Il rame è un oligoelemento o microminerale la cui presenza è fondamentale nella dieta dei ruminanti, anche se l’equilibrio tra fabbisogno e tossicità è difficile da stabilire. A causa di questa difficoltà, e per non correre rischi, spesso non è considerato e neppure aggiunto nelle razioni, ma le eventuali carenze possono avere effetti molto gravi sugli animali.

Si stima che la concentrazione media di rame nella crosta terrestre sia di 50 ppm (mg/kg) e negli animali di 2-3 ppm, rappresentando pertanto il 10° più abbondante minerale corporeo.

Il rame che viene assorbito a livello intestinale rappresenta l’80-90% di quello ingerito e viene trasportato nel sangue attraverso la transcupreina. Il restante, viene veicolato dall’albumina. Il rame è coinvolto in un gran numero di funzioni metaboliche molto importanti, elencate di seguito:

  • Insieme al ferro il rame è coinvolto nella sintesi dell’emoglobina e della mioglobina.
  • E’ un componente essenziale per l’attività di molti importanti enzimi.
  • E’ coinvolto nella protezione dei tessuti dallo stress ossidativo attraverso l’enzima superossido dismutasi.
  • Enzimi rame-dipendenti catalizzano la formazione e l’inattivazione di alcuni ormoni.
  • Il rame è coinvolto nello sviluppo e nel mantenimento del sistema vascolare e scheletrico.
  • E’ coinvolto nel metabolismo dell’ossigeno.
  • E presente nella ceruloplasmina.
  • Aiuta l’assorbimento del ferro dall’intestino.
  • E’ essenziale per la struttura e la funzione del sistema nervoso centrale.
  • E’ un componente chiave della pigmentazione del pelo e della lana.
  • E’ un componente chiave per la cheratinizzazione.
  • E’ necessario per gli enzimi che catalizzano la sintesi della melanina dalla L-tirosina.

Pertanto, un’adeguata concentrazione di rame nei tessuti ha effetti benefici nella formazione delle ossa, sulle funzioni cardiache, sul sistema immunitario, nella respirazione cellulare, nella pigmentazione, sulla riproduzione e sull’efficienza alimentare.

Una carenza di rame può quindi avere gravi effetti negativi su molti importanti processi metabolici ma un suo eccesso può essere causa di intossicazione e avvelenamento. I ruminanti, a differenza degli altri animali, non hanno meccanismi regolatori efficienti dell’omeostasi del rame, per cui episodi di tossicità cronica sono piuttosto probabili, soprattutto negli ovini. Vista l’enorme importanza del rame in molte funzioni metaboliche dei ruminanti e le difficoltà che essi hanno nel garantire una buona omeostasi, la loro sviluppata la capacità di stoccarlo dentro le cellule epatiche ed eliminarne gli eccessi attraverso la bile è molto importante. A contribuire alle carenze, oltre all’eventuale mancanza negli alimenti, ci sono anche i minerali antagonisti che possono essere presenti nella dieta quotidiana, come il molibdeno, il ferro e lo zolfo.

La tossicosi da rame è solitamente cronica e si manifesta quando le riserve epatiche di questo microelemento sono eccessive. Il rame che arriva all’interno delle cellule epatiche si lega alla metallotioneina dell’apparato del Golgi e viene immagazzinato nei lisosomi. In questo modo, la cellula è protetta da un’eccessiva concentrazione di rame libero. Nell’epatocita, la maggior parte del rame viene incorporato nella ceruloplasmina che torna nel sangue ed è poi distribuita nei tessuti. Quando la ceruloplasmina torna al fegato essa viene metabolizzata ed escreta con la bile. Se la dieta contiene antagonisti del rame come il molibdeno e lo zolfo, la sua biodisponibilità diventa molto bassa. E’ stata stimata una concentrazione di base, ossia senza aggiunte, di questo metallo in un unifeed per bovini di 6-10 mg/kg di sostanza secca (ppm s.s.). I composti solforati inorganici e organici vengono metabolizzati dai microbi del rumine producendo solfuro. Lo zolfo e il molibdeno reagiscono con il rame formando tiomolibdati che legano fortemente questo elemento. Il tiomolibdato di rame rende questo oligoelemento insolubile e non biodisponibile. Inoltre, i tiomolibdati possono essere assorbiti dal rumine e dall’intestino e si possono legare al rame nei comparti biologici.

