Elaborare diete per i ruminanti d’allevamento e fare i nutrizionisti per l’uomo è completamente diverso almeno negli ultimi tempi. Cerco di spiegarmi meglio. Chi per motivi sia estetici che di salute è stato da un nutrizionista, che molto spesso viene chiamato dietologo, riceve una dieta basata su associazioni di singoli alimenti e è in genere molto diversificata nei giorni.

Le diete moderne per i ruminanti, anche dette razioni, vengono ormai gestite da modelli matematici come il CNCPS, dove si fa prima un attento calcolo dei fabbisogni nutritivi e poi si scelgono gli alimenti e le loro combinazioni per soddisfarli. La differenza sostanziale è che nell’umana si dà molto peso alla dieta diversificata e all’associazione degli alimenti mentre con gli animali d’allevamento si cerca di soddisfare i fabbisogni dei singoli nutrienti con gli alimenti disponibili e al minor costo.

La scelta delle materie prime da impiegare è in primis condizionata da cosa l’azienda agricola può produrre al meglio e, relativamente agli alimenti acquistati, la scelta si dovrebbe fare con un criterio economico “mediato” dalla presenza di eventuali disciplinari di produzione.

I nutrizionisti zootecnici utilizzano spesso la tecnica dell’ottimizzazione tramite software che, a fronte di chiari e dettagliati fabbisogni nutritivi, scelgono da una lista le materie prime da utilizzare e le loro quantità tenendo in grande considerazione i costi. Nelle realtà di campo si tende ad essere molto precisi nel dotare questi modelli di calcolo di alimenti sottoposti a frequenti analisi e a studiare con attenzione i fabbisogni nutritivi, ma purtroppo scegliendo le materie prime di cui sia ha consuetudine d’uso e non procedendo pertanto all’ottimizzazione al minor costo.

Utilizzare i modelli matematici per elaborare razioni per i ruminanti d’allevamento è, senza dubbio, di enorme interesse perché è un modo per soddisfare tutti i fabbisogni degli animali al minor costo possibile e al minor output di gas climalteranti, ammoniaca e inquinanti per i terreni e le acque, come azoto, fosforo e potassio.

Questo metodo di lavoro non può comunque prescindere da una approfondita conoscenza degli alimenti zootecnici, e della loro variabilità, appetibilità e potenziale contaminazione di micotossine e residui chimici di agrofarmaci, metalli pesanti e dell’industria. Queste ultime informazioni allo stato attuale delle conoscenze non possono condizionare una razione quando si utilizzando modelli di calcolo come ad esempio il CNCPS.

L’intima conoscenza dei valori nutritivi degli alimenti anche potenzialmente impiegabili potrebbe stimolare riflessioni sulla loro coltivabilità in Italia o in qualche sua specifica regione, oppure una verifica della possibilità di importarli. Capita di sovente che i commercianti di materie prime sottopongano ai nutrizionisti e agli allevatori nuove materie prime, e che queste non vengano prese in considerazione perché non si conoscono.

Il costo dei concentrati proteici continua ad essere sostenuto e la farina d’estrazione di soia è il proteico di riferimento. Basti pensare che nella borsa merci di Milano del 12 dicembre 2023, la quotazione della soia decorticata estera è stata di 586 euro/ton.

In molti casi, quando si valuta la possibilità di ridurre la concentrazione di soia in una razione o in una formula di mangime, si guarda nei listini se tra i proteici ce né qualcuno che ha un costo inferiore a prescindere dalle considerazioni fatte in precedenza e di quelle che a breve analizzeremo.

Ai ruminanti quello che interessa non è tanto la concentrazione proteica della razione, o quale fonte proteica viene utilizzata, quanto la proteina metabolizzabile (MP) che può mettere a disposizione dell’intestino tenue e quindi per l’assorbimento degli amminoacidi sia essenziali che non essenziali.

Per semplificare la condivisione di questi concetti è bene ricordare che in una razione standard per bovine da latte il rapporto nella proteina metabolizzabile tra proteina microbica ruminale e proteina non degradata dal rumine è quasi sempre di circa il 50%.

Il bilanciamento amminoacidico della frazione microbica ruminale della proteina metabolizzabile è per i ruminanti perfetto mentre quello della proteina che sfugge non degradata dal rumine (RUP) non necessariamente. Quello che deve essere noto al nutrizionista è quindi sia la capacità che ha la razione di stimolare la crescita del microbioma ruminale sia quale sarà il flusso quali-quantitativo di proteina rumino-indegradabile (RUP).

Nella figura sottostante abbiamo sintetizzato i dati contenuti nelle tabelle 19-1 e 19-2 del NASEM 2021 relativi alle frazioni proteiche e agli amminoacidi degli alimenti zootecnici maggiormente impiegati in Italia nelle razioni destinate ai ruminanti da latte.

