
La depressione da consanguineità si riferisce alla diminuzione del valore fenotipico medio degli individui che presentano alti livelli di consanguineità (REF).
Questo fenomeno è stato già documentato nel XIX secolo da Charles Darwin, che aveva studiato 57 specie di piante e osservato che la prole di piante autofecondate era più bassa, pesava meno, fioriva più tardi e produceva meno semi rispetto alla prole di piante non imparentate (REF).
Sin dai tempi di Darwin, quindi, la depressione da consanguineità è stata documentata per un’ampia gamma di specie vegetali e animali, e per popolazioni sia selvatiche che domestiche.
La depressione da consanguineità è causata da un aumento dell’omozigosi associata alla consanguineità, che riduce l’espressione degli effetti di dominanza (REF).
Il fenomeno può essere spiegato in diversi modi, qui ne proponiamo uno.
Il genoma dei bovini contiene circa 22 000 geni. Ci sono 60 cromosomi, che fanno 30 coppie di cromosomi omologhi. Di queste coppie, normalmente una arriva dal padre e una dalla madre.
Dati i 22 000 geni, essendoci due cromosomi omologhi, un individuo potrebbe astrattamente portare:
- 22 000 varianti singole se entrambi i cromosomi omologhi portassero la stessa,
- 44 000 varianti singole se i due cromosomi omologhi ne portassero due diverse.
Anche se questi sono casi astratti e difficilmente reperibili nella realtà, in assoluto ciò potrebbe succedere. In generale, il numero di varianti portate da un singolo individuo sta nel mezzo.
Ora, l’individuo che portasse un maggiore numero di varianti diverse avrebbe un repertorio di informazioni molto più ampio da cui attingere.
Avrebbe un manuale con migliaia di istruzioni in più, che gli servirebbero per crescere, produrre latte, respingere i patogeni e tollerare il caldo e gli altri stress. L’individuo con meno varianti avrebbe molte meno istruzioni. Di conseguenza, avere un maggior numero di geni implica avere maggiore conoscenza biologica innata ed essere più pronti e reattivi ai cambiamenti dell’ambiente che ci sta intorno.
Per di più, possono entrare in gioco effetti di dominanza ed epistasi. In pratica, un manuale con 44 000 istruzioni non ha semplicemente il doppio delle istruzioni di un manuale con 22 000 istruzioni. Ha molte istruzioni in più. Questo perché l’organismo può mettere insieme le informazioni date dalle varie istruzioni, per cui “2+2 fa 5”, in un certo senso.
Qui si capisce come mai sia importante avere molte e diverse varianti di quei geni, soprattutto in un contesto dove gli stress ambientali sono sempre dietro l’angolo.
La depressione da consanguineità è stata ampiamente documentata per gli animali in produzione zootecnica e altre popolazioni animali e vegetali. In genere ci si aspetta che la consanguineità abbia un effetto sfavorevole più forte sui caratteri di fitness e salute rispetto ad altri.
Tradizionalmente, il grado di depressione da consanguineità nel bestiame è stato stimato grazie a coefficienti di consanguineità basati sul pedigree. Con la crescente disponibilità di dati genomici, la consanguineità del pedigree può ora essere sostituita da misure basate su marcatori molecolari.
Nel 2021, Doekes et al. (REF) hanno condotto una meta-analisi di 154 studi, pubblicati dal 1990 al 2020 su sette specie di animali in produzione zootecnica, e hanno confrontato il grado di depressione da consanguineità tra diversi gruppi di caratteri e tra diverse misure di consanguineità basate sul pedigree o marcatori molecolari.
La consanguineità ha avuto un effetto sfavorevole su tutti i tipi di caratteri e non vi è stata alcuna prova di un effetto più forte sui caratteri di fitness primari, ad esempio caratteri di riproduzione e sopravvivenza, rispetto ad altri caratteri come la produzione o caratteri morfologici.
Le stime basate sui marcatori molecolari sono risultate più accurate, suggerendo una maggiore affidabilità per questo tipo di misura.
Oltre a fornire misure più accurate per la stima degli indici genetici, i dati genomici offrono ulteriori opportunità per studiare il background genetico della depressione da consanguineità.
Ora, quanto grave è il problema?
Da una parte c’è una perdita di produttività e di benessere che può rimanere impercettibile perché moderata e mascherata, ma che comunque sia c’è e andrebbe considerata.
La consanguineità si accumula anche con la selezione e il progresso genetico che ne deriva, qualora questo riesca a compensare la depressione da consanguineità, il problema è contenuto. Ma potrebbe arrivare un momento in cui la variabilità genetica si esaurisce. Così, il progresso genetico dovrà per forza rallentare e la depressione da consanguineità inizierà a farsi sentire più forte.
In parte, la depressione da consanguineità si potrebbe risolvere da sola. L’efficienza della selezione contro varianti geniche deleterie è aumentata dalla consanguineità stessa, grazie a un processo chiamato “purging” (REF). Data la fitness ridotta degli individui portatori di tali varianti, questi non si riprodurranno e tali varianti verranno quindi eliminate dalla popolazione.
Questo è un fenomeno che funziona abbastanza bene a livello di popolazione, ma a livello di singola animale o di azienda ci sarebbero comunque delle perdite economiche e in termini di benessere animale.
Le associazioni di razza si muovono da tempo per proporre schemi selettivi e piani di accoppiamento che limitino la perdita di diversità genetica nella popolazione e contengano l’accumulo di consanguineità negli individui.
Come questo possa essere fatto, lo vedremo nei prossimi articoli.
Bibliografia
Crow, J.F.; Kimura, M. Inbreeding. In An Introduction to Population Genetics Theory; Harper and Row: New York, NY, USA, 1970.
Lynch, M.; Walsh, B. Inbreeding depression. In Genetics and Analysis of Quantitative Traits, 1st ed.; Sinauer: Sunderland, MA,USA, 1998.
Darwin, C.R. The Variation of Animals and Plants under Domestication, 1st ed.; John Murray: London, UK, 1868.
Doekes,H.P.; Bijma,P.; Windig, J.J. How Depressing Is Inbreeding? A Meta-Analysis of 30 Years of Research on the Effects of Inbreeding in Livestock. Genes 2021, 12,926.