I giornalisti avevano, e hanno ancora in parte, il ruolo di mediare le informazioni di ogni tipo e di veicolarle attraverso i giornali, le televisioni e i siti web, alla popolazione. Esistono giornalisti generalisti, ossia che si occupano di tutto, oppure specializzati, che seguono specifici settori. Ci sono vari modi di essere giornalisti. Si può essere professionista, pubblicista oppure, come avviene per le riviste digitali specialistiche, essere iscritti ad un albo speciale degli Ordini.

Un tempo i giornalisti erano pochi, perché erano poche le testate; poi, con l’avvento di Internet prima e dei Social Network dopo, tutto è cambiato. Inizialmente, un gruppo minuto di giornalisti “filtrava” le informazioni e le somministrava ad un popolo silenzioso, perché era solo al bar, al lavoro e in famiglia che si poteva esprimere il proprio parere sui fatti dell’uomo. Oggi, invece, chiunque abbia accesso alla rete può esprimere la sua opinione, e la differenza tra l’esperto e il resto del mondo è molto sfumata, fino ad essere a volte irriconoscibile, nell’immaginario collettivo.

Il giornalista, almeno in origine, era garante della qualità dell’informazione, perlomeno nei paesi democratici. Esistevano, ma esistono ancora, i media sovvenzionati dalle risorse pubbliche. In questo ambito il giornalista realmente indipendente e intellettualmente onesto poteva fare vera informazione, libera da inevitabili pregiudizi e condizionamenti. Poi la politica, o meglio i partiti, hanno iniziato a colonizzare l’informazione di Stato esautorandola della garanzia di imparzialità, ma ciò è stato bilanciato dall’editoria privata che, se è di parte, almeno lo si sa molto chiaramente. Quando si va in edicola per comprare un giornale è infatti chiaro a quali partiti sono legate per “affinità” le varie testate. Per trovare informazioni veramente indipendenti bisogna certosinamente scovare qualcosa nello sterminato contenitore che è il Web. Nei paesi non democratici è tutto più “facile” perché esiste il pensiero unico, ossia quello voluto dal dittatore di turno, e l’informazione dissidente è spesso brutalmente zittita. Quando una nazione prende una deriva autoritaria, subito rende inaccessibile buona parte dei motori di ricerca, limita gli accessi ai Social Network e chiude giornali e tv “non allineate”.

Se questa premessa è condivisibile, e si è felici di vivere in un paese realmente democratico, come l’Italia, bisognerebbe essere tranquilli che l’informazione a cui si può liberamente accedere, se la si sa valutare, è sicuramente di qualità.

Purtroppo non è così, perché la politica degli ultimi 30 anni ci ha assuefatto alla bugie, alle smentite, al “mi avete frainteso” e quant’altro. Il giornalismo “titolato” non sempre è riuscito ad essere indipendente, e il fenomeno delle notizie spazzatura è letteralmente dilagato. Trasversalmente ad ogni ceto sociale e livello d’istruzione, sta poi crescendo l’ideologia Negazionista-Revisionista-Complottista (NRC), che agisce mettendo in discussione, a prescindere, ogni tipo di certezza culturale e scientifica. Comprenderne le ragioni antropologiche, psicologiche e sociologiche è oggettivamente complesso, ed è di sicura competenza degli specialisti, ma il pensare che sia vero tutto e il contrario di tutto, e che dietro ad ogni attività umana ci sia qualche potere forte che interviene per interesse, si sta diffondendo a macchia d’olio. Qualche sentore c’era stato con la negazione dell’Olocausto, ma il fenomeno è esploso con i suoi devastanti effetti collaterali nel corso della pandemia di Covid-19. Questa ideologia NRC sta minando le fondamenta della civiltà umana, fatta di dialogo tra persone che si ascoltano, di rispetto assoluto per l’esperto “di chiara fama” e più in generale per la scienza e la cultura umanistica.

In questo contesto di negazionismo-revisionismo-complottismo fare informazione è più difficile che mai. I politici che hanno “sposato” il vezzo di dire la prima cosa che gli viene in mente per poi impunemente contraddirla subito dopo, e premi i Nobel che per il fatto stesso di essere noti si sentono autorizzati ad esprimere i giudizi più disparati in ogni ambito della conoscenza, stanno gettando nello smarrimento la gente e creando il terreno più fertile e adatto al ritorno delle dittature.

A cosa serve la libertà di stampa e di espressione se tanto nulla è vero perché chissà quale complotto c’è dietro? Un tempo, quando ancora la maggior parte della popolazione viveva in piccoli paesi, le autorità locali, ossia il sindaco, il parroco, il maresciallo dei carabinieri, il medico, il veterinario, il farmacista e gli insegnanti, erano le guide materiali e morali della comunità, ed evitavano soprusi e giustizialismi, ma ciò aveva anche tanti effetti collaterali. Oggi, in questa società priva di confini, non ci sono più riferimenti e la voglia di farsi giustizia da soli e di autogestirsi sta crescendo molto più rapidamente di quanto possa sembrare. Come sempre succede la migliore soluzione è quella intermedia, che risiede nella speranza che ci siano ancora tante persone che credono nel senso di responsabilità e dello Stato, e che trovano gratificazione non nell’esercizio del potere in quanto tale e nel denaro, ma nella stima e considerazione della gente e nella consapevolezza di aver sempre fatto, o tentato di fare, la cosa giusta. Trovare queste persone è ormai come cercare un ago in un pagliaio, ma sono convinto che ce ne siano più di quante si pensi, solo che la loro voce si perde nell’assordante vociare di questi tempi e la loro faccia non si distingue dalle quelle che affollano la nostra frenetica vita quotidiana.

Per chi oggi, per lavoro e per passione, sceglie e prepara informazioni di vario tipo, mantenere un rigore è molto difficile e spesso non paga, se non a lungo termine. Ci sono notizie che si sa che sarebbero potenziali scoop, e pubblicarle anche senza filtrarle, facendo semplici copia-incolla, darebbe un enorme e immediato vantaggio. Rallentare l’uscita di una notizia per controllarne attentamente le fonti, ed evitare l’incivile plagio, costa tempo e denaro, ma a nostro avviso è un importante baluardo contro il tornare alle leggi della giungla. Le testate giornalistiche dovrebbero fare una profonda riflessione sulla loro etica e non dimenticare la loro mission. La scienza e la cultura umanistica sono l’unico “vaccino” contro la pandemia dell’ideologia negazionista-revisionista-complottista che va rapidamente somministrato alla popolazione. Ovviamente, il solo possesso di tesserini di giornalista, scienziato, professore o premio Nobel non ti fa sacerdote della verità perché, come dice la cultura popolare, “l’abito non fa il monaco”.