L’ipocalcemia clinica e subclinica è forse la malattia metabolica a maggiore prevalenza nella bovina da latte. La forma clinica si esibisce con il classico collasso puerperale a poche ore dopo il parto, mentre la forma sub-clinica si può estendere in tutto il periodo del puerperio diventando fattore eziologico e di rischio per le disfunzioni immunitarie, le mastiti, le metriti, le chetosi, le ritenzioni di placenta e le dislocazioni dell’abomaso. Oggi si tende ad utilizzare in luogo di ipocalcemia il termine “sindrome ipocalcemica”.

Si stima che il 50% delle pluripare e il 25 % delle primipare possono fare esperienza di ipocalcemia subclinica ad inizio lattazione. La concentrazione di calcio ematica normale è di 9-10 mg/dl (2.25-2.5 mM). Nelle forme acute e severe la calcemia può scendere a 4.5 mg/dl (1.12 mM) mentre il decorso subclinico si ha già sotto 8.6 mg/dl. Quando si monitora la concentrazione di calcio del sangue per l’accertamento diagnostico della sindrome ipocalcemica sub-clinica si consiglia di evitare il giorno del parto. Nei giorni 2-3-4 un’ipocalcemia è significativamente un fattore di rischio per la metrite puerperale e la dislocazione dell’abomaso. Una bovina frisona anche di soli 650 kg di peso vivo produce una media di 7 kg di colostro alla prima mungitura, con una concentrazione di calcio del dello 0.21%. Questa concentrazione di calcio del colostro e del latte delle successive 5 mungiture può rimuovere dal sangue oltre 80 grammi di questo minerale. L’omeostasi del calcio è regolata dal paratormone (PTH), che è un ormone prodotto dalle paratiroidi in risposta all’ipocalcemia.

Il PTH stimola i recettori presenti su diversi tipi di tessuti causando una mobilizzazione del calcio stoccato nelle ossa, riducendo la perdita di questo minerale con le urine, attivando gli enzimi che convertono la vitamina D in 1,25-diidrossicolecalciferolo e comportando un maggior assorbimento intestinale.

L’omeostasi del calcio

Una delle strategie classiche della nutrizione clinica finalizzata ad avere la massima concentrazione ematica di calcio nel periparto è quella di utilizzare nelle diete della fase di preparazione al parto quelli che vengono definiti sali anionici. I cationi sono una specie chimica che si dirige verso il catodo durante un’elettrolisi perché dotata di una carica positiva, come il sodio (Na+), il calcio (Ca++), il potassio (K+) e il magnesio (Mg++). Questi, una volta assorbiti, causano un’alcalinizzazione, ossia un aumento del pH del sangue. Tra gli anioni, che sono specie chimiche cariche negativamente, troviamo invece il cloro (Cl), i solfati (SO42-) e i fosfati (PO43-), che una volta assorbiti dal tratto gastrointestinale tendono ad acidificare il sangue riducendone il pH.

La differenza espressa in milliequivalenti tra la quantità di cationi e di anioni assorbiti attraverso la dieta condiziona il pH ematico. Le bovine adulte nelle ultime settimane di gravidanza sono solitamente in asciutta, e la loro alimentazione è prevalentemente basata su foraggi. In questo contesto le bovine sono in uno stato di alcalosi ematica compensata a causa della spesso elevata ingestione di potassio contenuto nei foraggi. Questo macroelemento ha un’elevata possibilità di assorbimento (100%) nel tratto gastro-intestinale ed è fortemente alcalinizzante. Lo stesso si può dire per il sodio, anche se la sua concentrazione negli alimenti solitamente utilizzati a fine gravidanza è molto variabile. Gli altri due cationi, calcio e magnesio, possono essere presenti nelle diete di fine gravidanza in concentrazioni anche molto elevate ma loro biodisponibilità è molto bassa. L’aggiunta di solfati e cloro nelle ultime tre settimane di gravidanza riduce significativamente il “crollo” della calcemia dopo il parto. Il cloro in particolare ha una biodisponibilità del 100% ed è quindi molto acidificante. I solfati hanno di converso un basso assorbimento, e quindi una minore capacità acidificante. La riduzione del pH ematico stimola la secrezione di PTH e la sensibilità dei tessuti dotati di recettori per questo ormone, e quindi una potenziale normo calcemia nel periparto.

Monitorare il pH ematico degli allevamenti commerciali è di fatto impossibile; si ricorre quindi alle urine perché tra i due liquidi il pH è altamente correlato. È stato più volte riportato nella letteratura scientifica che un pH urinario < 7.00 migliora la calcemia delle bovine in fase di transizione. Per raggiungere questo obiettivo, il bilanciamento anioni/cationi (DCAD) della razione, utilizzando il rapporto (Na+K)-(Cl+S), deve ridursi a quasi – 150 – 200 mEq/kg. Se il DCAD è troppo basso e il pH delle urine scende al di sotto di 5.30 si può osservare una pericolosa acidosi metabolica non compensata.

La manipolazione del pH ruminale, monitorabile con la misurazione del pH delle urine, è un intervento molto delicato. È bene affiancare alla valutazione del DCAD, utilizzabile solo se si conosce la concentrazione minerale reale degli alimenti disponibili in allevamento, la seguente linea guida:

L’aggiunta di sali anionici in condizioni controllate è un intervento profilattico importante per la prevenzione della sindrome ipocalcemica e di tutte quelle malattie metaboliche ad essa correlate. La stesura di un piano alimentare per le bovine in preparazione al parto a 150 – 200 mEq/kg (s.s.) richiede l’aggiunta di cospicue quantità di cloro e solfati che possono interferire con la capacità d’ingestione, già fisiologicamente ridotta. Per apportare il cloro, che come abbiamo visto è il più efficace nell’acidificare il sangue, si può potenzialmente ricorrere all’acido cloridrico (HCl), al cloruro di calcio (CaCl2) e al cloruro d’ammonio (NH4Ca). Come solfati utilizzabili abbiamo in teoria l’acido solforico (H2SO4), il solfato di calcio (CaSO4) e il solfato di magnesio (MgSO4).

Conclusioni

In considerazione del fatto che la riduzione dell’ingestione di sostanza secca durante la fase di preparazione al parto è tra i più importanti fattori eziologici e di rischio delle malattie metaboliche della fase di transizione delle bovine, l’utilizzo dei sali anionici deve essere fatto in caso di reale necessità. La possibilità di ottenere un’acidosi ematica compensata in grado di stimolare sia la produzione che l’efficacia del PTH, e quindi aumentare la calcemia, si ha solo se nella razione prevalgono gli anioni a scapito dei cationi, e se il pH urinario scende al di sotto di 7.30. La probabilità che cloruri e solfati aggiunti nella dieta della preparazione al parto riducano l’ingestione è molto elevata, per cui oltre a monitorare la calcemia nella prima settimana dopo il parto e il pH delle urine prima del parto è necessario monitorare l’ingestione, specialmente nelle ultime due settimane di gravidanza, e confrontarsi con l’equazione di calcolo e lo storico dell’allevamento in questione.