Per il mondo zootecnico e veterinario, il concetto di biosicurezza è chiaramente definito all’interno della normativa in materia di sanità animale [Reg. (UE) n. 2016/429] come “l’insieme delle misure gestionali e fisiche volte a ridurre il rischio di introduzione, sviluppo e diffusione delle malattie a, da o in: a) una popolazione animale, o b) uno stabilimento, una zona, un compartimento, un mezzo di trasporto o qualsiasi altro sito, struttura o locale”. La biosicurezza è uno dei principali strumenti di prevenzione a disposizione degli operatori che lavorano con gli animali per prevenire l’introduzione, lo sviluppo e la diffusione di malattie animali trasmissibili da e all’interno di una popolazione animale. Va specificato che la biosicurezza, come visto con l’emergenza Covid-19, è un concetto applicabile anche ad altri ambiti (inclusi i settori vegetale e della sanità), ciascuno con le specifiche declinazioni.

Tra le misure generali di buona strategia di biosicurezza nel mondo zootecnico ed alimentare vi sono sempre tutte quelle procedure idonee a garantire pulizia ed igiene efficaci negli stabilimenti, di corretta igiene del personale e di lotta ad infestanti (roditori e insetti). L’uso di determinati prodotti chimici abbinato ad interventi di tipo fisico è cruciale. I prodotti proposti sul mercato sono moltissimi, e tanta è la confusione su quali prodotti sono “legali” e quali no. Per avere un impiego efficace e in sicurezza non solo nei confronti degli operatori, ma anche degli animali, dell’ambiente e del consumatore finale, è dunque opportuno scegliere accuratamente questi prodotti, comprendendo l’esistenza e l’essenza di una categoria specifica, quella dei biocidi.

I prodotti biocidi sono definiti dall’art. 3.1, lett. a) del Reg. (UE) n. 528/2012 (o BPR, Biocidal Products Regulation):

“- qualsiasi sostanza o miscela nella forma in cui è fornita all’utilizzatore, costituita da, contenenti o capaci di generare uno o più principi attivi, allo scopo di distruggere, eliminare e rendere innocuo, impedire l’azione o esercitare altro effetto di controllo su qualsiasi organismo nocivo, con qualsiasi mezzo diverso dalla mera azione fisica o meccanica,

– qualsiasi sostanza o miscela, generata da sostanze o miscele che non rientrano in quanto tali nel primo trattino, utilizzata con l’intento di distruggere, eliminare, rendere innocuo, impedire l’azione o esercitare altro effetto di controllo su qualsiasi organismo nocivo, con qualsiasi mezzo diverso dalla mera azione fisica o meccanica.

Un articolo trattato che abbia una funzione primaria biocida è considerato biocida.

Il BPR, che abroga la precedente Direttiva Biocidi 98/8/CE, è stato introdotto nell’UE con lo scopo di migliorare il funzionamento del mercato unico grazie ad un’armonizzazione delle norme sulla messa a disposizione sul mercato e sull’uso dei biocidi, a garanzia di un elevato livello di tutela della salute umana e animale e dell’ambiente e sulla base del principio di precauzione. Come si evince dal termine stesso, un biocida è dunque una sostanza che distrugge gli organismi nocivi o comunque, nell’ampia definizione del BPR, li rende innocui attraverso processi chimici/biologici, con esclusione dell’azione meccanica o fisica: non rientrano in questa definizione i detergenti, che svolgono una rimozione meccanica dello sporco, e quindi anche di microrganismi, tuttavia senza ucciderli.

Il BPR definisce i tipi di prodotti biocidi all’allegato V, individuandone 22 tipi (product type, PT) classificati in 4 gruppi:

  • GRUPPO 1: disinfettanti, tra cui troviamo anche i PT 1 per l’igiene umana, i PT 3 per l’igiene veterinaria (prodotti usati per l’igiene veterinaria quali disinfettanti, saponi disinfettanti, prodotti per l’igiene orale o corporale o con funzione antimicrobica, prodotti usati per disinfettare i materiali e le superfici associati al ricovero o al trasporto degli animali), i PT 4 destinati al settore dell’alimentazione umana e animale ed i PT 5 da impiegare nell’acqua potabile;
  • GRUPPO 2: preservanti. Salvo disposizioni contrarie, questo gruppo include solo i prodotti per prevenire lo sviluppo microbico e algale.
  • GRUPPO 3: controllo degli animali nocivi, inclusi: PT 14, ovvero i rodenticidi; PT 15, avicidi; i PT 18, insetticidi, acaricidi e prodotti per il controllo di altri artropodi; PT 19 repellenti e attrattivi; PT 20 – Controllo di altri vertebrati.
  • GRUPPO 4: altri biocidi.

