La crescente richiesta da parte dei consumatori di prodotti lattiero-caseari con elevate caratteristiche qualitative e nutrizionali obbliga l’allevatore a formulare razioni in grado non solo di ottimizzare le performance zootecniche degli animali, ma anche di modificare i prodotti finali in funzione di queste aspettative del mercato. È ormai dimostrato che l’alimentazione può influire sulle caratteristiche quanti-qualitative delle produzioni animali. Dal punto di vista della loro qualità nutrizionale è importante soffermarsi su alcuni aspetti fondamentali in grado di smentire, almeno in parte, la cattiva reputazione che questi prodotti hanno sull’opinione pubblica.
La composizione del latte può essere influenzata da diversi fattori che incidono sulle sue proprietà nutrizionali. Interessante è l’influenza che ha il bilancio energetico della razione sulla quantità di grasso prodotta e sulla sua composizione acidica. I componenti lipidici della dieta possono influire direttamente sulla composizione percentuale di grasso del latte, mentre il livello energetico della razione può modificare le attività fermentative ruminali che determinano la disponibilità di precursori per la sintesi del grasso e la secrezione degli ormoni che regolano il metabolismo lipidico. Molti studi hanno evidenziato come l’utilizzo di fonti lipidiche aggiunte nelle razioni (come semi di lino estruso e olio di lino in diverse concentrazioni) possa portare a sensibili modificazioni del profilo acidico del grasso del latte .
Razioni ricche di foraggi verdi aumentano il contenuto di CLA (conjugated linoleic acid) nel latte; quelle povere in fibra e ricche in concentrati abbassano il pH del rumine con conseguente alterazione della popolazione batterica e diminuzione della sintesi del grasso nel latte per effetto delle variazioni del processo di bioidrogenazione. L’utilizzo del pascolo per arricchire le diete è una tecnica molto usata. La risposta produttiva degli animali in termini quanti-qualitativi è in funzione della composizione botanica del pascolo, dello stadio di maturità del foraggio, della latitudine ed altitudine dei pascoli. All’aumentare della maturazione dell’erba si verifica una riduzione della concentrazione di acidi grassi nell’erba stessa conseguente al minor rapporto tra foglie e steli. L’effetto del pascolo, peraltro, è modulabile in funzione delle specie botaniche che lo compongono; la presenza di leguminose, infatti, comporta un maggiore accumulo di CLA rispetto ad un pascolo costituito da sole graminacee.
La concentrazione di CLA nel latte aumenta passando dalla stagione invernale a quella estiva: il consumo di erba verde e la conseguente ingestione di acido α- linolenico in quantità determinano un maggiore accumulo di CLA nel prodotto di origine animale (Williams, 2000). Ai CLA sono stati attribuiti diversi effetti positivi per la salute umana, in particolare è stata appurata la loro azione anticancerogena, antiaterogenica, antidiabetica, nonché di riduzione della massa corporea grassa e aumento di quella magra.
Nell’ambito degli acidi grassi polinsaturi (PUFA), riconosciuti fondamentali per l’organismo umano, ritroviamo gli acidi grassi della serie ω6 e ω3. La sintesi di queste due categorie avviene in modo indipendente a partire dai due rispettivi precursori, acido linoleico e acido α-linolenico. La maggiore concentrazione di quest’ultimo nell’erba del pascolo, associata quindi ad una diminuzione del rapporto ω6/ω3 e ad un incremento di sostanze antiossidanti come tocoferoli e β-carotene, conferma ulteriormente un miglioramento della qualità del latte. Gli acidi grassi polinsaturi ω3 a catena lunga (EPA, DPA e DHA), a loro volta apportano numerosi effetti benefici, quali il mantenimento dell’efficienza del sistema nervoso, la riduzione del rischio di patologie cardiovascolari e un importante ruolo antinfiammatorio.
I processi di caseificazione e di stagionatura a cui il latte va incontro, non modificano sostanzialmente il profilo acidico del prodotto finale. Il miglioramento del valore nutrizionale del formaggio è quindi ottenibile quasi esclusivamente modificando la dieta da somministrare all’animale.
Una gestione razionale del pascolo e della mandria può quindi rappresentare una strategia adeguata per migliorare il profilo acidico del latte e dei formaggi, aumentandone il valore nutraceutico senza significativi costi aggiuntivi per l’allevatore.
DOI | 10.17432/RMT.2050-2063 |
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