Qualsiasi allevatore compra e somministra ai propri animali prodotti denominati mangimi. La stessa razione unifeed è un mangime completo mentre le materie prime sono mangimi semplici. L’insieme di materie prime, o meglio i concentrati contenenti o meno i minerali e le vitamine, si chiama mangime complementare o composto e se la percentuale di ceneri che contiene supera il 40% si chiamerà minerale. Questa materia è regolamentata attentamente dalla complessa impalcatura legislativa europea e italiana per tutelare al meglio sia la salute dell’uomo che quella degli animali.

Le materie prime che possono essere presenti nei mangimi sono contenute in un elenco denominato Catalogo delle materie prime per mangimiin ottemperanza al regolamento (UE) n°575/2011 della Commissione europea. Queste materie prime hanno un nome univoco e chiaro che deve essere riportato così com’è nell’etichetta o cartellino che come una qualsiasi carta d’identità accompagna i mangimi. Lo stesso concetto vale per gli additivi che per essere utilizzabili nell’alimentazione degli animali devono essere presenti nel Registro degli additivi(Register of Feed Additives) in ottemperanza al regolamento (UE) n°1831/2003 della Commissione europea. Quanto detto significa che sia le materie prime che gli additivi utilizzabili nell’alimentazione degli animali destinati a produrre cibo per l’uomo devono essere presenti in queste due liste e se sono presenti nei mangimi devono essere dichiarati nei cartellini.

Si sente dire a volte da alcuni venditori che il mangime che vorrebbero vendere possiede doti nettamente superiori a quello della concorrenza perché contiene materie prime e additivi molto performanti ma che non vengono dichiarate per tutelare un segreto industriale. Ovviamente ciò è possibile ma è altamente illegale, al punto che il regolamento (CE) 767/2009 proprio per “garantire un elevato livello di protezione della salute umana e degli animali” rende obbligatoria, nell’ambito dei produttori di alimenti zootecnici, la figura del “responsabile dell’etichettatura” che risponde in proprio e penalmente delle difformità del cartellino che accompagna ogni lotto di mangime. Questa persona risponde inoltre di fronte alla legge se nel materiale divulgativo che accompagna un mangime vengono promesse particolari prestazioni produttive e sanitarie. Risponderne di fronte alla legge significa poter dimostrare queste prestazioni. Nel caso in cui l’acquirente dovesse avere dubbi “fondati” è possibile per lui richiedere, tramite l’autorità di controllo competente (ASL), di visionare la formula del mangime del lotto acquistato. Anche il nome di un mangime non deve indurre in errore l’acquirente perché magari riconducibile ad una particolare performance. Possiamo a titolo d’esempio inventare il caso di un mangime complementare che rechi in etichetta un nome tipo “cellule giù” e che nel depliant che lo accompagna assicura che l’uso del prodotto riduce le cellule somatiche del latte. Sappiamo ormai tutti che l’aumento dei leucociti nel latte è dovuto alla presenza di un patogeno nelle mammelle e come si fa per controllarne la prevalenza. Nonostante questo, è forte la speranza che un additivo o un mangime possa far ridurre le cellule somatiche del latte senza “imbarcarsi” nelle più complesse scelte di elevare il livello d’igiene e biosicurezza, di migliorare il funzionamento della mungitrice e della mungitura e di curare con gli antibiotici i quarti mammari infetti. Se un allevatore decide di comprare “cellule giù” e di utilizzarlo come prescritto in etichetta ma non succede niente ha il diritto di sentirsi truffato, coinvolgere l’autorità di controllo competente, come la ASL o la Repressione frodi, per i reati di “truffa  in commercio” e “pubblicità ingannevole”, e chiedere di visionare la formula del o dei lotti che ha acquistato per verificare la presenza di tutti gli additivi dichiarati in etichetta e se non ci sia comunque nulla d’illegale. Quello citato è ovviamente un caso “didattico” oggi ormai piuttosto raro ma non infrequente prima della promulgazione del regolamento 767.

Le leggi cercano di essere eque e di tutelare tutte le parti in causa. Gli allevatori hanno il diritto di essere tutelati quando acquistano mangimi, devono avere la garanzia che questi contengano esattamente, e nelle giuste proporzioni, le materie prime e gli additivi dichiarati in etichetta e che siano sani ed esenti da contaminanti chimici e biologici che possano nuocere alla salute e alla produttività degli animali. Di converso, il produttore di alimenti zootecnici deve essere tutelato da eventuali denunce da parte degli acquirenti di non conformità del mangime. I tribunali sono pieni di contenziosi di presunti danni arrecati dai mangimi ai propri animali.

Nell’etichetta o cartellino che accompagna ogni lotto di mangime, sia esso confezionato in sacchi o consegnato alla rinfusa, sono contenute informazioni relative alle materie prime e additivi presenti e alla loro quantità (ordine decrescente). Ci sono inoltre informazioni sul suo corretto utilizzo. L’azienda che produce alimenti zootecnici risponde civilmente e penalmente solo di questo. In caso di contenzioso legale i campioni di mangime da analizzare verranno prelevati  delle autorità competenti ed inviati in appositi laboratori. Già nel 1963, nella legge 281 e nell’articolo 18 comma 7 si prescrive testualmente “Al momento dello scarico dei suddetti mangimi, trasportati a mezzo di carri silos, il vettore e il destinatario, ove quest’ultimo ne faccia richiesta” provvederanno al prelevamento in contraddittorio di quattro campioni per ogni mangime così consegnato, apponendo a ciascuno di essi sigilli di entrambi le parti, e facendo specifica menzione dell’avvenuto campionamento nel succitato documento di trasporto. Uno dei quattro campioni deve essere ritirato dal vettore e gli altri conservati dal ricevitore della merce”. Il 26 Maggio 2016 il Ministero della Salute ha pubblicato le “Linee guida per il campionamento ai fini del controllo ufficiale” come buone pratiche di campionamento in modo da rendere sempre meno soggettive le modalità di prelievo dei mangimi ai fini ispettivi ed evitare le contestazioni in sede legale sulle modalità attraverso le quali sono stati prelevati i campioni. Il mangime confezionato in sacchi è già una sorta di campione in contradittorio perchè arriva dal produttore in sacchi etichettati. Per i mangimi consegnati alla rinfusa, la responsabilità (a grandi linee) del produttore cessa al momento della consegna ma rimane per mesi sui campioni in contraddittorio solo se prelevati come prescritto dalla legge.

E’ nostra opinione che la diffusione delle informazioni contenute nel “Registro degli additivi” e nel “Catalogo delle materie prime” e di quelle relative all’immenso valore del “campione in contraddittorio” possa giovare all’allevatore per fare acquisti razionali e consapevoli e agevolare la vendita dell’industria. Depliants ingannevoli e promesse fantasiose di venditori senza scrupolo alimentano invece quel clima di diffidenza e sospetto che spesso prevale nell’immaginario collettivo che bene non fa nè ai produttori di alimenti zootecnici nè alla salute degli animale e degli uomini.