Il futuro del nostro paese è dipinto a tinte fosche dalla maggior parte degli analisti dell’economia e del welfare. La percezione generale è quella di non avere una classe politica adeguata a traghettare l’Italia, dopo la grave crisi economica occidentale del 2008, verso lidi più sicuri. Il calo dei consumi interni, il fallimento di molte imprese e la grave disoccupazione, specialmente giovanile, sono per lo più causati da una burocrazia non più sostenibile, un livello esagerato di tassazione e una generale sfiducia dell’impresa ad “imprendere”.

Si dice tuttavia che l’agricoltura stia “reggendo”, sia in termini occupazionali che nella più complessa dinamica dell’export. Analizzando gli ultimi  rapporti ISMEA e INEA sembrerebbe che sia proprio così. In particolare nei settori di competenza di Ruminantia, come il lattiero-caseario e le carni bovine e ovine, di dati economici con il segno + ce ne sono diversi. Nei primi 8 mesi del 2014 l’export verso l’estero di formaggi e latticini è aumentato del 6.4% in valore e del 4.2% come volumi, nonostante la battuta d’arresto dovuta dall’embargo verso la Russia per la crisi Ucraina. La Francia si conferma il primo mercato di destinazione del Made in Italy lattiero-caseario con un aumento del 6.6% in valore e del 5.4% in volume. A seguire la Germania ( + 5.3% in valore e +5.8% in volume) e gli Stati Uniti ( + 2.0% in valore ma – 3.3% in volume). A trainare l’export sono stati i formaggi freschi ( +9.2%in valore e + 4.0% in volume), il Gorgonzola ( + 8.4% in valore e + 2.7% in volume) e il Pecorino  ( + 12.1% in valore nonostante un – 4.0% come volume). Per il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano i volumi esportati sono cresciuti del 9.2% ma con una flessione dei prezzi del – 5.5%. Questi dati confortanti hanno delle ragioni ben precise e sicuramente non dovute ad un piano nazionale di valorizzazione dell’agricoltura, né tantomeno al supporto dello stato nella promozione ed incentivazione ad esportare. La prima ragione risiede nelle molteplici iniziative, per lo più private, a difesa delle DOP, IGP e STG. Al 20 Dicembre 2014 l’Italia vanta ben 269 prodotti così classificabili pari a circa il 21% di tutta la EU. Di questo “paniere” ben 51 formaggi ( 49 DOP, 1 IGP e 1 STG), 3 IGP di carni ovine ( abbacchio romano, agnello del centro Italia e agnello della Sardegna) e 1 IGP di carni bovine ( vitellone bianco dell’Appennino centrale). Questa ” imponente” difesa dell’origine della provenienza e della tipicità  è un’importante difesa verso le importazioni dall’estero e un plus fondamentale per l’esportazione verso i paesi occidentali e verso Nord-Africa e Asia. La seconda ragione è certamente il livello di sicurezza alimentare percepita dai consumatori stranieri benestanti, specialmente  asiatici, del nostro agro-alimentare. La Terza ragione è la generale percezione che il mondo ha del nostro saper produrre ciò che è bello e piacevole in un misto di storia e innovazione creativa. Se questi sono i nostri plus e ciò che il resto del mondo ci riconosce che sappiamo fare, è su questo che deve puntare la nostra agricoltura e la nostra industria, trovando anche quelle soluzioni funzionali a non far “ disamorare “ i consumatori italiani verso il made in Italy.

La consapevolezza di ciò e la conoscenza dei dati a supporto di queste analisi può dare più forza agli allevatori nel trattare il prezzo del latte, e qualche stimolo in più nell’investire per rendere in nostri allevamenti sempre più efficienti e profittevoli.