Un biocida deve essere autorizzato a livello nazionale ai sensi del BPR. Per il rilascio dell’autorizzazione, è essenziale che il prodotto contenga esclusivamente principi attivi iscritti per il corretto PT nella lista positiva ed approvati a livello UE dalla Commissione europea, o nell’allegato I del BPR. Per l’approvazione, la Commissione europea si basa sul parere dell’European Chemicals Agency (ECHA), la quale ha ricevuto dall’autorità competente di uno Stato membro una valutazione complessa, per cui sono richieste molte informazioni sui principi attivi stessi. Attualmente, in tutta l’UE, è in corso un processo di revisione delle sostanze attive che coinvolge sia le autorità competenti degli Stati membri nella valutazione del rischio, sia le imprese di settore per quanto riguarda la fornitura di dati e studi su queste sostanze. La conclusione del processo è prevista per il 2024 e da quel momento in poi gli Stati membri potranno autorizzare solo biocidi contenenti sostanze attive iscritte negli elenchi UE. Inoltre, in Italia, è in corso la transizione tra gli attuali PMC (presidi medico-chirurgici, D.P.R. 392 del 6 ottobre 1998), e i numerosi prodotti che, se pure con destinazione d’uso biocida, attualmente si trovano sul mercato senza autorizzazione alla commercializzazione, e i futuri biocidi. Questi prodotti ricadranno nel campo di applicazione del BPR.

Questa introduzione normativa evidenzia lo stato dell’arte del mercato dei biocidi, un mercato in via di definizione e sul quale esistono ancora prodotti che vantano azione biocida, ma che di fatto non possono essere chiamati biocidi in quanto non autorizzati, e la cui efficacia (valutata in fase di autorizzazione) è di dubbia credibilità. Ecco esempi dall’”esperienza Covid-19”. Recentemente, sono stati importanti gli esiti di un’ispezione condotta dal NAS di Milano presso una ditta lombarda di cosmetici, al cui interno sono stati rinvenute e sequestrate 23.5 tonnellate di un disinfettante realizzato in Gran Bretagna, la cui etichetta presentava informazioni discordanti rispetto alla reale composizione chimica. Il NAS di Parma, ha denunciato in stato di libertà il titolare di una ditta in provincia di Piacenza, ove erano state rinvenute circa 2 tonnellate di perossido di idrogeno, pronte per essere commercializzate nonostante fossero prive dell’autorizzazione richiesta dalla legge.

In Italia, l’autorità competente dei controlli ufficiali è la Direzione Generale dei Dispositivi Medici e del servizio farmaceutico, che si avvale della collaborazione del Centro Nazionale Sostanze Chimiche dell’ISS per le attività istruttorie e per la valutazione dei biocidi. Il sistema di controllo è stato istituito con il DM 10 ottobre 2017, e le competenze in materia di Regioni e Province autonome sono state individuate con accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni 213/CSR – Dicembre 2017.

In situazioni come quella legata alla pandemia attuale, diventa essenziale per la biosicurezza avere certezze sul prodotto acquistato, e parallelamente diventa fondamentale saperlo individuare sul mercato in modo semplice e scevro da equivoci. In particolare per i disinfettanti, la confusione sul mercato è piuttosto significativa. Oltre alle attività svolte da NAS per i controlli ed ISS per le raccomandazioni durante l’emergenza Covid-19, già il Ministero della Salute, nella nota del 20 febbraio 2019 sull’etichettatura dei prodotti disinfettanti segnalava il problema delle indicazioni ingannevoli. Il caso specifico riguardava i detergenti, ai quali venivano attribuiti “nel generico contesto delle proprietà igienizzanti ammesse, specifici effetti (ancorché attraverso azione meccanica) nei confronti di germi e batteri”. Queste indicazioni potrebbero “creare nel consumatore una falsa aspettativa nei confronti del prodotto. La presenza di indicazioni sulle modalità di azione del prodotto aiuta a rendere più chiaro il contesto”. Come utilizzatori di biocidi, i consumatori hanno un importante elemento a disposizione per un acquisto ed un uso sicuri: l’etichettatura. Per prima cosa, un prodotto biocida autorizzato riporta sempre sulla confezione: AUTORIZZAZIONE DEL MINISTERO DELLA SALUTE oAUTORIZZAZIONE UE n. /…/00../AUT (ai sensi del Reg. UE n. 528/2012). Oltre a ciò, l’etichetta deve riportare il nome, indirizzo e numero di telefono del fornitore, la quantità nominale di prodotto (se tale quantità non è indicata altrove nell’imballaggio) e gli identificatori, ovvero quei nomi e codici che identificano le sostanze attive contenute nel prodotto (nome e numero CAS, nome IUPAC, numero CE, etc.). Ad esempio, per i biocidi PT 3 (Igiene veterinaria) contenenti iodio (incluso il polivinilpirrolidone iodio), autorizzato dal Reg. (UE) n. 94/2014, troveremo:

  • Denominazione IUPAC: Iodio; Numero CE: 231-442-4; Numero CAS: 7553-56-2
  • Denominazione IUPAC: Polivinilpirrolidone iodio; Numero CE: n. p.; Numero CAS: 25655-41-8

Figura 1. Simbolo che indica un pericolo per l’ambiente, in particolare per gli organismi acquatici. Andrà a sostituire il pittogramma rappresentato con la stessa immagine in un quadrato di sfondo arancione.

