Nelle valutazione del costo di produzione degli alimenti prodotti in azienda a seconda di come vengono attribuiti ( al costo o al valore o mediati) possono dare margini operativi differenti.

L’azienda agricola è, per definizione, una unità produttiva articolata. Come diverse imprese in altri settori economici. Il risultato economico finale, giacché è questo il nostro giudice, è il risultato di tanti risultati parziali ottenuti nei diversi settori di cui si compone l’azienda. Un’industria che produca lavatrici, ad esempio, esaminando i propri risultati non buoni può decidere di sezionare la propria attività in settori e così scoprire che le vendite sono scarse a causa della scarsa durata del prodotto; può scoprire che acquista male le materie prime che gli servono;  può scoprire che tiene in magazzino scorte di materie prime o prodotti finiti eccessive; … può scoprire tante cose. Ed ognuna di esse ha una soluzione propria. Solo la soluzione di quella causa può portare a risultati in linea con le attese.

In zootecnia è la stessa cosa. Produciamo poco in totale? Produciamo poco per capo? Acquistiamo male? Coltiviamo male? Proviamo ad esaminare quest’ultimo aspetto.

Ho conosciuto aziende in grandissima difficoltà pur con una stalla veramente ben condotta e con dati di grande valore. Possibile? L’inefficienza della parte agricola dell’attività – la campagna – sovrastava l’efficienza della stalla. Ecco una buona ragione per organizzare il proprio conto economico in centri di costo tali da rendere possibile la definizione dei costi di produzione della parte agricola (foraggi e granaglie principalmente). A questo punto è utile dividere idealmente l’azienda come se la parte agricola cedesse alla stalla i propri prodotti. Il costo di trasferimento dovrebbe essere effettuato al presumibile costo di mercato di tali prodotti. In altre parole la parte agricola dovrebbe comportarsi come se  potesse decidere a chi vendere : al libero mercato o alla stalla?  Il valore di realizzo di questa vendita virtuale alla parte zootecnica dell’azienda, deve essere almeno sufficiente a coprire i costi di produzione della campagna (trattori e macchinari, personale, sementi, affitti a terzi o a sé per i terreni di proprietà, gasolio, ecc.)

La produzione di latte costituisce infatti la successiva trasformazione dei prodotti agricoli vegetali in prodotti di origine animale (latte e carne). Perché la trasformazione abbia senso deve creare valore aggiunto, ora o nella media degli anni. Se la trasformazione in latte riduce il valore della produzione agricola della nostra azienda, significa che stiamo bruciando risorse.

La definizione del costo di trasferimento è materia complessa e assai dibattuta. In questa sede vale solo la pena di sottolineare il principio: l’analisi dei punti critici aziendali suggerisce di poter disporre di dati ed elementi utili ad individuare i segmenti aziendali la cui attività deve essere sotto la lente d’ingrandimento. Solo la diagnosi corretta delle inefficienze aziendali può condurre alla definizione di interventi mirati alla risoluzione di tali limiti.