L’attività dei nutrizionisti è fortemente concentrata sul bilancio energetico delle razioni per le vacche sia ad inizio che a fine lattazione. Le bovine, come si sa, nelle prime settimane di lattazione hanno un fabbisogno energetico di gran lunga superiore a quanto riescono a produrre utilizzando i nutrienti che ingeriscono con la razione e le riserve corporee. Una testimonianza di questo fatto è il dimagrimento più o meno intenso che le accompagna spesso fino a quando vorremmo di nuovo ingravidarle. Sappiamo anche che il principale fattore che condiziona una precoce ripresa e una nuova gravidanza è proprio il bilancio energetico. L’energia di cui la vacca ha bisogno viene prodotta da un complesso meccanismo biochimico che utilizza come substrati una serie di molecole come il glucosio, gli acidi grassi e gli amminoacidi.

Quando si osserva un forte dimagrimento delle bovine, o si evidenziano patologie ovariche come ipoplasia e cisti, il nutrizionista generalmente aumenta la concentrazione energetica della razione, aumentando amidi e grassi dal momento che equazioni di stima come l’Energia Netta Latte (ENL) o le vecchie Unità Foraggere Latte (UFL) danno un importante valore a questi due nutrienti. Aumentare l’amido è di per se corretto in quanto questo viene fermentato dal rumine per la produzione dell’acido propionico che nella vacca da latte è il più importante precursore del glucosio. Quando si decide di farlo si sostituisce parte della fibra da foraggio con amido in quanto il volume ruminale ha una determinata capacità. Questo intervento riduce la produzione di saliva e il pH del rumine scende progressivamente fino al limite di 5.80, ossia dell’acidosi ruminale sub-clinica. I batteri che fermentano le fibre sono generalmente gram-negativi e a questo pH muoiono rapidamente accumulando nel rumine endotossine (LPS) che sono in grado di entrare nel sangue e stimolare la produzione di citochine pro-infiammatorie. La vacca non sa da dove vengano le endotossine per cui prepara il sistema immunitario a contrastare un’infezione di batteri gram-negativi. Tra le innumerevoli regolazioni metaboliche indotte dalle endotossine, c’è prioritariamente il blocco a livello ipotalamo-ipofisario della produzione di ormoni come il GnRH e l’LH, che sappiamo essere preziosi per la maturazione e la qualità sia del follicolo che del corpo luteo. Quindi, spesso, l’aumento incontrollato dell’amido della razione non solo non migliora il bilancio energetico e conseguentemente la fertilità ma, addirittura, può essere causa di patologie ovariche e della produzione di ormoni importanti come gli estrogeni e il progesterone. Molte sono le variabili che condizionano la scelta della migliore concentrazione di amidi della razione al punto che il fabbisogno di amido non è mai stato completamente definito. Si consiglia di affidarsi alla clinica d’allevamento, ossia diagnosticare i sintomi dell’endotossicosi e dell’acidosi ruminale sub-clinica per stabilire se si è superata la corretta quantità di amido da inserire nella razione alimentare.

Altra strada classica per contrastare il bilancio energetico negativo è quella di aumentare la concentrazione di lipidi della dieta utilizzando alimenti che apportino acidi grassi come cotone integrale, oleaginose integrali o grassi rumino-protetti. I grassi hanno un potere energetico molto elevato al punto che la bovina da latte, nel dimagrire anche kg 1.5-2 al giorno, ne libera nel sangue dal tessuto adiposo grandi quantità sotto forma di acidi grassi non-esterificati (NEFA) generalmente lunghi e saturi come l’acido palmitico (C16:0) e l’acido stearico (C18:0). Questi acidi grassi vengono utilizzati per produrre grandi quantità di energia chimica (ATP). Si stabilisce però a questo punto un meccanismo perverso che porta spesso ad un cortocircuito. L’elevata presenza di NEFA nel sangue della bovina testimonia un elevato bilancio energetico negativo. Questa condizione viene registrata come negativa dall’ipotalamo e dal follicolo ed è quindi una delle principali cause di alterata attività riproduttiva. Quando si inseriscono fonti supplementari di grasso nella dieta, gli acidi grassi sono simili a quelli liberati dal tessuto adiposo per cui possono essere interpretati dai sensori metabolici ed ormonali della bovina come bilancio energetico ancor più negativo. In due lavori scientifici di T.Vanholder ed altri, pubblicati nel 2005 e nel 2006 su Animal Reproduction Science, si dimostra come l’acido palmitico, l’acido stearico e l’acido oleico (C18:1) abbiano effetti negativi in vitro sulle cellule della teca e della granulosa. Pertanto può succedere come per gli amidi che un abuso nel loro utilizzo possa sì aumentare la concentrazione energetica della razione ma avere anche gravi effetti collaterali negativi sia sugli ormoni dell’asse ipotalamo-ipofisario che sul follicolo ovarico. Sicuro è invece l’effetto positivo sulla fertilità degli acidi grassi polinsaturi della serie omega-3 (acido linolenico, EPA e DHA) che devono però essere accuratamente rumino-protetti in modo che il rumine non ne saturi rapidamente i doppi legami rendendo pertanto senza vantaggi il loro utilizzo.

La terza e più complessa via per aumentare l’energia della razione è quella di utilizzare fibre digeribili derivanti da foraggi ad alta digeribilità ruminale o da concentrati fibrosi come le polpe di barbabietola, le buccette di soia e i cruscami. La fermentazione ruminale delle emicellulose e delle cellulose produce grandi quantità di acido acetico e acido butirrico, utilizzabili per la produzione di energia e grasso del latte. Queste fermentazioni raggiungono il picco a pH più elevati scongiurando il rischio delle endotossicosi e dell’acidosi ruminale sub-clinica.

Fare foraggi di qualità è facile a dirsi ma più difficile a farsi in quanto le variabili metereologiche sono tante. Esiste però la possibilità di scegliere la cultivar la cui fibra è più digeribile di altre, l’insilamento o in alternativa gli essiccatoi del fieno. La raggiunta consapevolezza che gli amidi e i grassi non possono essere l’unica soluzione alla gestione del bilancio energetico negativo, e che anzi possono avere gravi effetti collaterali, permette serene riflessioni sul come migliorare la qualità delle fibre della razione e i necessari investimenti.