Una volta ci portavano in fattoria a gustare il latte appena munto; l’odore di fresco e le bollicine che sprizzavano in faccia, appena si beveva, ci regalavano un momento magico e al contempo ci facevano assaporare un prodotto unico e soprattutto integro. Siamo cresciuti così (ovviamente parlo della mia generazione – classe 60) a latte appena munto nella ciotola di rame e pane sminuzzato. Ricordo poi, che, con il passare degli anni, ci fu vietato di andare in azienda a chiedere una ciotola di latte appena munto dal capezzolo di vacca o di capra e di berlo direttamente sul posto, allo stesso modo fu vietata al contadino la distribuzione porta a porta del latte fresco. I Veterinari Ispettori di allora avevano preso coscienza del fatto che bere il latte crudo senza sanificarlo poteva essere pericoloso in quanto chi lo beveva poteva contrarre alcune malattie del bestiame come la brucellosi e la tubercolosi, malattie infettive  trasmissibili all’uomo (oggi conosciute come zoonosi). Mi rimasero impresse le bollicine, ben visibili a occhio nudo.  Mi fu spiegato che si trattava di un’interazione tra l’aria — che veniva imprigionata sotto forma di bolle — e il latte stesso. Da grande imparai che alcune componenti dell’alimento si stabilizzavano formando le bolle e che il sapore cremoso era fornito dal grasso del latte. Queste sostanze erano le proteine, componenti essenziali per la crescita.

Una volta superata la visita in fattoria sono stati raggiunti nuovi traguardi, come per esempio la realizzazione di impianti di distribuzione automatica di latte crudo, sia in azienda che all’interno di aree pubbliche o centri commerciali, per dare la possibilità a chi lo vuole di acquistare un prodotto dalle caratteristiche integre e di freschezza. Ognuno di noi ha così la possibilità di gustare del latte fresco, prelevato al distributore automatico, utilizzando un contenitore (bottiglia) portatosi da casa (adeguatamente pulita e sterilizzata) o un contenitore  (bottiglia e/o bicchiere) prelevato dallo stesso impianto della macchina e collocato a lato del distributore stesso.

Lo scenario passato e presente appena citato mi porta a fare delle riflessioni sulla commercializzazione del latte crudo.

Il latte crudo

Nell’era moderna, i distributori automatici hanno preso il sopravvento sostituendosi alla fattoria, cosa che appare comprensibile dal momento che il logorio della vita quotidiana e il consumismo sfrenato hanno portato i consumatori a richiedere cibi di facile accesso e di pronto consumo. I distributori automatici sono solitamente collocati nella stessa azienda agricola o in aree pubbliche di facile accesso. Questi sistemi costituiscono un’ottima opportunità dal momento che rendono semplice reperire un prodotto di fondamentale importanza per l’alimentazione, commercializzato senza subire processi di trasformazione, il tutto attenendosi a rigorose norme di igiene sanitaria e di sicurezza alimentare, che le stesse aziende devono scrupolosamente osservare.

Il latte crudo nella sua definizione originaria è il latte appena munto, il latte cioè prodotto mediante secrezione della ghiandola mammaria di vacca, che non ha subito trattamenti di sorta, non sottoposto a temperatura che superi i 40°C né a qualsiasi trattamento che determini un effetto equivalente.

Il latte crudo, dunque, è il latte tal quale, così come esce dalla mammella della vacca e che viene filtrato mantenendo la catena del freddo (refrigerazione a +4°C). Per questa sua natura si appropria dell’appellativo di “integro, naturale e fresco”:

naturale: perché viene succhiato direttamente dalla ghiandola mammaria e commercializzato tal quale direttamente al consumatore;
•  fresco: ovvero un prodotto che ha vita breve ed è quanto più possibile fresco.

Il processo produttivo del latte crudo avvicina direttamente il produttore al consumatore senza intermediazione nella fase di distribuzione. Si profila quindi un processo di filiera corta.

