Il concetto di “andare bene“, o meglio o peggio degli altri, trova risposte difficili nelle imprese ma ciò è la misurazione migliore per ogni attività. L’allevatore desidera sapere se la produzione media del suo allevamento è corretta oppure se avere il 50% di vacche gravide è normale, o c’è da preoccuparsi. Ha sconcertato un po’ tutti vedere la percentuale di grasso e proteine del latte della frisona degli ultimi anni e soprattutto quanto avvenuto nei mesi invernali con molte stalle oltre al 4% di grasso e caseine che rasentano il 3%.

Con l’evoluzione della genetica , il progredire del tecniche di gestione e la crescente difficoltà a far “quadrare i conti in allevamento” è importante sapere se il proprio allevamento ha performance normali oppure superiori o inferiori alla media. Di grosso aiuto è il benchmarking. Questa tecnica fu sviluppata nel 1976 da R. Camp per conto della Xerox per valutare se la logistica di questo colosso dell’elettronica era in linea con i concorrenti più simili a lei. Ora è di grande interesse per gli allevamenti. Poter confrontare le performance produttive, riproduttive, sanitarie ed economiche tra allevamenti con simile caratteristiche geografiche e di dimensioni è uno strumento rassicurante ed al contempo stimolante per raggiungere l’eccellenza produttiva ed economica ed evitare inutili frustrazioni ed a volte spese non proprio necessarie.