Non sempre la realtà, ossia ciò che avviene realmente, viene raccontata o rappresentata esattamente. L’arte, ad esempio, filtra attraverso i sensi dell’artista quello che della realtà egli percepisce. Quando vediamo i colori non sappiamo se sono quelli reali o ciò che il nostro occhio percepisce. Di converso c’è anche chi del distorcere la rappresentazione della realtà ne fa un mestiere, e spesso lo fa talmente bene da indurre in inganno “cronico” chi per scelta o per mancanza di una struttura culturale tende ad attaccarsi ad una delle tante possibili rappresentazione del reale.

Chi si occupa di scienza o di tecnica per interpretare correttamente la realtà usa il metodo scientifico e i dati, cercando di non farsi contaminare dai pregiudizi, anche detti bias cognitivi. L’occidente, satollo, impaurito di perdere i diritti acquisiti e terrorizzato dal futuro, sta perdendo fiducia nella democrazia rappresentativa e sta lentamente rivolgendosi verso le certezze del passato, dove re e tiranni governavano le comunità dell’uomo e li sollevavano dall’onere di pensare con la propria testa e avere idee proprie. Nella natura umana la voglia di un capo branco c’è e c’è sempre stata, e il sogno di taluni di diventarlo non si è mai sopito nonostante le devastanti e negative esperienze della storia.

All’uomo occidentale si sa piace essere individuo, ossia essere originale nel pensiero e nel modo di rappresentarsi e questo, insieme allo studio della storia, è il più potente antidoto per il ritorno alla struttura arcaica dell’organizzazione tribale dove tutto ciò che non era il proprio clan era un nemico da deridere e da battere. A conferma di ciò basta vedere quanti tipi diversi di automobili ci sono in circolazione e quanto modi diversi di vestirsi e di mangiare. Appartiene alla natura umana poi il credere che le proprie scelte siano le migliori, e che sia importante convincere gli altri di tutto questo. Quando però vige l’incertezza economica, e più in generale sul futuro, l’istinto e le pulsioni umane cercano l’ancestrale capo branco al quale delegare a qualsiasi prezzo ogni tipo di scelta.

Avere una massa a cui somministrare certezze sostituendo la realtà con una rappresentazione fa gola alle oligarchie e agli aspiranti dittatori. Tenere un popolo nella paura è la più antica tecnica di governo, ed alimentarla è il metodo per farlo. Per comprendere bene questo fenomeno con lo scopo di esorcizzarlo basta leggere i titoli di alcuni quotidiani, seguire i notiziari televisivi e poi ascoltare la gente per strada quando commenta fatti politici, scientifici e di costume. Una quota tendenzialmente in crescita di giornalisti e di politici, per scelta o per necessità, rinnega la sua mission e suoi valori per cercare di “acchiappare” più lettori, ascoltatori o elettori possibili nelle competizioni elettorali, e per fare questo deve distorcere i titoli e i contenuti degli articoli e ciò che afferma nei discorsi. Il fenomeno dei titoli clickbait, ossia del titolo urlato che magari non c’entra nulla con il contenuto dell’articolo ma che serve allo scopo prima descritto, è in crescita. Quindi, sempre di meno si parla del reale e sempre più la distorsione della realtà sembrerebbe sia la strada maestra del successo.

La cultura scientifica e umanistica, che non necessariamente coincide con l’essere laureati (anche se questo di certo aiuta), che negli anni si è stratificata nelle collettività umane e negli individui dando voglia di libertà e di indipendenza culturale, mal si assoggetta alla propaganda e all’indottrinamento e al contempo conferisce gli anticorpi per i messaggi catastrofistici che servono a creare la “voglia di dittatura”.

Ci si stupisce che la natalità sia in picchiata e che ciò avvenga maggiormente nei paesi ricchi e non in quelli poveri dotati spesso di radici culturali antiche e legate alla terra. Noi che ci occupiamo di animali sappiamo bene quanto sia complessa per un mammifero la decisione di riprodursi, soprattutto in animali allevati per produrre cibo. Il sovraffollamento unito allo stress è il più grande ostacolo riproduttivo conosciuto. La gente quotidianamente bombardata da notizie catastrofistiche o reagisce rifugiandosi in bolle come quella dei negazionisti-complottisti-revisionisti oppure “lasciando andare”, perdendo fiducia nel futuro, non votando più e non generando prole. Fa sorridere ascoltare i politici che per cercare soluzioni alla bassa natalità vorrebbero ricorrere gli incentivi economici oppure cercare il rilancio dei consumi interni o gli investimenti da parte degli imprenditori, concedendo “ristori” economici a pioggia e contestualmente seminando paura e inventando nemici.

E’ vero che il business è business ma dove è finita la deontologia professionale dei giornalisti? Credere fideisticamente al diritto alla verità, raccontare i fatti per quelli che sono, controllare con rigore una notizia, dare voce alla gente che non ce l’ha e seguire i politici è il mestiere di un giornalista, o almeno di quelli che deontologicamente lo fanno. Per far crescere la cultura dei lettori sarebbe utile l’intermediazione delle informazioni per individuare con professionalità e senza altra motivazione le notizie false, ossia la rappresentazione della realtà lontana dal reale. Accanto ai giornalisti duri e puri esistono anche quelli prezzolati che si sentono autorizzati a farlo perché comunque iscritti ad un ordine professionale. Una democrazia non può e non deve nemmeno immaginare di limitare la libertà di stampa ma deve mettere i cittadini in grado di riconoscere e isolare i giornalisti ideologici (nel senso negativo del termine) e prezzolati.