Nella prima colonna della tabella è riportato un valore di riferimento della concentrazione proteica (PG) della materia prima considerata. Molti degli alimenti sono foraggi e sottoprodotti, per cui la variabilità proteica può essere anche molto ampia. In ogni caso ciò non influenza la concentrazione amminoacidica e delle varie frazioni della proteina, i cui dati sono espressi come percentuale della PG. Ovviamente non esiste alcun valore di proteina metabolizzabile di un singolo alimento. Nelle colonne 2,3 e 4 vengono riportate le concentrazioni della frazione A, B e C della proteina.

La frazione A è NPN, la frazione B è la vera proteina e la C è la proteina non disponibile (Van Soest et al., 1981 ). La frazione B è ulteriormente suddivisa in 3 frazioni (B1, B2 e B3) con velocità di digestione diverse. La frazione B1 è solubile in tampone fosfato borato e viene precipitata dal TCA. La frazione B3 è insolubile in detergente neutro ma è solubile in detergente acido. La frazione C è insolubile nella soluzione detergente acida. La frazione B2 si calcola per differenza. Le frazioni B vengono degradate in base alla competizione tra tassi frazionari di degradazione e passaggio. Si assume che la frazione A sia completamente degradata, mentre la frazione C si assume completamente non degradata. Si presume che la digeribilità intestinale sia del 100% per B1 e B2, 80% per B3 e 0% per C. (C.Lanzas ed altri)”

Primo obiettivo da raggiungere è quello di avere il massimo tasso di crescita del microbiota ruminale, soprattutto della parte fibrolitica, ossia quella che è in grado di degradare la parte fibrosa di un alimento, in genere coincidente con la componente più economica.

Alimenti con queste caratteristiche sono quelli che hanno un’alta percentuale di frazione A, e più in generale di proteina solubile. Queste materie prime sono principalmente i foraggi, la farina glutinata di mais, i cruscami e i legumi come il favino e il pisello proteico, oltre ovviamente all’urea.

La frazione C della proteina è per definizione inutilizzabile, per cui una sua alta concentrazione è considerata un aspetto molto negativo. La farina di germe di mais, il glutine di mais e alcuni foraggi hanno una valore di frazione C piuttosto elevato, per cui quando si calcola il costo del punto proteico per confrontarlo con quello della soia (frazione C = 2%) questo va considerato.

Molto più complessa è la valutazione del bilanciamento degli amminoacidi essenziali di ogni singola materia prima. Prendendo in considerazione la soia decorticata, si può notare dalla tabella che essa ha una concentrazione di lisina del 6.16% e di metionina dell’1.39%. Tali valori sono sempre espressi come percentuale della proteina grezza. La soia e la colza, in virtù della loro alta concentrazione di lisina e più in generale di proteina, sono i maggiori apportatori della razione di questo importante amminoacido essenziale, considerato nella bovina da latte il primo di quelli limitanti.

La soia f.e. ha una concentrazione di RUP, ossia di proteina by-pass, di medio alta quantità, e quindi il suo contributo amminoacidico alla frazione RUP della proteina metabolizzabile è di sicuro interesse. In diete ad alta quantità di fieno di medica l’impiego della soia viene molto limitato, per cui il rischio di carenze di lisina è probabile.

Il secondo amminoacido essenziale per la bovina da latte è la metionina. Questo amminoacido è particolarmente presente nel mais e i suoi derivati, e nel girasole decorticato. Quando la razione è carente si può inserire una quota calcolabile di metionina rumino-protetta in modo che il rapporto lisina/metionina della razione sia il più vicino possibile a 2.38:1.

Se osserviamo il glutine di mais, ed in particolare la sua concentrazione proteica (68.52%), la sua RUP del 52% e il suo bilanciamento amminoacidico, esso appare un alimento ideale per migliorare la qualità e la quantità della RUP.

Esistono poi amminoacidi essenziali per quali sono note funzioni metaboliche specifiche. La leucina, ad esempio, stimola il rilascio di insulina nel pancreas e riduce l’insulino-resistenza negli adipociti attraverso la via di segnalazione dell’insulina che nella bovina da latte, soprattutto nelle prime settimane di lattazione, è di grande importanza. La leucina è presente in buona concentrazione nella proteina del sorgo e del mais, e nei loro derivati.

Conclusioni

I modelli di calcolo delle razioni per i ruminanti come il CNCPS semplificano molto il lavoro dei nutrizionisti, specialmente se abbinati alla possibilità di fare ottimizzazioni al minor costo. Questo però non esime dal conoscere con molta attenzione la logica delle fermentazioni ruminali, le preferenze delle varie specie batteriche, fungine e protozoarie che compongono il microbiota ruminale, il bilanciamento degli amminoacidi e la concentrazione di RUP di ogni alimento zootecnico potenzialmente utilizzabile.