I minerali hanno un ruolo fondamentale per la salute e le performance degli organismi viventi. In particolare, i nutrizionisti sono “costretti” ad aggiungerli nelle diete degli “atleti metabolici” che sono gli animali da reddito perché quelli apportati dagli alimenti non sono in genere sufficienti a meno che non si pratichino indirizzi produttivi particolari.

Recentemente, Jesse P. Goff della Iowa State University, in un “Invited review” pubblicata sul Journal of Dairy Science (101:2763-2813), e W. P. Weiss della Ohio State University, in un intervento al Mid-South Ruminant Nutrition Conference del 2017 (pag. 15-23), hanno fatto ottime puntualizzazioni sulla nutrizione minerale; anche perché i fabbisogni di questa classe di nutrienti sono stati pubblicati nell’ormai lontano 2001 sul Nutrient Requirements of Dairy Cattle del National Resesarch Council (NRC 2001). Questo testo è considerato il punto di riferimento dei nutrizionisti che si occupano di bovine da latte ma 17 anni sono davvero molti se si considera l’evoluzione genetica di questi animali, la depauperazione minerale di alcuni terreni agricoli, l’eccessivo carico di liquami di altri e le nuove cultivar oggi utilizzate per produrre gli alimenti zootecnici.

Lo “stratagemma” molto empirico che si utilizza per calcolare i fabbisogni di oligoelementi per ogni fase del ciclo produttivo delle bovine è moltiplicare per 1.5 quanto consigliato da NRC 2001. Per i macrominerali, ossia il calcio, il fosforo, il magnesio, il sodio, il cloro, lo zolfo ed il potassio, si parte sempre dalla base NRC 2001, si cerca di mantenere la proporzione tra di essi, specialmente nel caso di calcio e fosforo, e si aumentano in funzione di alcuni articoli scientifici e dell’esperienza del professionista. Questa pratica è tuttavia densa di rischi in quanto gli eccessi di alcuni macrominerali possono, in determinate fasi del ciclo produttivo della bovina da latte ma anche delle altre specie, avere effetti collaterali molto pericolosi durante l’asciutta, ed in particolar modo durante la preparazione al parto.

Per alcuni minerali come il potassio è evidente  l’ “invecchiamentodel fabbisogno. NRC 2001 raccomanda in asciutta una concentrazione nelle razioni dello 0.51-0.62% (s.s.) che non è in nessun modo rispettabile vista la ben più elevata concentrazione di questo catione negli alimenti abitualmente utilizzati nella bovina da latte.  Sempre in asciutta, anche non aggiungendo alcuna integrazione minerale, è praticamente impossibile avere nelle diete una concentrazione di calcio dello 0.44% e di fosforo dello 0.22%, ma è invece importante che sia rispettato il rapporto 2:1 di questi due elementi per non causare alterazioni dell’omeostasi del calcio. Il magnesio poi è sotto osservazione anche dai nutrizionisti dell’uomo, in quanto sembrerebbe che la sua presenza negli alimenti stia progressivamente diminuendo a causa dell’agricoltura intensiva e del fatto che non è quasi mai presente nei concimi. L’ipomagnesemia nell’uomo ha conseguenze piuttosto gravi, come una sintomatologia muscolare (crampi e tremori), disturbi nervosi, ipertensione, insulino-resistenza e addirittura aumento del rischio di cancro. Il magnesio è cofattore di circa 300 funzioni metaboliche e anche nella bovina da latte ha un ruolo importante soprattutto nel metabolismo del calcio. Empiricamente viene quasi raddoppiato nelle diete delle bovine nella prima metà della lattazione in considerazione del fatto che non esiste una patologia legata all’eccesso di magnesio in quanto o non viene assorbito o viene eliminato con le urine.

I minerali vengono assorbiti dalle cellule presenti nel tratto gastro-intestinale e tramite il sangue arrivano a tutti i tessuti dell’organismo. I minerali, una volta nel sangue, ne condizionano l’equilibrio acido-base e quindi incidono sul mantenimento del pH ad un livello ottimale per lo svolgersi delle funzioni metaboliche. Un metodo utilizzato dai nutrizionisti è quello di garantire un’adeguata concentrazione dei singoli macrominerali ma osservando e regolando contemporaneamente il bilanciamento degli anioni, macroelementi con carica negativa come il cloro e lo zolfo, e dei cationi, ossia quelli con elettrica positiva come il sodio e il potassio. Questo sia nelle diete di fine gravidanza che in lattazione. In lattazione si ritiene ideale un bilanciamento ionico (DCAD) di + 35 + 40 meq/100 gr s.s. mentre, nelle ultime tre settimane di gravidanza, si consiglia una razione con DCAD negativo (- 10 – 15 meq/100 gr s.s.) anche se tecnicamente molto difficile da realizzare perché le fonti di cloro e zolfo da utilizzare nelle grandi quantità necessarie sono quasi sempre totalmente inappetibili.

Appare pertanto evidente che la complessità della nutrizione macrominerale dei ruminanti, sia da latte che da carne, è resa ancora più complessa dal fatto che carenze o eccessi possono avere ripercussioni molto negative sulla salute e le performance degli animali. Oltre alla poca chiarezza sui fabbisogni effettivi di molti macrominerali, esiste una grande variabilità nella composizione minerale degli alimenti destinati agli animali, ed in particolar modo dei foraggi. Questa variabilità dipende dalla specie botanica, dalla cultivar e dalla composizione minerale dei terreni. Quest’ultimo aspetto ha un condizionamento geologico ma è anche legato alla gestione dello smaltimento dei liquidi e alla concimazione chimica. Ci sono aziende agricole con allevamento, specialmente se di grandi dimensioni, che hanno terreni spesso diversi per composizione, altimetria e irrigabilità, che magari ospitano quantità variabili di deiezioni e dove le medesime essenze foraggere hanno una anche molto diversa composizione minerale.

Alla luce di quanto qui esposto appare evidente che prima di approntare una razione alimentare per vacche e bufale da latte, pecore, capre e bovini da carne è necessario analizzare almeno i foraggi per la concentrazione dei macrominerali. Oggi, le tecnologie NIRS e XRF permettono di farlo velocemente ed a costi contenuti. L’analisi dei foraggi ne permette anche lo stoccaggio differenziato, soprattutto per quello destinato ai ruminanti da latte nelle ultime otto settimane di gravidanza. Di fondamentale importanza è anche praticare screening periodici del sangue degli animali in varie fasi del ciclo produttivo per dosare esattamente i macrominerali ed evidenziare così eventuali eccessi, carenze o alterati rapporti tra loro. Questi due “passaggi” sono propedeutici poi alla decisione di quanti e quali minerali integrare nella razione. Le performance produttive ormai raggiunte dalle specie da latte e da carne e l’aumenta difficoltà di mantenere uno buono stato di salute e, per gli animali da latte, la fertilità rendono difficile pensare che possano esistere mangimi minerali standard che vadano bene per ogni area del nostro paese.