Siamo ormai arrivati a marzo 2016 e alle porte del solito mese di maggio, durante il quale il consegnato di latte raggiunge il picco massimo, e il prezzo del latte alla stalla tanto era e tanto è con inoltre lo “spauracchio” di una ulteriore flessione. Voce abilmente diffusa dall’industria del latte per mettere le “mani avanti” alle richieste di aumento da parte degli allevatori. A che cosa sono serviti in pratica i viaggi al Brennero per vedere che arriva latte dall’estero, pur sapendo che l’Italia produce solo il 60% del suo fabbisogno interno? A cosa sono servite le tante manifestazioni davanti ai siti di Lactalis o nelle piazze italiane? A cosa sono serviti gli incarichi dati dal governo ad ISMEA per stabilire il costo di produzione del latte per poi procedere all’indicizzazione di tale valore? E tutti i proclami e le indignazioni del Ministro, degli assessori, dei sindacati e chi ne ha più ne metta? A completare tutto ciò teorie del complotto, urla e disperazione e altri comportamenti irrazionali degli allevatori. A nostro parere non sono servite a nulla perché il prezzo del latte tanto era tanto è. E’ anzi in alcuni casi ribassato. Nel frattempo però qualcosa è cambiato.

L’export del lattiero-caseario in crescita esponenziale anche per il prevedibile effetto EXPO 2015, prezzi del latte sia fresco che UHT al pubblico molto sostenuti e in molti casi doppi rispetto a quelli praticati nel resto dell’Europa. Tutto questo perché? Perché l’industria lattiero casearia, che urla poco ma usa la testa, ha visto che dichiarare sulle confezioni l’utilizzo di solo latte italiano permette di alzare il prezzo al pubblico. Singolare e motivo di profonde riflessioni, il vedere che anche la Coca-Cola ha messo sul tappo delle sue bottiglie da 1.5 lt la griffe “Made in Italy”! La riduzione dei consumi interni è per lo più dovuta alla crescita incontrollata dei vegetariani e dei vegani, più che all’indisponibilità dei consumatori a spendere circa 1.5 euro per comprare un litro di latte. E intanto le stalle chiudono e tutto l’indotto professionale e industriale che ruota intorno alla zootecnia è in forte difficoltà. E’ a nostro avviso necessario che ognuno faccia la sua parte e che il non farla non sia ignorato, perché si dice “che chi non ha memoria non ha futuro”. L’allevatore ha in mano la potentissima arma del voto, delle tessere sindacali e di partito e del denaro con cui compra servizi e prodotti.

Secondo noi la ricetta per far fare un salto di qualità nella rivendicazione di un prezzo del latte più remunerativo è la seguente. Per prima cosa bisogna capire meglio i “numeri del latte”. Gli enti preposti come ISMEA devono quantificare esattamente quanto latte serve per produrre le nostre DOP e IGP e quanto latte dovrebbe essere utilizzato nelle confezioni dove c’è scritto “prodotto con latte italiano” o similari. Quanto latte si produce in Italia lo sappiamo già. Se i conti non tornano il governo, o meglio il nostro ministro Martina, deve attivare  organi di controllo come NAS, ICQRF e poi le Procure per verificare se in questa enorme quantità di prodotti ci sia effettivamente latte munto in Italia. Le leggi ci sono già, non ne servono altre per identificare il reato di “truffa in commercio” o “pubblicità ingannevole”. E questo va ben al di là della dichiarazione di provenienza. Anche i consumatori con le loro associazioni devono verificare se quando spendono cifre piuttosto elevate per comprare un latte “munto in Italia” questo corrisponda a realtà, altrimenti, nel dubbio, si spende molto meno per un latte generico. Se tutto questo puzzle combaciasse, a tutti noi cosa interesserebbe sapere quanto è il prezzo del latte spot in Olanda, le produzioni EU e quant’altro? Altro grande contributo che il governo italiano potrebbe dare è quello di utilizzare le campagne di comunicazione sul valore di salubrità e sapore che ha il latte italiano e rassicurare la classe medica e il cittadino che consumare latte non significa assumere un veleno ma bensì un alimento che l’uomo ha consumato dall’alba dei tempi proprio per le sue caratteristiche positive per la salute.

Noi di Ruminantia, che seguiamo con attenzione le dinamiche interne e internazionali del mercato del latte e dei consumi per informare al meglio e tempestivamente i nostri lettori, abbiamo la sensazione che non si voglia adottare una “lotta adulta e matura” per un giusto prezzo del latte alla stalla. Senza sposare le esecrabili teorie del complotto, sicuramente la “lobbies” dell’industria lattiero casearia ha metodi più efficaci nel tutelare i suoi interessi nei confronti del mondo degli allevatori strumentalmente diviso e per questo privo di potere contrattuale. Ma ben si sa dall’alba dei tempi che un popolo preoccupato del  presente e del futuro si governa meglio e da esso si può ottenere un maggior consenso elettorale e associativo.