Le 3 principali variabili che determinano la lunghezza dell’intervallo parto-concepimento nella bovina da latte sono: la durata del periodo di attesa volontario (volutanry waiting period, VWP), l’efficienza di rilevazione degli estri (heat detection rate, HDR o tasso di inseminazione, TI) e il tasso di concepimento (conception rate, CR). Nei 45 giorni successivi al termine del periodo d’attesa volontario, in una ipotetica stalla in cui ci siano 100 bovine da fecondare e che abbia una CR del 30%, se il TI è del 90% le bovine gravide saranno 71 circa, mentre se il TI è del 40% il numero di bovine gravide scenderà di circa la metà. Negli Stati Uniti è stato calcolato che il danno derivante da una erronea e/o insufficiente rilevazione dei calori ammonti annualmente a 300 milioni di dollari. Questi dati giustificano l’importanza di una corretta procedura di rilevazione dei calori nell’allevamento della bovina da latte. In termini di fisiologia ed endocrinologia, è utile ricordare che è proprio il follicolo dominante, durante la sua maturazione finale, a determinare attraverso la massiva produzione di estrogeni i due principali eventi che caratterizzano il periodo: 1) l’attivazione del centro ipotalamico che causa la scarica preovulatoria di LH e l’ovulazione e 2) i principali sintomi che servono all’allevatore per rilevare il calore (modificazioni comportamentali e a carico dell’apparato riproduttivo).
Non deve quindi stupire che tutte le condizioni produttive (elevata produzione di latte, bilancio energetico negativo) e le patologie (infezioni uterine e mammarie, zoppie ed altre patologie) in grado di interferire con la funzionalità ovarica siano in antagonismo con il grado di espressione del calore. Non è un caso infatti che il sintomo patognomonico del calore della bovina, lo “standing heat” (SH, stare ferma mentre viene montata), duri meno tempo e sia meno evidente nella moderna vacca da latte rispetto al passato e spesso non venga nemmeno manifestato. La tempistica con la quale si esegue l’inseminazione artificiale della bovina (IA) si basa su ricerche eseguite alla fine degli anni 40, che dimostrarono come il massimo livello di CR (percentuale di vacche gravide su quelle inseminate) si aveva nelle inseminazioni eseguite dalla metà alla fine dell’estro. Da queste ricerche è scaturita l’indicazione di inseminare le bovine in calore la mattina la sera successiva e quelle in calore la sera la mattina successiva (metodo am/pm).
È opportuno tuttavia sottolineare come tali ricerche furono svolte su ridotti numeri di animali sottoposti ad accurate e continuative procedure di rilevazione del calore e poco paragonabili alla bovina attuale che deriva da oltre 60 anni di massiva selezione genetica. D’altro canto la longevità nei genitali della bovina del seme congelato non sempre è in grado di prolungarsi oltre le 12-24 ore, rimane quindi valido il concetto che l’IA debba avvenire nella fase terminale del calore (seconda metà del calore) cioè in prossimità all’ovulazione. Recenti ricerche effettuate da studiosi olandesi tramite l’osservazione diretta dei principali sintomi del calore, hanno evidenziato che lo SH si manifesta solo nel 20-60 % degli animali, e che le percentuali minori si hanno quando un solo animale è recettivo. Tra i sintomi cosiddetti accessori, il montare le altre bovine è quello maggiormente manifesto (77% delle bovine recettive). Questi due sintomi sono risultati connessi al momento dell’ovulazione comparendo tra le 22 e le 34 ore precedenti l’ovulazione stessa. Tutti gli altri sintomi, pur se molto espressi, sono altamente aspecifici essendo frequentemente presenti anche in animali non realmente in calore. Il sistema di rilevazione utilizzato dai ricercatori olandesi tuttavia è risultato di difficile applicazione nella pratica aziendale in quanto complicato e costoso in termini di tempo di osservazione. Come precedentemente riportato da altri gruppi, anche queste ricerche hanno confermato che la simultanea presenza di diverse bovine recettive nello stesso gruppo amplifica tutti i sintomi del calore e ne facilita