Lo abbiamo visto nell’era del Covid 19 i danni che hanno fatto i media interessati più al business che alla verità, e lo vediamo ora da come stanno gestendo le informazioni sul clima, con un continuo allarme dietro l’altro. Di converso, però, la cultura popolare ci ha trasmesso la fiaba di Esopo “al lupo al lupo” che ci ha insegnato che il continuo lanciare allarmi alla fine può avere l’effetto contrario.

Però è forse giunto il momento di fare alcuni esempi. Il primo, e forse il più calzante, è quello del surriscaldamento del pianeta e delle sue cause. Questa realtà è ben rappresentata dai dati che dimostrano che le temperature minime, medie e massime si stanno rapidamente innalzando, e che la frequenza dei fenomeni estremi sta aumentano a ritmi esponenziali. La comunità scientifica e buona parte, non tutte, delle persone ne è consapevole. Nella tabella sottostante proveniente dal report di SNPA “Il clima in Italia nel 2022” si evidenzia oggettivamente che dal 1961 la temperatura media si sta inesorabilmente innalzando.

Nello stesso report vengono anche riportate le frequenze dei fenomeni anomali termici e delle precipitazioni. Di fronte a questa rappresentazione della realtà che sta modificando la quotidianità della nostra vita e sta condizionando l’economia del pianeta, la domanda che i governi e la comunità scientifica si sono posti è se ciò sia dovuto ad un normale avvicendamento delle ere geologiche oppure all’anomala produzione di gas climalteranti prodotti dalle attività umane. Teniamo presente che questo andamento climatico sta investendo tutto il mondo. La comunità scientifica analizzando questi dati attraverso il metodo scientifico è ormai da molti anni che ci sta avvertendo che bisogna rallentare la produzione di gas climalteranti e mettere in atto delle misure straordinarie ma tempestive di sequestro del carbonio.

Fino ad ora quello che andava fatto non è stato fatto, ma si è preferito adottare un atteggiamento di caccia alle streghe creando il capro espiatorio di turno che sia chiama allevamento. I dati, ossia la realtà correttamente rappresentata, dimostrano che l’agricoltura è responsabile del 9 % della produzione dei gas ad effetto serra e gli allevamenti del 6,48 %, senza dimenticare che la terra che si coltiva per produrre cibo per gli animali ha un notevole potere decarbonizzante.

Di fronte a questo dato di ISPRA del 2022 il giornalista e il politico onesto, e le persone che pensano con la propria testa, si chiedono subito: ma il restante 91% dei gas climalteranti chi li produce? Non sarebbe più saggio sparare a zero su questo 91% piuttosto che solo contro il 6.48% degli allevamenti intensivi? La parabola di Gesù contenuta nel “discorso della montagna” che volente o nolenti ascoltiamo fin da piccoli come se fosse un mantra non recita forse: perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? La comunità scientifica non può ovviamente negare che la storia della terra è fatta di glaciazioni e disgeli, ma il periodo in cui ciò è avvenuto è nell’ordine di migliaia, se non milioni, di anni.

L’attuale era geologica si chiama Olocene ed è iniziata 11.700 anni fa. In molti però chiedono di decretarne la fine e datare l’avvento dell’antropocene negli anni ’50, ossia quando l’uomo ha iniziato ad utilizzare massicciamente i combustibili fossili per produrre energia, consumare il suolo a ritmi esponenziali e devastare le foreste. Accanto a questo una percentuale apparentemente in crescita della popolazione, e quindi di elettori e spettatori dei media, è convinta che il cambiamento climatico non esista oppure che le cause non siano dovute alle attività umane. La carenza di politici autorevoli (non autoritari) e giornalisti di spessore sta causando la reazione del non fare nulla di concreto per ridurre le emissioni di gas serra per non urtare la sensibilità di potenziali elettori. Ne è testimonianza l’utilizzo di combustibili fossili che è sempre stabile se non addirittura in incremento. Ovvio è che se non si attribuisce alle attività umane la principale responsabilità del surriscaldamento del pianeta, e quindi dei fenomeni estremi, la lotta agli incendi, al consumo del suolo, alla deforestazione e alla riduzione dell’uso dei combustibili fossili non sarà fatta con la dovuta rapidità ed efficacia, nonostante l’industria si stia muovendo perché incentivata da percentuali importanti di consumatori. La sensibilità ai cambiamenti climatici è molto forte in Europa come è stato riportato dal recente sondaggio di Eurobarometro a cui Ruminantia ha dedicato un articolo intitolato Eurobarometro: la maggioranza degli Europei considera i cambiamenti climatici un grave problema globale”. Ad aggravare questa situazione molto rischiosa per il futuro della terra, e quindi dell’umanità, il poco professionale uso continuato della tecnica del “al lupo al lupo” che rende diffidente la gente e agevola il lavoro di chi è avvantaggiato dalla diffusione della paura, ossia gli sciacalli di turno.

E allora cosa è possibile fare? La risposta è ovviamente molto complessa ma forse una semplificazione è possibile. Propedeutico al tutto è ancorarsi con i denti e con le unghie ad una rappresentazione della realtà resa oggettiva dai dati e dalle evidenze scientifiche, epurata da pregiudizi anche se ciò non soddisfa il proprio ego e i propri personali interessi. Contestualmente a ciò è fondamentale accrescere la propria la propria cultura generale leggendo e dialogando anche con chi non è da convincere ma da ascoltare. Ultimo, ma non per importanza, è il senso di responsabilità verso le nuove generazioni e il rispetto per la vita come Albert Schweitzer ci ha insegnato, e soprattutto il non voltarsi mai dall’altra parte e tenere la schiena sempre dritta.