E’ molto importante, al fine di verificare rischi di intossicazione, di avvelenamento o di carenza, considerare il rapporto rame/molibdeno della dieta espresso come ppm s.s.. Se questo rapporto è < 1, il rischio di carenza è elevato; se invece è > 3, si è in area di sicurezza. Quando il molibdeno aumenta da 1 a 5 ppm s.s., l’assorbimento di rame diminuisce dell’1%. Anche lo zolfo riduce la biodisponibilità del rame formando il solfuro di rame. Nei bovini da carne si tollera una concentrazione massima di zolfo della dieta di 4 gr per kg di sostanza secca, ma già una concentrazione di 1 gr/kg s.s. causa una riduzione della biodisponibilità di rame. In ogni caso, la presenza di zolfo disponibile dipende dalla degradazione ruminale dei composti solforati, dai livelli di proteina degradabile e del pH ruminale. Quando il pH ruminale si abbassa, si ha una concentrazione maggiore di solfuri. Nel valutare il bilancio dello zolfo si deve considerare che l’acqua ne può apportare grandi quantità (8-13 grammi al giorno). Il ferro può reagire con lo zolfo formando solfuro di ferro; la concentrazione di ferro della razione può quindi interferire con la biodisponibilità del rame. Quando il rapporto ferro/rame è > 100 il rischio di carenza è elevato mentre se è < 50 è praticamente nullo. Nell’abomaso, il solfato può reagire con il rame formando il solfato di rame che è insolubile. L’insilamento dei foraggi può aumentare di molto la biodisponibilità del ferro a causa dell’ambiente acido tipico di questo modo di conservare gli alimenti.

Oggi, grazie alla tecnologia analitica XRF, dosare accuratamente la concentrazione dei minerali degli alimenti è divetato molto più facile ed economico, per cui il rischio di carenze o eccessi è decisamente inferiore che in passato. Come abbiamo già descritto, le pecore mostrano una limitata capacità di accumulare nel fegato il rame in eccesso, e il rischio di intossicazione è quindi molto elevato. Ciò piò avvenire quando il rame è presente nel fegato in quantità eccessive o viene rapidamente liberato massivamente a causa di stress di varia natura. Nella fase inziale dell’intossicazione il decorso è pressoché asintomatico perché i lisosomi riescono ancora a stoccare il rame. Quando questo meccanismo va in crisi e il rame può diffondersi nei tessuti, ha inizio la fase emolitica a decorso clinico.

Le pecore sono i ruminanti più suscettibili all’avvelenamento da rame mentre le capre lo sono meno. I bovini di razza Simmenthal e Charolaise sono, ad esempio, più resistenti al rame rispetto alla Aberdeen angus. Stabilire l’esatto fabbisogno di rame nei ruminanti è piuttosto complesso a causa dei fattori prima approfonditi. Per avere un basso livello di antagonismo nella biodisponibilità del rame si deve avere una concentrazione di molibdeno della dieta < 1 ppm s.s. mentre quella di zolfo deve essere < 0.2 %. Se la concentrazione di zolfo nella dieta passa dallo 0.2% allo 0.4%, ciò causa una riduzione dell’assorbimento di rame dal 30 al 50%, quando le diete contengono < di 2ppm ss di molibdeno. Se la dieta, compresa l’acqua, ha più dello 0.4% di zolfo, la concentrazione di rame dovrebbe essere aumentata di 1.5-1.5 volte.

