Anno nuovo, vita nuova. Un modo di dire che potremmo definire storia vecchia: lo diciamo tutti gli anni!

A dire il vero, questo, ci dicono, sarà un anno magico e favorito dalla numerologia, perché è un quadrato perfetto (452), l’unico che vedremo dato che il prossimo sarà il 2116 (cioè 462) quando, presumibilmente, nessuno dei lettori di questo articolo sarà ancora qui per constatarlo.

La somma delle sue cifre inoltre è 9 (2+0+2+5), che per la sopracitata numerologia, significa trasformazione: segna la fine di un ciclo e un conseguente periodo di riflessione, chiusura e preparazione a nuovi inizi. Ci invita a lasciare andare i vecchi schemi di pensiero e di comportamento per abbracciare la novità.

Ed eccoci qua: che occasione fantastica per fare qualcosa che non abbiamo ancora fatto. I conti.

Già, i conti. D’altronde questa è una rubrica di economia e, va da sé, qui si parla di numeri, e di numeri particolari. Chi ha seguito le puntate delle stagioni precedenti (il 2024, il 2023 e via così) sa già a cosa ci riferiamo: non alla numerologia, ma alle performance economiche, che troviamo all’interno del conto economico, un mondo completamente diverso da quello delle performance tecniche.

Cercando di non ripetersi troppo: a che serve fare 45 litri di media oppure avere un PR del 30% se poi, a fine anno, si produce una perdita di esercizio?

Per gestire le nostre aziende sono le performance economiche i numeri che dobbiamo considerare. Per citarne alcuni: costo alimentare, totale dei costi operativi per litro di latte, prezzo di break-even, MOL, utile di esercizio finale… Senza di essi, come facciamo a sapere se stiamo guadagnando oppure no? Davvero ci basta dire che abbiamo riempito il frigo del latte?

Potremmo citare numerosi esempi di aziende molto produttive che però fanno segnare perdite di esercizio o comunque non guadagnano quanto vorrebbero.

Ecco, se rimaniamo su quest’ultima affermazione, nelle nostre aziende agricole guadagniamo quanto vogliamo? Riusciamo a coprire i nostri costi? A “tirare fuori” uno stipendio dignitoso? A prenderci soddisfazioni, ad investire, ad andare in banca forti della nostra “equity”1?

La realtà è che questi anni hanno mostrato una variabilità enorme dei risultati economici. In un articolo apparso qualche mese fa su questa rivista2, avevamo paragonato la redditività media delle nostre aziende agricole a quella di altri settori, usando come indicatore il rapporto MOL/Ricavi (o MOL%), indice della bontà della gestione operativa. Ne era uscito che, in media, potevamo considerarci vicini ai risultati di aziende considerate molto redditizie, come la Mercedes e la Pepsi.

Era passato magari in secondo piano il paragone tra le potenzialità dei diversi settori. Rimanendo sulle categorie appena citate, l’automotive e le bevande, potremmo discutere di come si distribuiscono, in termini di redditività, i diversi attori del settore.

Vale a dire, quanta distanza c’è tra chi opera bene o meno bene all’interno di queste categorie? È la stessa distanza che troviamo nei nostri allevamenti di vacche da latte?

La realtà supera di molto la fantasia. Se consideriamo i “segmenti”, cioè restringiamo la categoria, restando, ad esempio, sulle auto intese come veicolo più o meno accessoriato (Toyota, FIAT-Chrysler, Mercedes) e non come bene di lusso (Ferrari, Lamborghini ecc…), troviamo redditività che si muovono in un 5% massimo (12%-17%).

Se parliamo di Grande Distribuzione Organizzata (Eurospin, LIDL, Esselunga), restringiamo ancora il campo (8%-10%). Se parliamo di bevande gassate (Pepsi, Coca-Cola e simili) allarghiamo un poco il campo, ma rimaniamo in un range credibile (19%-29%).

Quanto a noi, se parliamo non di agricoltura o di allevamento in generale, che comprenderebbero il settore del vino o particolari nicchie di mercato, ma di stalle di vacche da latte dell’area Grana Padano, ecco la grande sorpresa. In attesa dei dati del 2024, presto disponibili, utilizziamo quelli del 2023: tra la stalla con la redditività minore e quella con la redditività maggiore del nostro campione di aziende passavano 37 punti percentuali.

Ci crediamo? Trentasette percento: la differenza tra il -3% di quella meno redditizia e il 34% della campionessa di incassi.

A grande sorpresa scopriamo anche che quelle più redditizie devono molto del loro risultato ad ottimi prezzi del latte, ma non si distinguono in modo particolare per l’attenzione ai costi operativi: è probabile che gli elevati ricavi portino alcuni imprenditori a non essere aggressivi verso il contenimento dei costi (elegante versione di “chi ha il pane non ha i denti”).

La domanda che sorge a questo punto è: fino a dove può arrivare questo segmento del settore agricoltura e allevamento? Che redditività (MOL%) può raggiungere una stalla con 300 vacche in mungitura (né troppo piccola, né così grande), che conferisce latte ad una cooperativa che produce Grana Padano – storicamente il modo migliore di valorizzare questa materia prima, almeno in Lombardia – e che ha una gestione ottimizzata, cioè un’azienda che ha sia il pane che i denti?

La risposta potrebbe sorprendere ancora: siamo oltre il 40%, oltre la Ferrari, nel segmento del lusso. Stiamo parlando di una simulazione, cioè cosa succederebbe alle stalle migliori per costi operativi se avessero un prezzo del latte molto più premiante.

Per il 2023 dunque, fantascienza. A breve vedremo i risultati del 2024 delle aziende che, preparato il loro conto economico, parteciperanno al nostro programma benchmark. E scopriranno dove sono e dove possono arrivare.

Ovvio, sempre in attesa della svolta del 2025, anno magico di trasformazione… cos’è che avete scritto in cima alla lista dei buoni propositi?

Note

[1] Con equity qui intendiamo la quota parte di un investimento portata dall’azienda. Per esempio, fatto 100 l’ammontare di un investimento, se la banca ci finanzia l’80% il restante 20% è la nostra equity.

[2] www.ruminantia.it/fare-i-conti-fa-la-differenza-anche-di-23-centesimi-per-litro-di-latte/