurre la produzione di quelle molecole ossigeno reattive che richiedono per la loro sintesi il ferro e può quindi prevenire lo stress ossidativo. Interessante poi è l’effetto diretto sulla crescita e la differenziazione degli enterociti, anche se è stato principalmente dimostrato in vitro.

La lattoferrina favorisce la crescita di batteri che hanno bassi fabbisogni di ferro, come i lattobacilli e il bifidobatterio. I processi infiammatori nelle mammelle aumentano il contenuto di lattoferrina nel latte. Durante l’infiammazione le cellule epiteliali delle ghiandole mammarie vengono stimolate e la produzione di lattoferrina viene intensificata. Inoltre, questa glicoproteina viene rilasciata da granuli secondari di leucociti polimorfonucleati neutrofili (LASH et al., 1983; KUTILA et al., 2004). La lattoferrina aumenta la produttività delle citochine e delle chemiochine infiammatorie, e l’infiltrazione dei leucociti (KOMINE et al., 2005). Molte ricerche indicano che i principali patogeni della mastite (Escherichia coli, Staphylococcus aureus, Streptococcus agalactiae, Streptococcus uberis) portano ad un aumento più significativo delle concentrazioni di lattoferrina nel latte di quarto bovino rispetto ai patogeni della mastite meno significativi per prevalenza, come il Corynebacterium spp. e gli stafilococchi coagulasi negativi.

Conclusioni

La lattoferrina può essere inserita nella lista delle molecole “naturali” che possono aiutare la salute degli animali senza alcun rischio per quella umana. Tuttavia, la sua efficacia “farmacologica” nel migliorare la salute intestinale dei giovani ruminanti e ridurre la prevalenza delle enteriti neonatali e delle mastiti non è stata ancora completamente dimostrata.