Nel 1989 fu introdotta una nuova legge: per problemi sanitari venne imposta la pastorizzazione (Legge n. 169/89). La pastorizzazione è una fase di processo applicata al latte che perviene crudo allo stabilimento di trasformazione e subisce un trattamento termico entro 48 ore dalla mungitura. Questa data segna il momento in cui il latte “crudo” viene pastorizzato assumendo la definizione di “latte fresco”, appropriandosi impropriamente della definizione di “fresco” che di più si addice al latte crudo appena munto e non pastorizzato. Oggi, con l’imponente richiesta di latte crudo venduto mediante i distributori automatici, si dovrebbe fare un passo indietro rispetto all’evoluzione normativa, riconoscendo che si tratta di un latte quanto più giovane possibile, non soltanto perché viaggia a filiera corta, ma anche perché il latte residuo nel “distributore” viene sostituito con il nuovo latte appena munto (sostituzione giornaliera). I tempi di conservazione sono infatti molto corti rispetto al latte trattato termicamente: la vita media è di 2-3 giorni (bollito arriva a una durata di 3 giorni senza problemi). Sarà cura del legislatore rimediare al vuoto normativo acquisendo nei termini di legge l’impostazione originaria di “latte fresco” per identificare un prodotto di qualità superiore, differenziandolo dal latte pastorizzato fresco e definendolo “latte crudo fresco”. Tutto ciò indirizzerebbe nella scelta il consumatore moderno e consapevole, distogliendolo dall’ambiguità di una  pubblicità ingannevole.

Come tutti gli alimenti consumati crudi (carne, pesce, uova, ecc…), anche il latte ha il vantaggio di mantenere inalterati tutti i suoi componenti, che verrebbero altrimenti in parte denaturati dal trattamento termico della pastorizzazione. Il consumo di latte crudo può però creare qualche problema qualora il consumatore non osservi alcuni accorgimenti. Per esempio, al momento dell’acquisto, non si deve interrompere la “catena del freddo” (da conservare in frigo) ed il prodotto deve essere bollito prima di essere consumato (circolare Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali del 10 dicembre 2008, Ministero poi soppresso nel 2009 e diviso in Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Ministero della Salute, Ndr). Il latte crudo prodotto nel rispetto delle norme igieniche alla stalla presenta una carica batterica in ragione delle condizioni igieniche di mungitura e del rispetto della catena del freddo. La politica sanitaria “dalla stalla alla tavola” richiede proprio di gestire questo passaggio, rispettando tutti i criteri di indagine in modo da ridurre al minimo le contaminazioni microbiologiche e le sofisticazioni chimiche.

Le condizioni igienico-sanitarie di stalla, degli impianti e delle attrezzature di mungitura è conditio sine qua non per evitare la sopravvivenza di contaminazioni microbiche e/o sofisticazioni chimiche. Poiché il latte è altamente depe-ribile, ed essendo prodotto dall’animale nella stalla — luogo dove pullulano numerosi microrganismi — si deve avere cura dell’igiene di tutto il processo produttivo, utilizzando prodotti di sanificazione specifici ed efficaci.

La vendita di latte crudo per il consumo umano: applicazioni tecniche e consigli utili

Il quadro normativo sul latte e derivati assume una connotazione legislativa comunitaria con l’applicazione dei regolamenti del cosiddetto “pacchetto igiene”. Nello specifico, il Regolamento n. 853/2004 inquadra il settore lattiero-caseario dettando le norme relative all’igiene nella produzione del latte in stalla, nella trasformazione e nella commercializzazione. L’art. 10, comma 8, lettera a) autorizza gli Stati Membri alla commercializzazione di latte crudo per il consumo umano diretto dopo la mungitura, a condizione che non subisca alcun trattamento termico e sia mantenuta costante la catena del freddo (refrigerazione a 0/+4°C). L’Allegato A del regolamento prevede la vendita diretta del latte crudo nell’azienda di origine: “in tal caso si ha la compravendita per “cessione diretta di piccoli quantitativi, derivanti dalla produzione primaria dal produttore al consumatore finale o cessione per compravendita al dettaglio locale”; da premettere che il suddetto commercio esula dal campo di applicazione del Regolamento n. 853/2004 CE e dagli altri regolamenti del pacchetto igiene che dettano le norme per l’OSA (Reg. n. 852/2004) e (Reg. 2073/2005); distributori di latte automatici o macchine erogatrici, “milk-machine”, self-service, dispenser, ecc… che sono situati all’esterno dell’azienda agricola, o in luoghi di facile accesso all’utente/consumatore: il distributore automatico può essere installato presso chioschi, postazioni isolate in luoghi pubblici in cui si commercializzano prodotti alimentari, presso fiere o mercati agricoli e zootecnici, sulle aree pubbliche mediante automezzi adibiti a negozio mobile, o banco temporaneo.

