La riduzione del prezzo del latte alla stalla stimola, o meglio obbliga, a riflettere su come ridurre i costi di produzione partendo proprio dal centro di costo di maggior peso che è quello dell’alimentazione delle vacche in lattazione. Propedeutico a questa verifica è il porsi il problema su come si acquistano le materie prime o i mangimi e quale valore si attribuisce agli alimenti, siano essi foraggi o concentrati prodotti in azienda. Per la prima verifica, Ruminantia® pubblica settimanalmente l’andamento dei prezzi delle materie prime, generalmente utilizzabili, quotate nelle borse merci di Milano e di Bologna e mensilmente la media dei prezzi massimi delle singole materie prime.

Sul metodo più corretto da utilizzare per dare un valore al “prezzo di trasferimento” degli alimenti prodotti in azienda, la disputa è ancora accesa. Noi crediamo che nei momenti di crisi come questo per fare un conto economico corretto si debba utilizzare il criterio del costo di produzione, altrimenti la stalla è in teoria sempre in rosso e l’agricoltura è sempre in attivo. A questa prima fase segue quella più complessa di come determinare correttamente i fabbisogni nutritivi delle bovine in lattazione, e non solo, da soddisfare con la dieta. Oggi le conoscenze sono tali e tante che non è difficile, se si conosce la nutrizione della vacca da latte, determinare con esattezza i fabbisogni nutrizionali. Utilizzando analisi degli alimenti attente e precise e pochi, ma fondamentali, nutrienti come l’energia netta latte (enl), la proteina metabolizzabile (MP), la fibra effettiva (peNDF), l’amido, i grassi, i minerali e le vitamine si riescono a calcolare con precisione i fabbisogni delle bovine. La maggiore difficoltà è come calcolarli per i gruppi in lattazione. Il criterio da utilizzare per dividere in gruppi le vacche in lattazione è stato affrontato nella rubrica di nutrizione del mese di Gennaio 2016 di Ruminantia Mese.

L’uso di diete differenti per stadio di lattazione, sia per ragioni economiche che per ragioni sanitarie (obesità), non è poi così diffuso nel mondo. In uno studio di Contreras-Govea (2015) viene riportato che nel Wisconsin e nel Michigan solo il 42% degli allevamenti utilizza diete differenti in lattazione. Non sappiamo con esattezza la situazione nel nostro paese. Le ragioni che impediscono di dare diete differenziate alle bovine in lattazione sono molteplici e vanno dal costo del lavoro, al temere le perdite di produzione nel passaggio da un gruppo all’altro e alla difficoltà di “centrare” correttamente i fabbisogni nutritivi. In ogni caso la razione unica per vacche in lattazione ha la priorità di soddisfare i fabbisogni delle bovine più “fresche” comportando però rischi di obesità per le bovine ”stanche”, grandi perdite di nutrienti nelle deiezioni e costi elevati d’alimentazione, soprattutto quando si utilizzano additivi destinati solo alle bovine “fresche” come aminoacidi, grassi, lieviti, etc; alcuni dei quali sono molto efficaci ma sicuramente costosi. Il metodo più utilizzato per calcolare i fabbisogni nutritivi per ogni gruppo di bovine in lattazione è il “lead factor” (Stalling e McGilliard 1984). Questo metodo si basa sull’83 percentile della produzione di latte effettiva del gruppo e corrisponde a 1.31 deviazioni standard oltre la media produttiva. Se ad esempio la produzione effettiva del gruppo delle “stanche”, ossia delle bovine preferenzialmente gravide, è di kg 24 di latte si calcoleranno i fabbisogni di energia netta e proteina metabolizzabile per una produzione di kg 31.4.

Un altro metodo proposto da Stalling nel 2011 è relativo all’evitare i bruschi cali di produzione nel passaggio da un gruppo all’altro. Stallin suggerisce di non variare di più del 15% la concentrazione nutritiva della razione delle “stanche rispetto a quella delle “fresche”. Altro suggerimento che questo ricercatore dà è quello di calcolare le razioni per una produzione maggiorata del 20% se i gruppi sono due e del 10% se i gruppi sono tre. Di grande aiuto allo spreco di nutrienti e quindi di risorse economiche sono i biomarker per valutare se il bilancio energetico e proteico è corretto nelle due fasi principali della lattazione delle bovine da latte. La percentuale di grasso > 4.80% e di proteina < 2.90% nelle bovine “fresche” e di urea inferiore a 20 mg/dl e maggiore di 36 mg/dl in tutte quelle in produzione in oltre il 15% delle bovine, completano la precisione dei software di razionamento nel calcolare i fabbisogni nutritivi e permettono quindi di non sprecare risorse economiche.