Una precoce ripresa della gravidanza dopo il parto è una condizione ideale per avere in allevamento dei giorni di lattazione (DIM) più bassi possibili in modo da “mungere” il più alto numero di bovine vicino al picco di lattazione. Più bassi saranno i DIM di un allevamento, maggiore sarà la percentuale di “potenziale genetico per i kg di latte” che l’allevamento potrà mungere e quindi la produzione pro-capite. Questo ricercatissimo obiettivo è condiviso in ogni pare del mondo dove si allevano vacche, ad eccezione di dove è possibile utilizzare il rBST o somatotropina ricombinante. Quest’ormone, se somministrato alle bovine dopo il picco di lattazione, consente di guadagnare persistenza, poiché si oppone al normale declino produttivo che si osserva dopo una nuova gravidanza. La somministrazione dell’ormone è vietata in Europa e in buona parte del mondo, ad eccezione degli USA.

Avere un intervallo tra il parto ed il concepimento (days open) inferiore ai 130 giorni, così da avere un interparto inferiore a 410 giorni, è ritenuto essere un buon obiettivo. In un passato ormai remoto si riteneva ideale un interparto medio di stalla di 365 giorni e quindi un intervallo parto-concepimento inferiore ai 90 giorni. Le bovine da latte “contemporanee” hanno un bilancio energetico (NEBAL, Negative Energy Balance) ed un bilancio proteico (Negative Protein Balance, NPB) negativi nelle prime settimane di lattazione molto più intenso ed esteso che in passato nonostante sia migliorata la qualità degli alimenti e le conoscenze sulla nutrizione. Si è molto diffusa nel mondo la pratica della TAI, ossia della fecondazione senza la rilevazione di calori indotti da sequenze ormonali (GnRH e PGF). Questi trattamenti ormonali hanno l’indubbio vantaggio di ridurre sensibilmente l’intervallo tra il parto e il concepimento, ma dovranno a breve fare i conti con un’opinione pubblica che genericamente non vede di buon occhio l’uso degli ormoni e con molti fisiologi e genetisti i quali stanno mostrando perplessità sull’espressione di fenotipi riproduttivi “falsati” e quindi fuorvianti per la selezione genetica per una maggiore fertilità in bovine selezionate nate da TAI.

In questo contesto, quindi, è ottimale avere una rapida ripresa della gravidanza dopo il parto tenendo però conto che “esagerare” nella riduzione del periodo volontario d’attesa comporta un alto numero di inseminazioni, il rischio di aumento della prevalenza di endometriti, specialmente sub-cliniche, e un eccessivo accorciamento della lattazione che provoca, in particolar modo nelle primipare, elevate produzioni alla messa in asciutta anche se quest’ultima viene ridotta a 45 giorni. Una nuova gravidanza che inizia in concomitanza con il picco di lattazione ne provoca l’inevitabile riduzione e genera quindi un danno economico grave, se si pensa che un chilogrammo di latte in più al picco corrisponde all’incirca a 250 kg di latte in tutta la lattazione. Considerate queste premesse, è inevitabile che sia opportuno razionalizzare profondamente la diagnosi di gravidanza. Più essa è tempestiva, più facile sarà intervenire per raggiungere l’obiettivo di un intervallo parto-concepimento medio inferiore a 130 giorni.

Il metodo considerato “gold standard” per eseguire una diagnosi di gravidanza è quello ecografico. Ginecologi buiatri di comprovata esperienza riescono a fare una prima diagnosi di gravidanza a 28 giorni. Utilizzando la palpazione trans-rettale dell’utero si raggiunge una sufficiente sensibilità e specificità dai 35 giorni in poi. E’ condiviso da buona parte della comunità scientifica e dai buiatri che un percentuale di bovine rimanga gravida se fecondata dopo il “nadir” del NEBAL e del NPB, ossia non troppo presto. Molti degli embrioni muoiono precocemente e, per tantissime ragioni, la comunità scientifica esercita una cospicua attività di ricerca non tanto per poter anticipare la diagnosi di gravidanza al di sotto dei 28 giorni dopo la fecondazione, almeno nelle bovine che non hanno ripreso un ciclo estrale, ma per poter disporre di efficaci biomarker per la diagnosi di non gravidanza.

