Le bovine da latte di alto potenziale genetico (HMG) durante la fine della gravidanza e nelle prime settimane di lattazione, oltre a trovarsi in uno stato di bilancio energetico negativo (Negative Energy Balance o NEBAL), sono anche spesso in bilancio proteico negativo (Negative Protein Balance o NPB). Nei ruminanti non esiste un confine netto tra i due status metabolici perché le specie e le razze da latte, soprattutto le bovine, ricorrono ad alcuni amminoacidi per produrre energia. Il NEBAL e il NPB hanno gravi ripercussioni sulla produzione di latte, la fertilità e la salute, aumentando la prevalenza di patologie metaboliche legate direttamente o indirettamente ad un’eccessiva produzione epatica di corpi chetonici e privando il sistema immunitario delle necessarie risorse nutritive.

Sull’eziologia del NEBAL, e i metodi per misurarlo e prevenirlo, sono stati effettuati molti studi e la valutazione del BCS, dei corpi chetonici e di biomarker specifici del latte sono entrati nelle routine degli allevamenti.

Poco studiato dalla comunità scientifica e poco verificato in allevamento è invece il NPB. E’ noto che a fine gravidanza le bovine non riescono a soddisfare i loro fabbisogni nutritivi per il fatto che il feto cresce a ritmi esponenziali, e con esso anche i suoi fabbisogni, mentre le bovine per motivi ormonali e di spazio occupato dall’utero gravido in addome riducono la loro capacità d’ingestione. In lattazione, la mammella ha la priorità metabolica mentre in gravidanza questa si sposta all’utero, quindi in caso di bilancio nutritizionale negativo le bovine ricorreranno, in entrambi i casi, alle loro riserve corporee. Già nelle prima fase di transizione, ossia tre settimane prima del parto, le bovine in NEBAL e/o NPB inizieranno a mobilizzare le riserve di glicogeno epatico, di grasso corporeo e amminoacidi, stoccati nel tessuto muscolare come proteine labili, liberando, rispettivamente, glucosio, acidi grassi e amminoacidi da utilizzare nel ciclo di Krebs per produrre energia, ossia ATP. La liberazione di aminoacidi è stimolata anch’essa dall’insulina e serve anche al feto per completare il suo sviluppo corporeo.

Le proteine labili sono una forma di stoccaggio degli amminoacidi al quale l’organismo può attingere in caso di necessità. Esse rappresentano circa il 20% dell’azoto presente in un organismo vivente. La bovina può ricorrere alle proteine labili già da tre settimane prima del parto e fino a 3 settimane dopo. Generalmente, alla quarta settimana di lattazione cessa di attingere a queste scorte.

In condizioni normali la bovina utilizza, per produrre energia, la sintesi ex novo di glucosio, soprattutto ricorrendo ai propionati (75%) ma anche agli aminoacidi gluconeogenetici. Questi ultimi possono rappresentare dal 10% al 30% dei substrati scelti dal fegato per sintetizzare il glucosio. Occorrono circa 100 gr di questi amminoacidi per produrre 58 gr di glucosio. Tra gli aminoacidi gluconeogenetici utilizzabili dalla bovina (13 di cui 4 essenziali) quelli più importanti sono l’alanina e la glutammina. Di quest’ultima e dell’arginina le cellule del sistema immunitario hanno un importante fabbisogno. Si stima che durante la fase di transizione le bovine possono perdere fino a 17 kg di proteine labili. L’alanina può rappresentare dal 3.1% al 5.5% di tutti gli amminoacidi utilizzati per produrre glucosio nella fase di transizione.

La ridotta ingestione che caratterizza la fase finale della gravidanza e del puerperio (0-20 giorni dopo il parto) comporta un minore afflusso di proteina metabolizzabile (MP) all’intestino tenue. In alcuni esperimenti fatti nel 1993 è stato fatto un confronto tra diete che apportano 1100 gr di MP nei primi 29 giorni di lattazione e diete che ne apportano 1300 gr. Le bovine alimentate per avere una maggiore disponibilità di MP producono più latte e proteina, e hanno avuto una minore incidenza di chetosi. In esperimenti condotti successivamente sono stati ottenuti vantaggi sanitari e produttivi da diete più proteiche, ma soprattutto dalla frazione non rumino-degradabile (RUP). Diete del preparto con una concentrazione proteica del 15% hanno stimolato una maggiore ingestione di sostanza secca.

Poche sono le possibilità di diagnosticare oggettivamente il NPB. La prima è quella di effettuare screening periodici in allevamento per verificare se esiste una differenza nello spessore del muscolo longissimus dorsii, a livello della quarta vertebra lombare, nelle bovine primipare, secondipare e pluripare, dal giorno 260 ± 5 di gravidanza rispetto alla quarta settimana dopo il parto. In pratica, si tratta di misurare ecograficamente lo spessore di questo muscolo all’inizio e alla fine del periodo di transizione per verificare se esiste una differenza. Ad oggi non esistono valori di riferimento se non quanto riportato nella figura sottostante da Van der Drift (2012)

 

Rilevazione ecografica dello spessore del muscolo longissimus dorsii nella bovina da latte

 

Esiste anche la possibilità di determinare in laboratorio la quantità di un metabolita che deriva dal catabolismo muscolare che si chiama 3-metilistina. La concentrazione plasmatica di questa molecola s’innalza nel periparto e riamane elevata nel primo mese di lattazione. Allo stato attuale, la sua misurazione ha una certa complessità e non esistono valori di riferimento per gli animali d’allevamento. Di potenziale interesse potrebbe essere dosare la creatinina e l’urea, anche se quest’ultimo biomarker ha poca specificità in quanto potrebbe derivare da azoto ammoniacale non derivante dal catabolismo degli amminoacidi ma dalle fermentazioni ruminali.

Conclusioni

La nutrizione proteica è un aspetto dell’alimentazione da gestire con molta prudenza, specialmente durante la fase centrale dell’asciutta e la transizione. Le preziose scorte di proteine labili si costruiscono in asciutta, a patto che dal rumine giunga all’intestino tenue un corretto apporto di proteina metabolizzabile, e con un buon bilanciamento amminoacidico. Le carenze di amminoacidi, sia essenziali che non, possono avere ripercussioni molto negative sulla salute, e quindi sulle performance produttive e riproduttive, non solo delle bovine ma anche delle altre specie selezionate per produrre latte, come le pecore, le capre e le bufale.