Il progresso tecnico e scientifico porta ad un accumulo di nuove conoscenze che colmano il vuoto di ciò che non si sapeva oppure sostituiscono quelle più vecchie. Questo incessante divenire esiste grazie alla ricerca, allo sviluppo tecnologico e alle esperienze empiriche. La conoscenza oggi si diffonde molto più rapidamente, circostanza che sta creando per l’uomo la nuova sfida di distinguere le vere conoscenze da quelle false. Chi è stato chiamato a guidare l’umanità si sta chiedendo anche come fare per evitare il crescente fenomeno dello scetticismo nei confronti dell’esperto e della tecnologia, e il pensare che prima si stava meglio e che il futuro ci può riservare solo cose negative.

Questo “sommo” dibattito investe anche la nostra zootecnia. In questi ultimi decenni di progressi ce ne sono stati molti. Gli animali producono più latte e più carne, convertono meglio gli alimenti e sono quindi più profittevoli. Di converso, la loro salute sembra essere più precaria e la ridotta fertilità appare fuori controllo. Inoltre, il nostro modo di allevarli genera molti inquinanti dell’aria e delle acque e questo sta “disturbando” il sentire collettivo. Oggi gli specialisti di genetica, nutrizione e gestione degli animali allevati per produrre cibo per l’uomo sono meno concentrati su come aumentare ulteriormente la produttività e più focalizzati sulla sostenibilità e la salute e il benessere degli animali. Come è avvenuto nel progresso di altre attività, ognuno è chiamato a fare la sua parte e propedeutico a tutto è stabilire il metodo di lavoro. Noi che ci occupiamo dell’allevamento di ruminanti sappiamo bene come il ciclo produttivo di questi animali sia suddiviso in fasi ben definite ma omogenee a seconda che si tratti di animali da latte o da carne. Il ciclo produttivo di un animale da latte, sia esso bovina, bufala, capra o pecora, è divisibile in quattro fasi: svezzamento, accrescimento, asciutta (o meglio ultime settimane di gravidanza) e lattazione. Queste fasi sono a loro volta suddivisibili in varie sottofasi. Ad esempio, l’asciutta è suddivisibile in: messa in asciutta, fase centrale e preparazione al parto. Ognuno di questi momenti è condizionato a vario titolo dalla genetica, dall’ambiente, dalla sanità, dalla gestione e dalla nutrizione. Ogni “performance”, sia essa produttiva, riproduttiva, sanitaria ed economica, altro non è che un fenotipo condizionato dalla seguente equazione:

fenotipo =  genotipo + (ambiente + sanità + gestione + nutrizione)

Oggi, in allevamento, a differenza di quanto avveniva in passato, l’ottimizzazione di ogni fenotipo viene affrontata, consapevolmente o inconsapevolmente, con il metodo plurifattoriale o olistico. Se ad esempio la produzione di latte è ritenuta insoddisfacente si interviene sul miglioramento genetico, si migliora l’ambiente d’allevamento, si formulano diete più adeguate, si gestiscono al meglio gli animali e si riducono le patologie in allevamento. L’esperienza empirica degli allevatori e dei professionisti ha ormai insegnato ai più che un approccio monofattoriale, che consiste nell’intervenire solo su un aspetto dell’equazione del fenotipo, non dà mai i risultati attesi. Una volta invece si cercava a tentativi la razione o il mangime miracoloso che avesse il potere di far aumentare la produzione di latte a prescindere dalla presenza di un ambiente d’allevamento non idoneo, di un modo sbagliato di gestire gli animali e di molte malattie in allevamento.

Per ognuna delle fasi d’allevamento si sono accumulate ricerche ed esperienze empiriche, e molte di queste sono confluite in quelli che vengono classificati come paradigmi, ossia concetti universalmente condivisi sia dagli scienziati che dai professionisti. L’elenco dei paradigmi con cui vengono gestiti gli allevamenti è un pò come un archivio, una biblioteca o le cartelle di Windows. Tuttavia questi, pur essendo i punti fermi, o meglio i mattoni fondamentali, con i quali è stato costruito l’allevamento moderno, non sono immodificabili perché nel frattempo la ricerca procede spedita e nuove scoperte arricchiscono il paniere della conoscenze dell’umanità.