La riconferma della diagnosi di gravidanza viene effettuata ad oltre 60 giorni dalla fecondazione nelle bovine diagnosticate positive con il metodo ecografico e con la palpazione trans-rettale. Molte ricerche hanno dimostrato che fino a 60 giorni dalla fecondazione si perdono dal 2 al 4% di gravidanze: per questo motivo molti professionisti consigliano un’ulteriore verifica di gravidanza dopo i 120 giorni dalla fecondazione. Un biomarker oggetto di ricerca e disponibile per un uso “di campo” è la determinazione del progesterone sia dal latte che dal sangue. Come chiaramente evidenziato nella Figura 1, già al 15° giorno dopo l’inseminazione la concentrazione di progesterone (P4), in questo caso nel latte, è significativamente più bassa nelle vacche sicuramente non gravide rispetto a quelle che lo potrebbero essere. L’analisi quantitativa del P4, sia dal sangue che dal latte, effettuata in laboratorio o in allevamento tramite kit diagnostici o con sistemi in-line e real- time come l’Herd Navigator (DeLaval) consente una diagnosi di non gravidanza tra 21 e 24 giorni con elevata sensibilità e specificità.

 

Figura 1 – Concentrazione di progesterone nel latte (ng/ml) in funzione dei giorni rispetto al momento d’inseminazione.

 

Molto interessanti per la diagnosi di non-gravidanza sono i dosaggi sia nel sangue che nel latte delle glicoproteine associate alla gravidanza (PAGs). Questa grande famiglia di glicoproteine appartiene alla sotto-classe delle proteasi aspartiche che, senza farsi ingannare dal nome, hanno perso la capacità enzimatica. Il primo gruppo scoperto di queste glicoproteine sono le Pregnancy-Specific Proteins B (PSPB). Le PAGs vengono prodotte nelle cellule binucleate del trofoblasto della placenta. Il trofoblasto è un tessuto cellulare che serve a nutrire l’embrione e che dà origine alla placenta. Le prime cellule binucleate cominciano ad apparire all’inizio dell’impianto e possono essere individuate nel bovino a partire dal 16° giorno dopo la fecondazione; esse costituiscono il 15-20% del totale delle cellule del trofoderma. Una su sette di queste cellule migra in direzione dell’epitelio uterino e si fonde con le sue cellule endoteliali. Quando l’embrione si attacca all’epitelio uterino della madre queste glicoproteine vengono rilasciate per esocitosi ed entrano nel sangue della madre. I PAGs sono presenti nella circolazione periferica dal primo mese di gravidanza fino al parto. Sono rilevabili nel sangue delle bovine gravide già il 19°-22° giorno di gravidanza e possono raggiungere una concentrazione di 3-6 ng/ml al 33°-37° giorno. Alla 35° settimana, tale concentrazione può essere di 159 ng/ml per crescere a 2462 ± 1081 ng/ml nei giorni che precedono il parto. Dopo il parto, le glicoproteine associate alla gravidanza decrescono di concentrazione fino alla soglia di non rilevabilità (<0.2 ng/ml) a 80-100 giorni di lattazione. Per questo motivo sia PAGs che PSPB possono essere reclutate per la diagnosi di non gravidanza e per studiare la mortalità embrionale precoce e tardiva solo dopo i 70 giorni dopo il parto. Per interpretare i referti analitici si deve considerare che la concentrazione nel latte di PAGs è dalle 10 alle 50 volte più bassa rispetto a quella del sangue. Le PAGs sono molto importanti nella fisiologia della riproduzione perché sono in grado di legare e sequestrare peptidi suscettibili ad essere riconosciuti dal Complesso Maggiore di istocompatibilità (MHC) e quindi di esercitare un ruolo di immunomodulazione a livello d’interfaccia materno-fetale, riducendo l’attività dei neutrofili. Al 28° giorno l’ analisi quantitativa della PSBP ha una sensibilità del 98% e una specificità del 97%. Un basso valore di PSPB al 24° giorno è predittivo di una perdita di gravidanza verificabile al 60° giorno dopo la fecondazione.

Nelle bovine da latte, un alto livello di PAGs al 31° giorno di gravidanza è predittivo di  una minore mortalità embrionale nel periodo 30-60 giorni di gravidanza, durante il quale si perde normalmente il 12% delle gravidanze. Le PAGs possono essere quantificate utilizzando la tecnica RIA (Radio Immuno Assay) o il metodo ELISA. Il metodo radioimmunologico (RIA) sia per le PAGs che per le PSPB ha una sensibilità del 95-100% nell’identificare le bovine gravide dopo 30 giorni dalla fecondazione. Il metodo ELISA ha una sensibilità del 94-100% e una specificità del 66,7-95,5% dal 27° al 38° giorno dopo l’inseminazione. Nel Regno Unito esiste un brevetto (n. 1520248.4) legato allo sviluppo di un test basato sulla diagnostica del glicano, in cui si utilizza la frazione di IgG nel latte. Questa tecnologia è in grado di rilevare lo stato di gravidanza già dal 16° giorno.