Ritorno ancora sull’argomento della selezione e della genetica in quanto ritengo che, pur consapevole di rischiare di scaldare acqua bollente, nella maggior parte delle aziende siamo ben lontani dallo sfruttamento pieno di tale potente strumento di reddito. E non è da pensare che tale argomento riguardi sempre gli altri. La passione, il livello di spesa, la conoscenza delle linee di sangue non hanno di per sé alcun significato. Conosco un sacco di gente che discute fin allo stremo di calcio ma quando gli capita un pallone tra i piedi non sa che farsene.

Ritorno dunque su questo argomento in quanto credo che, a tutt’oggi, l’argomento della selezione sia incredibilmente sotto sfruttato ai fini del reddito, nonostante l’enfasi ed il gran lavoro di divulgazione e di vendita.

Quando vi si ragiona, non v’è chi non sia persuaso, pur con diversa enfasi, del fatto che la selezione meriti grande attenzione. Il fatto è che molto, molto frequentemente, ciò che contiene il bidone contraddice in tutto, o in buona parte, l’affermazione di prima.

E’ mia precisa convinzione, avvalorata da dati precisi peraltro, che in pochissimi stiano sfruttando appieno la potenza della genetica per creare reddito. Se non altro perché non hanno strumenti utili in tal senso. Diamo spesso per scontato che la selezione proceda e che, in questo procedere, offrirà il proprio contributo positivo al reddito delle aziende. L’unica cosa concreta, in realtà, è che la selezione offre diverse possibili scelte. Collegare tali scelte al reddito, preciso e misurabile, è il vero problema. E non basta farsi guidare dal buonsenso.

Assisto perplesso ad operazioni di marketing che, con la scusa del reddito, mirano semplicemente ad illudere chi sceglie il seme. Intanto tutti gli strumenti sviluppati in altre realtà economiche (Net Merit e simili, per essere espliciti) fanno riferimento a costi e ricavi diversi dai nostri e dunque, per questo, rischiano di portarci fuori strada. Così come gli indici “fai-da-te”: ognuno, a capocchia, crea un indice, anziché su dati di costi e ricavi, sulla propria sensibilità.

Il reddito è una cosa precisa, che si misura in euro, che dipende dalla differenza tra i costi ed i ricavi. Le semplificazioni sono accattivanti, servono ad acchiappare chi cerca soluzioni facili; purtroppo sono spesso anche banali, per quanto ben vestite.

Mi spiego meglio con un esempio di due tori. Questi i dati:

genetica 1

Si tratta di due tori disponibili in Italia. Direi che sono due ottimi ed importanti tori, con un GPFT molto simile.

La questione è che, per un’azienda che fa genetica per vendere latte, la differenza in termini di reddito tra le figlie dei due tori è molto diversa. Si tratta di una differenza di circa 330€ per ciascuna figlia nata. In un’azienda di 200 vacche, dove nascono 100 femmine per anno, la differenza di reddito annuale ammonta a circa 33.000€. Niente male!

Detto questo, quale dei due tori offre la possibilità di generare più reddito?

Quello che meno ti aspetteresti usando il comune buonsenso.

Ribadisco che, nella realtà italiana, la genetica è uno strumento potente e poco sfruttato per produrre reddito. Mi capita abitualmente di verificare le differenze di reddito che i diversi tori utilizzati in aziende reali possono offrire. Mediamente le differenze variano tra 300 e 500€ per ciascuna figlia nata. Mi è anche capitato di poter verificare, pur se non attraverso uno studio scientifico,  l’attendibilità di tale impostazione con risultati confortanti.

Se un giorno, oltre al nostro Ecomerit R – l’unico strumento di selezione su base economica sviluppato sui dati di costi e ricavi con cui si confrontano le nostre aziende – avremo un indice ufficiale pubblico, avremo delle belle e grandi sorprese. E ci accorgeremo di quanto poco abbiamo selezionato ai fini del reddito.

Dato che la genetica è uno strumento di medio periodo, sarà meglio partire prima possibile a selezionare per il reddito.