Vendita di latte crudo in azienda

Per la commercializzazione del latte crudo in azienda si deve assolvere al dettato normativo previsto dall’Allegato III, sezione IX, capitolo I del Regolamento n. 853/2004 e alle disposizioni stabilite nell’Allegato I del Reg. n. 852/2004 sulla produzione primaria, in riferimento alle registrazioni riportate al punto III dello stesso allegato. Nell’autocontrollo aziendale devono essere rispettati tutti i parametri relativi all’igiene e alla sicurezza alimentare:

• controllo dei parametri relativi all’igiene del latte crudo previsti dalla normativa (carica batterica, cellule somatiche, ecc…);
• procedure di pulizia e sanificazione dei locali;
• procedure di pulizia e sanificazione degli strumenti e delle attrezzature utilizzate per lo stoccaggio del latte refrigerato;
• procedure di tempo e temperatura di conservazione e trasporto del latte;
• procedure di pulizia e sanificazione dei contenitori adibiti al trasporto del latte crudo;
• procedure di pulizia e sanificazione di mezzi di trasporto;
• procedura di pulizia e sanificazione dell’erogatore;
• procedure relative ai controlli che si reputa opportuno effettuare (per esempio, aflatossine M1) o contaminazioni di origine ambientale (per esempio, residui di pesticidi, diossina, tossine di origine fungina) ingerite dall’animale con il foraggio.

Il rispetto di tali criteri, secondo quanto previsto dal Regolamento n. 853/2004, va monitorato effettuando almeno due prelievi al mese. Se si superano i limiti della carica batterica e/o delle cellule somatiche si ha la cessazione della vendita del latte crudo fino alla risoluzione delle non conformità e il latte non può essere sostituito con altro latte proveniente da aziende diverse da quella registrata ai sensi del Regolamento n. 852/2004. Per la prevenzione delle infezioni da Escherichia coli verocitotossici invece, l’azienda produttrice di latte crudo, ai fini della commercializzazione, deve effettuare in autocontrollo le analisi in allevamento su campioni di feci e di latte, finalizzate ad escludere in caso di positività gli animali portatori di E.C.V.

Vendita di latte crudo ai distributori automatici

La vendita di latte crudo ai distributori automatici richiede alcune prerogative importanti. Tra queste, la provenienza del latte, che deve appartenere all’azienda produttrice che ha fatto esplicita richiesta ai servizi veterinari per la vendita diretta di latte crudo dal produttore al consumatore e non includere latte raccolto da aziende diverse. L’azienda produttrice di latte crudo deve valutare in autocontrollo i criteri di indagine igienico sanitari riferibili all’allevamento e all’igiene delle attrezzature per la mungitura. Essi sono:

• Staphyloccoccus aureus coagulasi positiva (per ml) n = 5 m = 500 M = 2000 c = 2;
• Listeria monocytogenes assenza in 25 ml, n = 5 e c = 0;
• Salmonella spp assenza in 25 ml, n = 5 e c = 0;
• Escherichia coli 0157 assenza in 25 ml, n = 5 e c = 0;
• Campylobacter termotolleranti assenza in 25 ml, n = 5 e c = 0 (raccomandazione CE 2005/175);
• Aflatossina M1 ≤ 50 ppt.

I controlli dei germi patogeni devono essere effettuati con cadenza mensile. Dopo tre esiti favorevoli consecutivi, i controlli per Staphyloccoccus aureus e Listeria monocytogenes possono essere effettuati con cadenza trimestrale, mentre quelli relativi a Salmonella, Escherichia coli verocitotossici e Campylobacter, possono essere effettuati con cadenza semestrale, salvo diverso parere del servizio veterinario. I controlli per le contaminazioni da aflatossina M1 devono essere effettuati con cadenza mensile e, dopo tre esiti favorevoli, possono essere effettuati in base a una valutazione del rischio, prendendo in considerazione l’alimentazione degli animali.

I distributori automatici devono possedere i seguenti requisiti:

• essere di facile pulizia e disinfettabili internamente ed esternamente;
• essere posizionati al riparo dalla luce solare diretta e in modo da poter usufruire di acqua potabile per la pulizia e la sanificazione;
• le superfici che vengono a contatto con il latte devono essere di materiali idonei al contatto con gli alimenti;
• garantire una temperatura del latte non superiore a +4°C e non inferiore a 0°C;
• essere collocati lontani da finestre o porte con vetri per garantire la protezione dai raggi solari;
• avere il rubinetto di erogazione costruito in modo tale da non essere esposto a insudiciamenti e contaminazioni; inoltre, deve essere facilmente smontabile per consentirne la pulizia e la sanificazione;
• essere dotati di un termometro-registratore a lettura esterna da sottoporre a taratura periodica attestata da un ente riconosciuto; le registrazioni devono essere conservate nell’azienda per un anno;
• avere un dispositivo che impedisca l’erogazione in caso di interruzione dell’elettricità con il conseguente superamento della temperatura di +4°C.

