Le performance produttive e riproduttive delle vacche presenti in stalla sono il risultato di diverse componenti che si sommano ed interagiscono tra di loro. Tra queste, quello che succede nei primi mesi della loro vita gioca un ruolo importante ed influenzerà tutta la loro carriera. Un recente studio condotto in Canada dimostra che la selezione genetica può essere utilizzata anche per mitigare l’impatto delle principali patologie che colpiscono i giovani animali. A patto però che vengano raccolti i dati giusti.

Sir Terry Pratchett, uno scrittore britannico famoso per i suoi romanzi di fantasy umoristico, diceva che ‘dentro qualsiasi persona adulta c’è una persona giovane che si sta domandando cosa è successo’.

Questo brillante aforisma può essere applicato anche alle vacche da latte perché quello che succede loro da adulte dipende molto da quello che è successo loro in gioventù o, per essere più precisi, quando sono vitelle.

Le patologie neonatali influenzano la carriera di una bovina

Le patologie respiratorie e la diarrea neonatale sono le due principali e ben note malattie che colpiscono i giovani animali presenti in allevamento. Al di là dei costi diretti sostenuti per affrontarle nell’immediato, ci sono dei costi “indiretti” legati agli effetti sfavorevoli che queste patologie hanno sui diversi individui e che si manifestano nel progredire della loro vita produttiva.

Ci sono oramai molte evidenze scientifiche che dimostrano come, ad esempio, animali colpiti da patologie neonatali presentino minori accrescimenti ponderali, il che si riflette, negativamente, sulla loro maturità sessuale (Buczinski et al., 2021). Non solo, vacche che hanno avuto almeno un episodio patologico, diarrea o polmonite, producono nella loro prima lattazione tra i 120 ed i 350 kg di latte in meno rispetto a vacche che non hanno avuto alcuna patologia (Svensson and Hultgren, 2008).

Questi valori possono sembrare a prima vista non così elevati, ma se pensiamo che l’incidenza delle patologie neonatali può raggiungere anche valori superiori al 40%, si fa presto a percepire il danno complessivo.

Il potenziale ruolo della selezione genetica per le patologie neonatali

Le patologie neonatali, come tutte le patologie in generale, sono sempre il risultato dell’interazione di 3 componenti: il patogeno che causa la malattia, la maggiore o minore suscettibilità dell’ospite (e.g. la vitella) e l’ambiente dove vivono entrambi. Quest’ultima componente ha un ruolo molto importante e lo dimostra anche il fatto che a livello di singolo allevamento si possano osservare incidenze estremamente diverse.

I trattamenti antibiotici hanno da sempre rappresentato l’approccio principale per aumentare la resistenza dell’ospite ma è oramai noto che ci sono delle importanti controindicazioni, come la riduzione delle manifestazioni cliniche, l’immunità di breve durata ma soprattutto lo sviluppo di batteri antibiotico resistenti.

Ancora una volta, uno strumento alternativo e con effetti permanenti potrebbe essere la selezione genetica. Ammesso però che i caratteri di interesse abbiano una componente genetica.

E’ proprio questo che un gruppo di ricercatori canadesi ha cercato di capire utilizzando oltre 69mila dati relativi a casi di diarrea neonatale e patologie respiratorie raccolti in 1617 aziende da latte dal 2006 al 2021 in Canada (Lynch et al, 2024). A partire da queste informazioni, non solo è stata calcolata l’incidenza media e la distribuzione di frequenza in base all’età delle due patologie ma ne è stata stimata anche l’ereditabilità, il parametro che ci quantifica l’eventuale componente genetica di un certo fenotipo.

Considerando aziende con almeno l’1% di incidenza, la mediana dell’incidenza variava tra il 6 ed il 20% per entrambe le patologie. La loro distribuzione per età può essere osservata nella figura 1 dove a sinistra troviamo la frequenza delle patologie respiratorie ed a destra quella delle diarree neonatali.

