E’ da molti anni che in Italia si considera il livello proteico della razione come causa primaria d’infertilità e di zoppie. Questo atteggiamento, unitamente all’alto costo che hanno le materie prime che apportano proteine, ha portato ad una progressiva riduzione della percentuale di azoto delle razione somministrate alle vacche non solo in lattazione ma anche in asciutta. A sostegno di questa ipotesi pochi sono i dati disponibili ma solo alcune considerazioni. La prima deriva dall’osservazione della concentrazione d’urea del latte rilevata dai quasi un 1.000.000 di campioni analizzati dall’Istituto Zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia dove, tale parametro, cala progressivamente dall’anno 2000 fino a raggiungere una media al di sotto dei 22 mg/dl del 2012. La seconda è quella rilevabile da una elaborazione dell’ufficio studi dell’AIA del 2010 sulle bovine (circa il 50 % di quelle iscritte ai controlli funzionali alle quali viene quantificato il livello di urea individuale) dalla quale si evidenzia che ben il 43.7% di queste ha nei primi 75 giorni di lattazione una concentrazione d’urea nel latte inferiore ai 20 mg/dl e solo il 7.8% superiore ai 36 mg/dl. Quest’ultima fascia è quella considerata a rischio per l’infertilità. Terza ed ultima considerazione è quella suggerita per la frisona italiana nel Profilo Genetico Allevamento 2012 dove si vede che, rispetto al potenziale genetico, mancano nel latte – 0.06%  e  – 60 kg di proteina. Dalla ricerca si apprende che la bovina nelle prime 5-6 settimane dopo il parto non riesce ad approvvigionarsi di proteina metabolizzabile in quantità sufficiente, al punto d’ intaccare le sue riserve muscolari di proteina labile per ben kg 8-21. Nei primi 10 giorni dopo il parto la vacca mobilizza kg 1 di proteine di riserva per far fronte alle richieste di aminoacidi per la produzione di proteina del latte e glucosio. Il bilancio proteico negativo sembra durare circa 21 giorni dopo il parto. Sembrerebbe che la mammella sottragga alla bovina una quota di aminoacidi maggiore di quella utilizzata dal fegato per produrre glucosio. Nelle bovine di alto potenziale genetico questo ricorso alle proteine labili inizia già prima del parto con un meccanismo indipendente al ricorso delle riserve di grasso.  Queste carenze di aminoacidi nelle ultime settimane di gravidanza, e nelle prime settimane di lattazione, esercitano un ruolo negativo su una corretta crescita dei follicoli e quindi sulla fertilità e sul sistema immunitario “ esasperando” lo stato para-fisiologico dell’immuno-depressione del periparto.

L’alimentazione proteica della vacca da latte è molto più complessa dei monogastrici in quanto esiste solo una correlazione tra concentrazione proteica della razione ed aminoacidi che arrivano all’intestino per essere assorbiti. Da alcuni anni di utilizza non più la “proteina grezza” ma la “proteina metabolizzabile” che meglio esprime la quantità di aminoacidi che arriva effettivamente ad essere assorbita dall’intestino ed il bilanciamento aminoacidico ossia i corretti rapporti che ci devono essere tra i 20 aminoacidi presenti nella proteina metabolizzabile.