Il fabbisogno di rame dei bovini, a seconda delle fonti, varia da 5 a 20 ppm s.s., ma negli unifeed sono sufficienti i 5 ppm s.s.. Se le concentrazioni di zolfo, molibdeno e calcio sono molto elevate è bene garantirne 20 ppm s.s.. La comunità europea consente un livello massimo di rame nel mangime completo, ossia in tutta la razione giornaliera normalizzata all’88% di sostanza secca, di 35 ppm ma EFSA ne consiglia 30 ppm per evitare rischi alla salute umana e animale.

Tratto da: Fabbisogno di rame nei bovini doi.org/10.3390/ani10101890

Quando si calcolano i fabbisogni di rame e si decide con quale quantità integrare le razioni si considera nullo l’apporto “di fondo” con gli alimenti che sarebbe di circa 6-11 ppm. E’ con questo criterio che si approccia a tutta l’integrazione con gli olgoelementi e le vitamine. Quindi, se si ha una concentrazione di fondo di rame molto elevata, si usa integrare gli animali anche con sali di molibdeno per evitare il rischio dell’intossicazione. Nelle capre, il fabbisogno di rame è più elevato (15-20 ppm s.s.) rispetto agli ovini (5-8 ppm s.s.), e in alcuni contesti sperimentali ci si è spinti fino a 640 ppm s.s. senza rischi. Questa maggiore tolleranza delle capre al rame è dovuta principalmente ad una minore capacità di assorbimento intestinale.

I segni più comuni di intossicazione cronica da rame sono l’aumento della bilirubina nel siero, la presenza di emoglobina nelle urine e la metaemoglobina, ma quest’ultimo biomarker aumenta anche in caso di intossicazione da nitrati. Durante la fase clinica dell’avvelenamento da rame, la sua concentrazione nel sangue e nel siero è > 3 mg/dl. Nella fase pre-emolitica si nota un aumento di GLDH, AST e GGT.

Vista la complessità del definire la giusta concentrazione di rame da apportare con la dieta e i numerosi fattori interferenti, la biopsia epatica da eseguire sugli animali in vita o sui fegati in mattatoio è ritenuta essere ancora il gold standard per diagnosticare un’intossicazione cronica da rame e un buon livello di presenza nell’organismo. L’esame può essere effettuato anche su porzioni di fegato congelato: si tratta di un esame istologico con rodamina (colorante che pigmenta i lisosomi). È considerata ideale una concentrazione di rame nel fegato di 25-100 ppm basati sul tal quale. Per i reni questo cut-off scende a 4-6 ppm. Sono invece indicativi di uno stato di rischio di tossicosi i 150 ppm sempre su base tal quale. Bruschi cambi di dieta, stress o infezioni acute possono indurre la liberazione di grandi quantità di rame epatico. La concentrazione epatica di metallotioneina è correlata alla presenza di zinco; questo elemento aiuta quindi gli animali a proteggersi da un’intossicazione di zinco. Nell’eseguire il controllo post mortem della concentrazione di rame nel fegato si deve tenere presente che esiste una grande variabilità individuale nel medesimo allevamento e per la stessa razza.

Conclusioni

Il rame è un oligoelemento essenziale per i ruminanti e la concentrazione che in genere si trova negli alimenti zootecnici è ben lontana dal soddisfare i loro fabbisogni. E’ quindi necessario aggiungerlo nella razione utilizzando fonti ad elevata biodisponibilità.

Il controllo periodico della concentrazione di rame, zolfo e molibdeno nei foraggi e nei concentrati prodotti in azienda permette di calibrare esattamente la quantità di rame da inserire. Nell’ottica della Precision Farming e della Dairy Production Medicine, è bene eseguire periodicamente un esame istologico su un campione statisticamente significativo di fegati al macello per quantificare esattamente il livello di stoccaggio epatico di questo oligoelemento in un determinato allevamento.