La differenza tra cationi ed anioni nella dieta (DCAD) misura il suo contenuto dei principali ioni osmoregolatori (Na+, K+, Cl, S), così detti perché giocano un ruolo critico nel mantenere l’equilibrio osmotico nei vari tessuti. Essi influenzano inoltre la quantità di acqua di bevanda ingerita, la concentrazione ionica nelle urine e la sostanza secca delle feci.

Principali cationi e anioni nei tessuti
Sangue:Na+, Cl-, HCO3-
Cellula:K+, AA e proteine -
Succo ruminale:Na+, K+, VFA-

Negli ultimi 20 anni si è rivolta l’attenzione al DCAD per la sua importanza nel favorire od ostacolare la mobilizzazione del calcio dalle ossa nel periodo del parto. Infatti un DCAD troppo elevato può portare ad ipocalcemia subclinica o clinica, in quanto, se la carica elettrica dei fluidi circolanti è troppo elevata, l’alcalosi metabolica che ne deriva inibisce la secrezione di paratormone, necessario per la mobilizzazione del calcio. Si è quindi cercato di limitare l’apporto di potassio (il catione più forte) o, ove non fosse possibile, di neutralizzare la carica elettrica della razione in preparto tramite apporti di anioni nella dieta. In questo caso, bisogna porre molta attenzione al contenuto di Ca+ e Mg+ nella dieta stessa, dal momento che l’anionizzazione ne aumenta l’escrezione urinaria. Un buon indicatore della situazione è infatti il pH delle urine, che permette una verifica semplice dell’efficienza delle strategie alimentari.

Altrettanto importante, e forse un po’ misconosciuto, è il concetto di DCAD in lattazione. Innanzitutto, l’equazione che viene più comunemente utilizzata per misurarlo è (Na + K) – (Cl + 0.6 S). L’ultima metanalisi pubblicata nel 2015 da Erdman ha riportato effetti quadratici riguardo all’ingestione di sostanza secca e la produzione di latte, e lineari per la percentuale di grasso e la produzione totale giornaliera di grasso (fig.1) quando il DCAD aumenta. Risultati analoghi sono stati ottenuti sulla digeribilità della sostanza secca e dell’NDF (fig. 2).

Figura 1. Assunzione di sostanza secca (A), produzione di latte (B), percentuale di grasso nel latte (C), e resa in grasso del latte (D) in risposta all’aumento del DCAD.

 

Figura 2. Effetto del DCAD sulla digeribilità della sostanza secca (DM) e dell’NDF.

Questi ultimi dati hanno un probabile riscontro nella maggiore efficienza dei batteri cellulosolitici in un ambiente ruminale maggiormente tamponato e con minori rischi di acidosi subclinica. Bisogna quindi raggiungere valori di DCAD oscillanti tra +400 e +500 per ottimizzare questi parametri. È importante però notare che le variazioni di 3 dei 4 ioni considerati (K, Cl e S) sono molto rilevanti negli alimenti, mentre il contenuto di sodio è generalmente molto basso. Inoltre, il fabbisogno dei due principali anioni va rispettato in quanto lo zolfo è necessario per la biosintesi degli amminoacidi solforati, e il cloro è fondamentale per il mantenimento dell’equilibrio osmotico.

È quindi fondamentale poter “cationizzare” la razione al minor costo econapporti di sodio e potassio in forma molto biodisponibile. Nel caso del sodio, è necessaria un’integrazione, per la sua scarsa presenza negli alimenti, con sodio cloruro, che però è neutro dal punto di vista del DCAD (infatti il cloro bilancia il sodio), oppure con bicarbonato. Il confine tra DCAD e tamponamento è molto labile, in quanto il mantenimento di una buona osmolarità ruminale amplifica gli effetti positivi del DCAD diminuendo l’effetto acidificante degli AGV, ma altri efficaci tamponi, come il carbonato misto di calcio e magnesio o il litotamio, non intervengono a modificarne i valori.

Veniamo dunque al potassio, croce e delizia di ogni razionamento dal punto di vista macrominerale. Il contenuto di potassio dei foraggi varia moltissimo in relazione alla loro natura (più rappresentato nei foraggi di origine nordica, meno nelle piante originarie delle zone tropicali), al loro stadio vegetativo (in quanto aumenta con l’invecchiamento della pianta), alla sua funzione plastica nelle zone internodali (leguminose>graminacee) e al tipo e al grado di concimazione.

Aumentare il potassio e rendere maggiormente positivo il DCAD utilizzando foraggi troppo maturi, con un contenuto di NDF più lignificato e meno digeribile, è quindi controproducente in una bovina ad alta produzione.

In questi stessi animali la secrezione di K nel latte è più alta, così come lo è la sua escrezione nelle urine, (fig. 3) a parità di potassio ingerito. Il fenomeno si accentua nei mesi estivi a causa del meccanismo della sudorazione che ne provoca un’ulteriore perdita. Quindi, nel caso di vacche ad alta produzione o nei mesi estivi, è consigliata una concentrazione di potassio dell’1.7-1.8%, che permette di mantenere un DCAD tra +400 e +500 meq/kg SS, rispettando i fabbisogni degli altri tre componenti dell’equazione.

Figura 3. Ritenzione apparente di potassio a diversi giorni di lattazione.

Molto interessanti gli studi in cui Jenkins ha fornito una spiegazione all’aumento di grasso nel latte legato all’aumento del DCAD, e in particolar modo del potassio nella dieta. Sappiamo infatti che la parziale bioidrogenazione dell’acido linoleico (c18:2) inizia dando origine ad una serie di CLA (acidi linoleici coniugati), dove per l’azione degli enzimi microbici, i doppi legami vengono spostati. Uno di questi isomeri, il trans 10-cis 12 è un potente inbitore, anche a bassissimi dosaggi, della sintesi di grasso nel latte a livello mammario. Jenkins notò che la produzione di questo isomero aumentava a pH bassi, in confronto a quella degli altri isomeri “buoni” (trans 11). Nelle prove condotte in seguito, l’aggiunta di tre dosaggi di carbonato di potassio a diete acidogene causò aumento della produzione di latte, e soprattutto un aumento del titolo lipidico (tab.1).

Tabella 1. Variazioni di pH, VFA e intermedi di bioidrogenazione in colture continue a dosaggi crescenti di K2CO3

Contestualmente si notava un aumento del pH ruminale e del rapporto acetato/propionato, ed uno shift nella produzione degli isomeri verso il trans 11, effetto che non venne ottenuto con l’idrossido di sodio (tab 2).

Tabella 2. Peso corporeo, assunzione di sostanza secca, produzione di latte e produzione dei componenti del latte in uno studio sul DCAD ad inizio lattazione.

In seguito questo effetto venne confermato: anche in diete con alto tenore di grassi, il potassio svolgeva un’azione positiva per il tenore lipidico.

Si può quindi concludere che il potassio, fondamentale per il mantenimento dell’equilibrio osmotico intracellulare, cofattore di molti enzimi, fondamentale per la trasmissione nervosa e per il buon funzionamento di cuore reni e muscolatura liscia, svolge un effetto, non solo di tamponamento generico, ma di azione sulla popolazione microbica, favorendo la sintesi di intermedi lipidici, che non causano depressione del titolo di grasso.

 

DOI 10.17432/RMT.2018-2703