Il punto crioscopico o punto di congelamento del latte è un parametro che nasce nel lontano 1923, quando Hortvet definì quale era il punto di congelamento (PC) di un latte “genuino”.
Da allora diversi studi sono stati compiuti, le misurazioni sono diventate più precise e il latte stesso e la mungitura sono cambiati. Attualmente il PC lo si misura in gradi centigradi e lo si ritiene nella norma tra –0,525 e –0,530 °C. La legge stabilisce un limite a –0,520 °C; un latte che congeli a temperature superiori, per esempio a –0,517, è indice di un latte “annacquato” e ciò pone problemi alla sua commercializzazione; va tuttavia precisato che non comporta rischi per la salute.

Diversi sono i fattori che portano a variazioni del PC del latte senza che vi sia una volontaria aggiunta di acqua, e spesso non sono adeguatamente valutati e studiati. Per esempio, la razza delle bovine allevate, il periodo di lattazione, la mungitura serale o mattutina, il tipo di alimentazione, la presenza di mastite, la stagione oppure le modalità di mungitura, il sistema di raccolta del latte, il prelievo e la conservazione del campioni di latte, nonché, infine, le modalità stesse di analisi. Non sempre, quindi , quando ci troviamo di fronte ad un PC superiore a quello di legge si tratta di una truffa. Talvolta, in modo particolare nelle stalle fisse, lungo le tubature dell’impianto di mungitura si forma dell’acqua di condensa o vi sono ristagni di acqua di lavaggio, che andrà a costituire la cosiddetta “acqua tecnologica”. Questa sarà raccolta dal primo latte che passa lungo le tubature. Una certa presenza di “acqua tecnologica” è ammessa, ma entro certi limiti e dunque restando all’interno dei limiti di legge per il PC. Quando eccede è per malfunzionamenti o errori di gestioni dell’impianto, pertanto risulta necessario verificare che l’impianto funzioni, e venga fatto funzionare in modo appropriato, ricordandosi che il primo latte che giunge nella cisterna di refrigerazione, sarà ovviamente più ricco di acqua, in quanto avrà raccolto tutta quella presente lungo il percorso.
Prima di dichiarare che ad un latte sia stata aggiunta deliberatamente acqua è doveroso compiere alcune verifiche, ovvero ripetere l’analisi partendo da un prelievo di latte compiuto assistendo per tutto il tempo alle operazioni di mungitura, assicurandoci in questo modo che non venga aggiunta acqua al latte. Se il campione confermerà i valori precedenti fuori limite legale, allora sarà opportuno procedere alla cosiddetta prova di stalla. Ovvero dovremo procedere all’analisi del latte delle singole bovine e quindi, conoscendo la produzione delle singole bovine, calcolare la media ponderata per conoscere il reale PC della specifica stalla, che, specialmente in stalle di piccole dimensioni, può riservare sorprese. Solo un atteggiamento cauto può evitare inutili contenziosi tra l’allevatore e gli acquirenti. Rimane comunque difficile sostenere come normale un valore che si discosti in modo esagerato dai valori di legge.

Cosa possiamo fare se il punto crioscopico presenta un valore superiore a quello di legge?

Il primo aspetto da prendere in considerazione è quello di valutare se questa anomalia dipende da una presenza eccessiva di “acqua tecnologica”.
Facciamo, se possibile, l’analisi del punto crioscopico (PC) su ogni singola bovina; con il dato della singola produzione possiamo calcolare la media ponderata e, se constatiamo che il dato così ricavato è molto diverso da quello ritrovato analizzando il latte prelevato nella cisterna, dobbiamo verificare attentamente l’impianto di mungitura. Dobbiamo, per esempio, evitare i possibili ristagni di acqua di lavaggio o l’eccessiva condensa lungo le tubature. Verifichiamo che nella cisterna di raccolta del latte non ristagni acqua a causa di una errata pendenza. Evitiamo di pulire con acqua le mammelle e di non provvedere alla loro asciugatura prima della mungitura, lasciamo sgocciolare bene i gruppi di mungitura quando li immergiamo in una soluzione disinfettante tra una bovina e l’altra. Eventualmente, se il punto crioscopico continuasse a rimanere alto a causa della eccessiva presenza di “acqua tecnologica”, possiamo pensare, come viene suggerito (Bolzoni e Todeschi, 2003), di destinare i primi litri di latte che arriva in cisterna ai vitelli.
Nel caso, invece, che la media ponderata mostri un dato anch’esso superiore al limite legale, dobbiamo intervenire in modo differente. Valutiamo se solo una parte della nostra mandria mostri dati fuori limite e, in tal caso, cerchiamo di capire cosa caratterizzi questo gruppo di animali.
Valutiamo bene la composizione del latte che produciamo, tenendo conto che il PC aumenta al diminuire del contenuto di lattosio e di sali minerali. Una errata alimentazione che determini un basso contenuto di lattosio e un contemporaneo basso contenuto di sali minerali può portare ad un PC troppo elevato. Una integrazione, per esempio in NaCl, può, in alcuni casi, portare ad un rientro nei limiti di legge del PC, questo è particolarmente utile nel periodo estivo. In estate il PC tende ad avvicinarsi allo zero, viceversa in inverno possiamo trovare valori più bassi; questo, secondo alcuni autori, è riferibile alla diminuita ingestione degli alimenti tipica dei periodi estivi. Al picco di lattazione il PC tende ad avvicinarsi allo zero per poi decrescere con l’avanzare della lattazione. Con un intervallo diverso tra le due mungiture assistiamo ad un aumento dei valori in concomitanza della munta seguente all’intervallo più lungo, quella contraddistinta da una maggiore produzione di latte, aspetto accentuato da una eventuale somministrazione degli alimenti non equamente distribuita nella giornata.
Infine, in presenza di elevati valori di acidità titolabile, il PC del latte tende ad allontanarsi dallo zero. Ai campioni di latte che presentano un valore di acidità titolabile superiore a 3,0 °SH/50mL, si dovrebbe sottrarre 0,0002 °C per ogni 0,1 °SH; con un valore superiore a 3,7 °SH/50mL si dovrebbe sottrarre il doppio (0,0004), mentre se il valore di acidità titolabile è superiore a 4,5 la misurazione del PC diventa inattendibile.