quindi la rilevazione. Il numero e la durata dei periodi di rilevazione dei sintomi di calore sono un ulteriore fattore in grado di influenzare pesantemente la percentuale di estri rilevati; ad esempio, aumentando il numero di periodi di rilevazione da 1 a 3 nell’arco della giornata (ciascuno di 30 minuti) la percentuale di calori rilevati passa dal 19% al 90%. Rimane tuttavia una finestra di variabilità tra la comparsa dei sintomi del calore (SH e monta di altri soggetti) e l’ovulazione di circa 12 ore, che contribuisce a ridurre l’affidabilità del metodo. Una disamina delle principali pubblicazioni relative alla tempistica d’inseminazione in condizioni di campo, rivela che spesso non esistono significative differenze tra una sola IA eseguita tra le 8:00 e le 11:00 di mattina (sui calori rilevati la sera precedente e quelli rilevati il mattino stesso della IA) e la doppia IA seguendo lo schema am/pm. Tuttavia, laddove siano stati separati gli interventi fecondativi in base all’esatto momento di rilevazione del calore, emerge che le IA eseguite nelle prime 6-18 ore successive alla rilevazione sono quelle con la maggiore percentuale di CR, rispetto a quelle eseguite tardivamente. Un errore frequentemente segnalato dai ricercatori è l’errata inseminazione di bovine in periodi in cui i livelli ematici di progesterone sono alti (bovine inseminate troppo presto o peggio gravide dalla IA precedente), sottolineando come il dosaggio di questo ormone possa essere un utile ausilio quando si interviene in una stalla con problemi di rilevazione dei calori. Altri campanelli d’allarme che suggeriscono una cattiva rilevazione dei calori sono: intervalli tra le IA superiori o inferiori alla durata del ciclo estrale (oltre il 60% delle IA dovrebbero avvenire in intervalli compresi tra 18 e 24 giorni), pochi calori rilevati durante il VWP, molte IA ripetute entro i 3 giorni successivi all’ultima IA, una scarsa percentuale del tasso di inseminazione (calcolato spesso nei controlli funzionali o dai programmi gestionali delle mandrie).
Tutte le ricerche relative agli aspetti succitati sottolineano come non esita una metodica o una tempistica di rilevazione dei calori e di esecuzione delle IA applicabile pedissequamente a tutte le stalle, ma che ogni singola stalla fa storia a sé e sono la passione, la sensibilità e la competenza dell’allevatore e/o addetto a determinare il migliore compromesso in base ai risultati ottenuti in termini di tasso di inseminazione e di concepimento. I progressi tecnologici e la riduzione dei costi di acquisto e mantenimento dei sistemi automatizzati di rilevazione dei calori (podometri e attivometri) spesso giustificano l’adozione di tali ausili che consentono di migliorare l’efficienza di rilievo del calore e al contempo consentono di risparmiare del tempo. La migliore tempistica d’esecuzione della IA tuttavia non è predeterminabile in modo assoluto per tutte le stalle, e se in linea generale essa si colloca tra le 4 e le 16 ore successive alla segnalazione da parte dello strumento, sta ancora una volta alla sensibilità dell’operatore di stalla comprendere quale sia l’intervallo migliore per la propria realtà.
Si vuole inoltre sottolineare due ulteriori aspetti molto rilevanti per la riuscita della IA. In primo luogo le capacità tecniche dell’operatore che esegue l’intervento fecondativo, molte ricerche hanno effettivamente dimostrato come gli operatori più bravi siano quelli con maggiore esperienza (professionisti) rispetto a quelli che eseguono pochi interventi all’anno. In secondo luogo, la visita della bovina da inseminare è un ulteriore aspetto che consente di incrementare notevolmente il successo della IA. L’operatore, anche il non veterinario, dovrebbe essere in grado di rilevare i seguenti reperti prima di eseguire l’intervento fecondativo: presenza di abbondante muco chiaro e filante, la pervietà della cervice, un utero tonico e simmetrico e la presenza di un piccolo corpo luteo (in regressione) e di un follicoli di diametro superiore ai 12 millimetri.
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