Riportiamo un paio d’esempi utili per meglio spiegare il concetto di paradigma. E’ universalmente condivisa, e quindi praticata ovunque, la terapia sistematica in asciutta (BDCT), che consiste nella somministrazione di antibiotici a tutte le bovine alla messa in asciutta. Questa “robusta” raccomandazione è nata in seno alla comunità scientifica e, grazie alla divulgazione, è arrivata dapprima ai professionisti e poi agli allevatori. Il paradigma della BDCT ha contribuito a ridurre le mastiti cliniche e subcliniche in maniera consistente. Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza e una maggiore attenzione ai costi hanno però stimolato gli scienziati di tutto il mondo a mettere a punto il nuovo paradigma della terapia selettiva in asciutta (SDCT), ossia un nuovo metodo per trattare e prevenire le mastiti sia cliniche che sub-cliniche trattando con gli antibiotici solo le bovine a rischio. Il paradigma della SDCT sta rapidamente soppiantando quello della BDCT. Ma gli esempi che si potrebbero citare sono moltissimi. Possono riguardare livello di vuoto in sala mungitura, la durata del periodo d’asciutta, come gestire al meglio la dermatite digitale o se serve integrare la razione dei ruminanti con vitamine del gruppo B non ruminoprotette.

Ci sono tuttavia paradigmi “deboli” che le “metanalisi” e le “systematic review”, cioè l’analisi oggettiva delle pubblicazioni scientifiche su un determinato argomento, ritengono controversi o su cui esistono poche ricerche e per molte ragioni. Possiamo citare a solo titolo d’esempio il dibattito che discute se il gold standard di alimentare i vitelli delle bovine da latte siano i due pasti giornalieri, il latte somministrato a volontà, l’allattatrice automatica o addirittura un unico pasto giornaliero. A creare ancora più difficoltà nel rendere granitico e longevo un paradigma c’è l’interferenza dell’industria, almeno di quelle poco serie, che vede nella novità a tutti i costi un forte supporto al business, e non necessariamente di lungo periodo. Alcune industrie sposano infatti più il comportamento della cicala della favola di Esopo che quello della formica.

Ma come orientarsi in questo complesso ginepraio dei paradigmi? Quello che vi posso consigliare è un percorso, neanche complesso. Il primo inevitabile passaggio prevede la conoscenza di tutti i paradigmi sui quali si “appoggia” l’allevamento contemporaneo. Non è disdicevole impararli a memoria e saperli ripetere a “pappardella”. Non a caso a scuola ci facevano imparare le poesie a memoria, e lo fanno tutt’ora. Il diffondersi del digitale, i molti incontri serali delle industrie e le poche iniziative “pubbliche” di formazione e aggiornamento professionale hanno fatto diffondere i paradigmi tra i professionisti e tra gli allevatori tanto da far sembrare che non ci sia nulla di nuovo di cui parlare. E spesso a ragione. Per non rimanere vittime dei paradigmi deboli e mantenere la mente aperta al progresso ci si deve chiedere senza stancarsi “Perché?” e cercare di capire sempre il meccanismo d’azione e la plausibilità di un paradigma. Approfondire un argomento anche se noioso è forse l’unico modo di mantenere la mente aperta al nuovo. In fondo, i nostri antenati ci hanno permesso di arrivare fino a questo punto perché non si accontentavano delle certezze acquisite. Erano viaggiatori curiosi, riflessivi, osservatori e inquieti. Essere intelligenti non significa necessariamente avere titoli di studio ma essere capaci di adattarsi alle situazioni nuove. Attenzione però alla trappola delle scuole di pensiero che altro non sono che le figlie dell’ignoranza creativa di cui tutti abbiamo fatto esperienza quando non abbiamo avuto il coraggio di dire “non lo so” e “sparato” la prima cosa che ci saltava in mente. Come quando lo studente impreparato all’interrogazione si arrampica sugli specchi per salvarsi dal brutto voto. Sono le così dette scuole di pensiero, ossia quando vale tutto e il contrario di tutto, che hanno fatto proliferare le fake news, delegittimato il ruolo dell’esperto e pertanto fatto rallentare il progresso, non solo tecnico-scientifico, della nostra zootecnica e della società.