Se del caso, vi sono poi altre informazioni per un utilizzo sicuro, come i cosiddetti pittogrammi di pericolo, ovvero immagini che includono un simbolo di pericolo e colori specifici al fine di dare informazioni sui danni che una sostanza o miscela può causare alla salute o all’ambiente (esempio in Figura 1). Troveremo le avvertenze, che indicano il livello di gravità di un determinato pericolo. L’etichetta deve includere l’avvertenza pertinente conforme alla classificazione della sostanza o miscela pericolosa: per i pericoli più gravi troveremo “Pericolo”, mentre per pericoli meno gravi verrà riportato “Attenzione”. Ad esempio, per i pittogrammi associati ai pericoli per la salute, potremmo trovare prodotti in cui come pericolo viene indicato “Letale se ingerito” nei casi più gravi, oppure “Nocivo” se inferito come “Attenzione” quando si tratta di prodotti meno pericolosi. In taluni casi, potrebbero essere riportati i consigli di prudenza, come “Non disperdere nell’ambiente” e “Raccogliere il materiale fuoriuscito” in presenza del pittogramma di pericolo per l’ambiente. In qualche caso, le frasi di prudenza danno indicazioni specifiche su quali dispositivi di protezione indossare o su come utilizzare il prodotto. Se del caso, vi sono anche le frasi supplementari, come ad esempio “L’esposizione ripetuta può causare secchezza e screpolature della pelle”.

I fornitori di biocidi sono obbligati a trasmettere le informazioni sui prodotti lungo la catena di approvvigionamento. Questo significa che i destinatari dei prodotti, per usi industriali e professionali, dovranno ricevere informazioni sui pericoli e sulle misure per controllare i rischi legati all’esposizione. Per veicolare queste informazioni esistono le schede di sicurezza (SDS). Infine, negli esercizi di vendita possono essere disponibili per la vendita al dettaglio, sia ad uso privato che professionale, prodotti biocidi pericolosi: agli utilizzatori professionali che acquistano attraverso questo canale deve essere fornita una SDS solo su richiesta. Ovviamente, anche i commercianti devono rispettare negli esercizi di vendita quanto indicato nella SDS.

I biocidi sono fondamentali per la sicurezza alimentare nel controllo delle contaminazioni microbica e garantire l’igiene. Tuttavia, la filiera deve fare i conti con i meccanismi di resistenza antimicrobica (AMR), ai quali non si sottraggono neppure i principi attivi impiegati nei biocidi. Secondo la FAO (2018), l’entità di associazione tra AMR e biocidi è scarsamente compresa, ma alcuni accorgimenti da parte degli operatori aiutano ai fini della mitigazione. Sarà decisivo selezionare attentamente ed utilizzare i biocidi rispettando le indicazioni del fornitore e validando l’efficacia specifica dell’applicazione. Quando previste, si dovranno evitare diluizioni non corrette, che portano a lavorare con concentrazioni basse o alte. La formazione degli operatori sull’uso corretto sarà fondamentale per limitare lo sviluppo di AMR. Anche un corretto risciacquo dopo la disinfezione prevista nei lavaggi e il monitoraggio sui residui sono essenziali per contrastare l’AMR. Infine, va posta attenzione al trattamento dei reflui industriali affinché vi sia inattivazione dei principi attivi utilizzati prima dello scarico nell’ambiente, che deve avvenire conformemente alle norme.

Accanto ai vantaggi offerti, non dobbiamo mai dimenticarci che i biocidi sono sostanze chimiche, e che dunque rappresentano un pericolo per la salute umana e per l’ambiente: ecco perché il processo di valutazione per l’approvazione nell’UE è così dettagliato. Inoltre spesso si tratta di prodotti ad ampio spettro d’azione, andando a generare effetti tossici anche su altre specie che non sono target dell’applicazione: pensiamo all’annoso problema dell’uso di rodenticidi purtroppo ingeriti da animali domestici. I biocidi ideali sono quelli selettivi e che, svolta la loro azione, non rimangono a lungo nell’ambiente limitando l’inquinamento di acqua, aria, suolo e il conseguente loro accumulo negli organismi. Infine, qualche considerazione sulla sicurezza degli utilizzatori professionali di biocidi, esposti a potenziali rischi. Il resto della popolazione può essere esposto con l’impiego in casa o tramite contatto con residui di biocidi presenti in alimenti, acqua (l’uso del cloro per la disinfezione è un chiaro esempio), ambiente o su superfici che, trovandosi in ambienti chiusi, ne consentono una permanenza più lunga. Per questo è necessario seguire sempre attentamente le modalità e le precauzioni d’uso indicate dal fornitore.