I dati sono il petrolio del futuro, si dice. Ed in effetti, qualcuno, sulla gestione dei dati ha costruito degli imperi economici: vedi Google e varie altre piattaforme,o la GDO con le tessere punti che tracciano i nostri acquisti al supermercato. L’analisi dei dati consente, a chi li sa leggere, di prendere decisioni in modo avveduto e di indirizzare i propri sforzi operativi guidati dall’analisi di questi dati. Non è un mistero che alcuni supermercati di città, analizzando e profilando gli acquisti, facciano trovare a determinate ore del giorno, verso sera ad esempio, una maggiore varietà di alimenti destinati ai single. E’ infatti a quell’ora, usciti dal lavoro, che di solito i single fanno la spesa.

In ogni settore di attività, la capacità di produrre dati oggi è immensa. La capacità di rilevare, stoccare ed analizzare questi dati è tuttavia un’attività molto più delicata e non così facile.

Nel nostro settore, un’azienda con una dotazione non eccelsa di strumenti di rilevazione produce diverse migliaia di dati al giorno. Pensiamo ad una stalla con il semplice rilevamento dei calori, la misurazione delle produzioni in sala di mungitura, il controllo delle temperature per l’impianto di raffrescamento ed i vari eventi della normale routine di stalla quali fecondazioni, parti, mastiti, trattamenti ecc. Dato che ne siamo strenui alfieri, aggiungiamo i dati economici generati dall’attività che le aziende zootecniche svolgono.

Se ci fermiamo a questo punto, già abbiamo abbastanza su cui riflettere relativamente all’organizzazione della rilevazione ed elaborazione dei dati.

Desidero ora spostare l’attenzione sulle decisioni che vengono prese in azienda a partire dai dati rilevati.

Credo sia una ovvietà affermare che il fine principale del rilevare dati sia quello di prendere le migliori decisioni. Siano esse di acquisto, di indirizzo, di organizzazione, di procedure e di responsabilità.

Non proprio un’ovvietà.

Spesso le decisioni vengono prese a prescindere da quel che dicono i dati. Anche non prendere una decisione evidenziata come opportuna dai dati è una decisione.

Scendiamo a terra con alcuni esempi.

  • Sono poche le vacche che eliminiamo per scarsa produzione. Quando lo facciamo è quasi sempre perché non sono gravide ed hanno giorni di lattazione lunghissimi. Eppure ci ostiniamo a dare un peso sproporzionato al latte rispetto alla fertilità nella selezione. Molto spesso, guardando i dati sulle cause di eliminazione nella propria stalla, dovremmo dare molta enfasi alla fertilità, alla deambulazione, alla resistenza alle malattie. Eliminiamo le vacche per un motivo e selezioniamo per un altro! E’ curioso!
  • Un discreto numero di aziende non ottiene adeguate soddisfazioni in termini di premi sulla qualità del latte. Dico “non adeguate”, che non significa necessariamente penalizzazioni. Parliamo di 1 o 2 centesimi per litro di latte. Spesso, le azioni che si intraprendono non sono in linea con l’urgenza dell’impatto economico generato. Mi riferisco alla selezione, all’alimentazione, alle routine di mungitura e gestione, alla qualità degli alimenti. Eppure i dati sottolineano questa realtà.
  • Paghiamo dei professionisti – tipicamente veterinario e podologo – e poi adattiamo le azioni sulle singole vacche o sulla mandria secondo il nostro personale giudizio. Per non parlare “dell’aggiustamento” delle razioni alimentari…

Se abbiamo una registrazione dei dati seria, non carente né eccessiva (anche questo aspetto è un problema!), e se tali dati sono elaborati in modo intelligente, disponiamo delle informazioni necessarie per prendere le decisioni adeguate.

Il problema consiste nel verificare se le nostre decisioni sono prese a partire dai dati o a prescindere da essi. Se le decisioni, piccole o grandi, sono guidate da un’analisi consistente dei dati e delle informazioni, i risultati attesi non tarderanno ad arrivare.

Se le decisioni sono prese a prescindere da essi, che dire: auguri!