I distributori automatici devono riportare in modo chiaro, visibile e leggibile all’acquirente le seguenti diciture:

• denominazione di vendita (latte crudo di specie);
•  ragione sociale e sede dell’azienda agricola che effettua la vendita;
•  obbligatoriamente deve essere riportata la dicitura “latte crudo non pastorizzato”;
• la data di mungitura;
• la data di fornitura all’erogatore;
• la data di scadenza;
• istruzioni per la conservazione domestica: in frigo a temperatura compresa tra 0 e +4°C.

Nel caso in cui l’erogatore disponga di un dispositivo di imbottigliamento, i contenitori dovranno riportare in etichetta le diciture:

• denominazione di vendita (latte crudo di specie);
• la quantità netta (litri);
• la data di confezionamento (giorno/mese/anno);
• la data di scadenza (giorno/mese/anno);
• ragione sociale dell’allevamento di produzione con indicazione completa della sede dell’azienda da cui proviene e numero di registrazione;
• istruzioni per la conservazione domestica: in frigorifero a temperatura tra 0°C e +4°C.

Deve essere riportata, infine, la dicitura obbligatoria di “latte crudo non pastorizzato”. Il servizio veterinario territorialmente competente è tenuto ad effettuare i controlli ufficiali previsti dal Regolamento n. 882/2004 CE con la frequenza che ritiene opportuna, tenendo conto anche dell’analisi del rischio. Essendo l’organo di controllo ufficiale, l’autorità preposta a garantire la sicurezza alimentare deve essere favorita nella possibilità di accesso al controllo documentale dell’autocontrollo predisposto dall’azienda.

Conclusioni

La civiltà odierna si avvale di strumenti sempre più sofisticati per garantire la sicurezza degli alimenti: la riscoperta da parte del consumatore del cibarsi di alimenti crudi come il latte, la carne, il pesce, le uova, ha fatto sì che le moderne tecniche, e soprattutto il progresso scientifico, avvicinassero il produttore al consumatore, offrendo prodotti altamente deperibili e quanto più possibile freschi, proprio come succedeva ai tempi della vecchia fattoria (oggi si dice a km 0). Il latte crudo ha il vantaggio di essere un prodotto integro e di mantenere inalterati i suoi componenti (proteine, vitamine, grassi, ecc…), che verrebbero in parte denaturati con il trattamento termico di sanificazione della pastorizzazione. Inoltre, è un prodotto naturale e proprio perché ha una filiera corta e una vita breve, può essere appropriatamente considerato “fresco”, da differenziare dal latte pastorizzato fresco, in quanto non subisce alcun trattamento termico di sanificazione, al di là della bollitura prima del consumo a scopo cautelativo, e la conservazione in frigorifero. Sarà cura del legislatore, come anzi detto, colmare il vuoto normativo inserendo nei termini di legge l’impostazione originaria di “latte fresco” al latte crudo appena munto, per distinguere e identificare un prodotto di qualità superiore rispetto al prodotto trattato/pastorizzato. È buona norma consumare il latte crudo dopo averlo bollito, mentre in passato esso veniva offerto tranquillamente anche a bambini, anziani e, soprattutto, a donne in stato di gravidanza, in quanto si credeva “irrobustisse” sia la puerpera che il feto.

Oggi questa usanza si è perduta, in quanto si è a conoscenza del fatto che il latte crudo, per la sua stessa composizione, costituisce un pabulum (cioè una zona di pascolo, Ndr) per la crescita di microrganismi patogeni e che, a causa delle condizioni sanitarie di stalla, gli agenti infettanti possono divenire veicolo di malattie trasmissibili dagli animali all’uomo (zoonosi), come la brucellosi, la listeriosi, la salmonellosi e la tubercolosi. Va comunque ricordato che i piani di eradicazione, relativi alle malattie infettive trasmissibili negli allevamenti, hanno ridotto notevolmente le patologie nell’uomo legate al consumo di latte crudo.

Batteri presenti negli animali da latte, che possono essere trasmessi all’uomo in seguito a ingestione di latte crudo sono:
Escherichia coli 0157, che è inerte negli animali mentre nell’uomo, e soprattutto nei bambini, è causa della sindrome emolitica uremica (SEU);
Salmonella e Campylobacter che provocano forme gravi di gastroenterite; Listeria monocytogenes, che nei casi gravi provoca meningite e che nelle donne in gravidanza è causa di aborto.