Figura 1. Distribuzione di frequenza per età delle malattie respiratorie e delle diarree neonatali in aziende di bovine da latte canadesi. Fonte: Lynch et al, 2024

Nel primo caso il picco di incidenza è intorno ai 30 giorni di età, mentre nel secondo intorno ai 10.

Per quanto riguarda l’ereditabilità, come era prevedibile considerando sia il ruolo importante svolto dall’ambiente ma anche la diversa incidenza tra le aziende, i valori stimati sono risultati inferiori allo 0.10, variando tra 0.05 e 0.06 per le malattie respiratorie e tra 0.06 e 0.09 per le diarree neonatali.

Sono sicuramente valori contenuti ma siccome per fare selezione genetica l’aspetto applicativo importante è che ci siano delle differenze tra i tori, Lynch e colleghi sono andati a vedere che differenze ci fossero in termini di % di figlie malate nei migliori e peggiori tori, ordinati sulla base del loro EBV. I risultati sono riportati nella tabella 1.

Tabella 1: Differenza in termini di percentuale di figlie malate tra tori nel miglior e peggior 10% sulla base del loro EBV per i caratteri malattie respiratorie e diarree neonatali. Fonte Lynch et al, 2024.

Come si può osservare la percentuale di figlie malate nei tori posizionati nel peggior 10% è quasi il doppio rispetto ai tori in testa alla classifica, con una differenza di quasi 20 punti percentuali.

Ripensando alle perdite di latte per singola bovina riportate inizialmente, l’impatto economico non è banale.

Un altro risultato molto interessante è stato quello relativo alla correlazione genetica tra queste due patologie risultata pari a 0.60 e che conferma come gran parte delle patologie abbiano una componente genetica comune.

Dove sono i dati?

Un aspetto importante che emerge dal lavoro di Lynch et al è però un altro, e riguarda la disponibilità ed il tipo di dati relativi a questi fenotipi. I ricercatori canadesi per poter svolgere questo studio hanno fatto ricorso a dati presenti nei software gestionali dei singoli allevatori.  Se da un lato questo è positivo perché valorizza il lavoro degli allevatori dall’altro crea delle enormi difficoltà non solo di tipo logistico ma anche tecnico perché spesso la definizione del carattere non è esattamente la stessa.

Ecco quindi che se l’obiettivo è lavorare su questi caratteri è importante non solo centralizzare la raccolte delle informazioni ma soprattutto uniformare la definizione del fenotipo. Una cosa è la misurazione del latte prodotto, un’altra un carattere non misurabile quantitativamente.

Considerazioni Finali

Ancora una volta la selezione genetica si dimostra uno strumento efficace nel miglioramento di importanti problematiche che affliggono i bovini da latte. Uno strumento efficace ma complementare ad altri che si devono muovere di pari passo.

Anche per patologie complesse e fortemente dipendenti dall’ambiente e dalla gestione come le malattie neonatali, la selezione genetica può contribuire. In questo caso però, forse più che in altri, la raccolta dati gioca un ruolo di primissimo piano e le nuove tecnologie a disposizione degli allevatori potranno sicuramente aiutare. Non è un caso, ad esempio, che siano già disponibili sul mercato dei sensori dedicati al monitoraggio delle attività dei singoli soggetti a partire dalla loro nascita.

Bibliografia consultata

Buczinski, S., D. Achard, E. Timsit, S. Cliniques, F. D. M. Vétérinaire, U. De Montréal, and C. Js. 2021. Effects of calfhood respiratory disease on health and performance of dairy cattle: A systematic review and meta-analysis. J. Dairy Sci. 104:8214–8227. https://doi .org/10.3168/jds.2020-19941.

Lynch, C., Schenkel, F. S., van Staaveren, N., Miglior, F., Kelton, D., & Baes, C. F. (2024). Investigating the potential for genetic selection of dairy calf disease traits using management data. Journal of dairy science, 107(2), 1022-1034.

Svensson, C., and J. Hultgren. 2008. Associations between housing, management, and morbidity during rearing and subsequent firstlactation milk production of dairy cows in southwest Sweden. J. Dairy Sci. 91:1510–1518. https: / / doi .org/ 10 .3168/ jds .2007 -0235