Vista la necessità di analizzare i costi di produzione del latte venduto, tanto vale iniziare dalla voce di costo di gran lunga più importante: il costo alimentare. In questa voce vengono raccolti diversi prodotti: foraggi (fieni, paglia alimentare, …), concentrati (mangimi commerciali, materie prime, integratori, latte in polvere) e prodotti alimentari occasionali (lieviti, booster o altri prodotti per il post parto, catturanti per aflatossine, ecc.).

I costi alimentari possono superare la metà del totale dei costi di un’azienda. E’ dunque su tale centro di costi che occorre puntare la lente di ingrandimento. E’ necessario chiedersi se stiamo acquistando la giusta tipologia di prodotto, è necessario chiedersi se stiamo acquistando al miglior prezzo reperibile sul mercato, è necessario chiedersi se esistono alternative di prodotto o di fornitore. Prego chi legge di non considerare queste ipotesi dei semplici modi di dire. Questi interrogativi nascondono spesso importanti risparmi.

Le vendite in agricoltura hanno una forte componente di relazione, ben maggiore di quanto si verifica in altri settori. A chi vende questo aspetto è noto. Non altrettanto coscienti di questo fatto  sono i titolari delle aziende agricole. Spesso il rapporto di conoscenza o di amicizia  sovrasta il prodotto o il prezzo. E così chi acquista viene “addormentato” all’ombra del forte legame con il venditore. “Ci conosciamo da 10 anni, siamo amici…” sono le migliori premesse per appartenere alla categoria di chi compra “male”. Ad esperienza di chi scrive, sono poche le aziende che comprano “bene”.  Con un minimo di impegno e di libertà, è praticamente certo che si può giungere a sensibili risparmi sui costi.

Da qualche anno alcune aziende hanno  familiarizzato con i contratti di fornitura di materie prime. Sono soluzioni in cui si blocca il prezzo, secondo le opportunità che il mercato offre, per forniture che verranno eseguite nei tempi e nelle quantità concordate. Si tratta di soluzioni interessanti che presuppongono che l’azienda sia in grado di stabilire a quale prezzo sia disponibile a “fermare” la fornitura. Un minimo di informazioni sui propri costi e ricavi è necessario a tale scopo, al fine di evitare di  “impiccarsi” con le proprie mani ad un prezzo, magari interessante, ma comunque al di sopra delle proprie possibilità; ovvero al fine di aspettare un prezzo tanto basso che mai arriverà, facendosi così scappare, se non eccellenti, almeno buone opportunità.

I costi di alimentazione, per chi alleva ruminanti quali sono le vacche da latte, non possono prescindere dai foraggi aziendali. E qui si apre una porta fondamentale per le aziende che vogliono restare sul mercato. Il reddito aziendale non può essere chiesto alla sola componente zootecnica. Senza buoni raccolti di foraggi aziendali, i conti faticano a tornare. Per buoni raccolti, mi riferisco sia alla qualità che alla quantità dei foraggi prodotti. Entrambe le cose riducono la necessità di acquisti sul mercato e danno la possibilità di creare valore aggiunto aziendale. Pur con tutti i distinguo, ritengo  necessario considerare la possibilità di estendere al limite del possibile le doppie coltivazioni.  Siamo nella condizione in cui non è più sufficiente chiedere alle vacche di produrre di più: anche la terra a disposizione ci deve dare di più.

I fienili e le trincee devono essere pieni di buoni foraggi. Questa è una  premessa indispensabile per un buon risultato economico.