Per ovviare agli inconvenienti di tipo salutistico nell’uomo, appare quanto mai opportuno consumare il latte crudo solo dopo bollitura. Come più volte ribadito il latte crudo può essere reperito direttamente sia in stalla, per la produzione primaria e consumo di piccoli quantitativi, che ai distributori automatici, per il consumo giornaliero (latte munto la mattina e residuato per una giornata intera al D.A.). Il Regolamento n. 853/2004 CE regola l’immissione sul mercato di latte crudo. Con l’aumento dei distributori automatici di latte crudo nel nostro ordinamento si è resa necessaria l’adozione di un provvedimento per regolarizzare la commercializzazione nazionale di tale prodotto (intesa Stato/Regioni del 25 gennaio 2007). Mentre, a garanzia delle misure di protezione della salute, viene di anno in anno prorogata l’Ordinanza ministeriale del 10 dicembre 2008, recante misure urgenti in materia di produzione, commercializzazione e vendita diretta di latte crudo.

Nell’Ordinanza viene disposto l’obbligo di rendere ben visibile la scritta sui distributori automatici “prodotto da consumarsi dopo bollitura”, considerato che il trattamento termico è il processo in grado di distruggere i germi patogeni. La nuova Ordinanza contiene l’obbligo di pastorizzazione del latte crudo utilizzato per la preparazione di gelati, a scopo cautelativo, poiché, se non subisce il trattamento termico, può costituire pericolo per la salute del consumatore comportando i medesimi rischi connessi all’assunzione diretta.

Ai giorni nostri il consumo di latte crudo si dice che “fa tendenza”: in ambiente agricolo sia i produttori che i consumatori sanno bene che deve essere assunto dopo bollitura; un po’ meno nelle città e in ambiente urbano, dove il consumatore potrebbe assumerlo tale e quale. A tale proposito occorre fare un po’ di chiarezza sul consumo di latte crudo, sulla conseguente bollitura e sui soggetti maggiormente colpiti da infezioni dovute al consumo del prodotto, partendo dal presupposto che il rischio “zero assoluto” non esiste:

• la bonifica sanitaria degli allevamenti ha ridotto notevolmente alcune patologie correlate all’uomo in seguito a ingestione di latte crudo (zoonosi), mentre la sanificazione delle attrezzature di stalla (apparecchi per la mungitura) è una condizione imprescindibile per evitare lo sviluppo di microrganismi patogeni;
• la restante responsabilità è attribuita al consumatore che deve osservare scrupolosamente alcuni accorgimenti, a cominciare dal prelievo del latte ai distributori automatici, possibilmente con borse termiche in modo da non interrompere la catena del freddo, e che deve continuare a casa con la conservazione del prodotto in frigorifero e la bollitura;
• il processo di bollitura richiama il trattamento termico della pastorizzazione, processo industriale che si applica al latte destinato alla Grande Distribuzione. Il trattamento termico della bollitura in ambiente domestico è una fase delicata che, se effettuata in maniera brusca, potrebbe compromettere lo status quo ante (“lo stato del prodotto prima”, Ndr), portando il latte alla denaturazione dei nutrienti ed all’alterazione delle caratteristiche organolettiche che lo compongono. Questo si verifica nel latte bollito per troppo tempo che emana il caratteristico odore sulfureo e determina la formazione di una patina (velo) in superficie. Il latte deve essere bollito per pochi minuti;
• nella vecchia fattoria il latte crudo veniva offerto da bere ai bambini, alle donne incinte e alle persone anziane per irrobustirsi: ai giorni nostri il consumo di latte crudo senza particolari accorgimenti rappresenta una possibile causa di infezioni, come ad es. la SEU.

In controtendenza rispetto al passato, perché probabilmente alcune malattie erano ignorate, il rischio effettivo di contrarre patogeni provenienti dal latte contaminato sussiste nelle persone che hanno un sistema immunitario compromesso. Ciò non significa che il latte crudo non possa essere assunto anche dai soggetti compromessi, in quanto i batteri per potersi sviluppare nel latte devono avere le condizioni favorevoli alla crescita (quindi se bollito non ci sono problemi); mentre gli utenti sani hanno una probabilità di rischio inferiore e possono mangiare cibi crudi (latte, carne pesce, uova, ecc…), assicurandosi comunque che la produzione sia locale e che il produttore abbia messo in atto le cautele a favore del consumatore sulla sicurezza alimentare.

Infine, la nuova Ordinanza prevede tra le altre misure cautelative che il responsabile della macchina erogatrice di latte crudo escluda la disponibilità di contenitori destinati al consumo locale del prodotto (bicchieri). Dunque “addio bollicine”? No, a casa si può ricorrere alle moderne tecniche delle macchine da caffè espresso, in cui vapore e pressione incorporano aria al latte in modo da trasformare le proteine in una abbondante schiuma. Si ottiene di più questo effetto se si utilizza latte crudo quanto più fresco possibile.