Veterinario Aziendale: il Buiatra nel rapporto tra Allevatori ed Enti di Controllo

Il V.A. è stato invocato nel testo del Decreto Legislativo n.117 del 27-5-2005, all’art.3 comma 1 che prospetta la definizione “di un sistema di reti di sorveglianza”, e poi al comma 3: “inclusi gli obblighi a carico degli operatori del settore alimentare e degli allevatori, che possono avvalersi per la loro esecuzione di un veterinario aziendale”,  con riferimento inequivocabile a questa figura.
Il termine veterinario aziendale è solitamente in uso nella dialettica professionale, e richiama il buiatra pratico l.p. chiamato ad intervenire per lo svolgimento della zooiatria negli allevamenti, e identifica una attività ben definita nelle mansioni e compiti, nel contesto del quale ruolo sono  compresi tutti gli interventi professionali come la sfera clinica, chirurgica, riproduttiva, la pronta reperibilità, ecc., che da sempre hanno contrassegnato il rapporto con gli allevatori-imprenditori zootecnici; i quali nel provvedimento legislativo assumono la definizione di O.S.A. (operatore settore alimentare).

L’ innovazione per il veterinario pratico l.p., è il collegamento con il Sistema Sanità Pubblica, per il suo diretto concorso alla realizzazione della rete di sorveglianza epidemiologica, istituita con la Decisione n.2119/98/CEE del Parlamento Europeo e del Consiglio U.E. del 24 settembre 1998. Proprio l’epidemiosorveglianza, ovvero la raccolta di informazioni finalizzate a definire il livello di rischio sanitario di un allevamento o di un determinato territorio, e pertanto fondamento per il controllo di ogni malattia diffusiva del bestiame secondo le normative specificatamente prescritte, è di pertinenza veterinaria, ovvero di tutti i colleghi che operano negli allevamenti. L’indicazione Europea non entra nel merito delle competenze e modalità organizzative dei Servizi Veterinari nei Paesi membri, ma fa riferimento al veterinario in quanto sanitario che visita gli allevamenti. Le Autorità Sanitarie Comunitarie sono convenute nella necessità del rilievo e gestione di tutte le problematiche sanitarie nel periodo più precoce rispetto alla loro insorgenza, coinvolgendo il personale tecnico più vicino agli allevatori. Chi può rappresentare questa figura se non il veterinario tradizionalmente disponibile per la pronta reperibilità, ovvero per l’esercizio della zooiatria?

La Sicurezza Alimentare integrata quale è l’obiettivo di vertice del processo produttivo, è il frutto di monitoraggio di tutti gli eventi che interagiscono o che turbano la Salute Animale e loro produzioni: casi e cause di mortalità, comportamento e benessere degli animali, efficienza riproduttiva, biosicurezza, nutrizione, ecc., solitamente in questi ambiti si mascherano i primi segnali o sospetti di anomalie riconducibili a nuovi morbi o ricomparsa di malattie “storiche” con sintomi atipici che dimostrano l’adattamento degli agenti eziologici a innovate tecnologie di allevamento e genotipo. In una zootecnia proattiva, volta a prevenire ed a ricercare margini di competitività contro ogni noxa patogena o inefficienza, il monitoraggio scrupoloso organizzato per schemi e obiettivi può sviluppare non solo l’abbattimento del rischio sanitario invocato, ma divenire il volano per la qualificazione delle produzioni zootecniche che se ne avvalgono, riconoscendo una certificazione virtuosa, fregio che può conferire valore aggiunto in un mercato sempre più competitivo e che deve conquistare margini di reddito integrandosi con la filiera agroalimentare. Perchè il Sistema Sanità, Qualità e Competitività delle produzioni possa consolidarsi è indispensabile che sia autentico, che sia validato da regolamentata certificazione e vigilanza dalla Sanità Pubblica Veterinaria. L’icona del veterinario Buiatra pratico, prontamente reperibile, abile nella esecuzione delle manualità professionali, spesso in un rapporto conciliante con l’imprenditore zootecnico, deve assumere una caratterizzazione più forte e autorevole, per il vantaggio di lungo termine dell’azienda e del sistema sanità-qualità-competitività; talvolta occorre contrapporre la visione di breve termine dell’imprenditore, ma tenere fede al progetto sottoscritto che conferisce all’azienda un vantaggio sicuramente premiante. Pertanto il professionista deve divenire solerte nel riprendere le situazioni di malapratica, nel registrare gli eventi che contribuiscono ad esacerbare le criticità aziendali, se il caso richiamando  l’adozione di misure anche vincolanti da parte degli organi competenti. Il V.A. dovrà assumere autorevolezza nella raccolta di dati veridici, anziché cedere alla inerzia di minimizzare gli eventi infausti annidata nel sentimento allevatoriale, dovuto alla viscerale tenacia di proteggere la migliore immagine del proprio lavoro vissuto con passione, congiunto ad una cresciuta e giustificata sensibilità verso la tutela della privacy del sistema produttivo aziendale e sue connessioni. Da parte degli allevatori prevale negli episodi di emergenza sanitaria aziendale il timore di esporre l’allevamento a provvedimenti restrittivi, o divenire teatro di eventi enfatizzati per malattie o non conformità spesso tutt’altro che infrequenti. In questa delicata interazione ritengo debba posizionarsi il lavoro di collegamento tra l’azienda zootecnica ed il sistema sanità promosso dal veterinario aziendale: proprio il rilievo, il primo step diagnostico, con il flusso di informazioni dalla periferia al centro assicurano all’autorità sanitaria il controllo del territorio, finalità invocata dall’epidemiosorveglianza, così il monitoraggio su precise indicazioni centrali, integrate dinamicamente da conoscenze via, via acquisite dai vari flussi di informazioni, concorre alla categorizzazione e abbattimento del rischio sanitario, e promuovere il monitoraggio e controllo delle criticità fino alla loro estinzione, quale alternativa a provvedimenti sanitari improntati al solo rigore e vincoli, talvolta vessatori per i produttori e  la filiera agroalimentare.
Un sistema sanitario così integrato: Sanità Pubblica Veterinaria, Veterinari zooiatri pratici l.p., O.S.A., può generare una attrattiva virtuosa per lo sviluppo degli allevamenti da cogliere e  promuovere con accorgimenti premianti.

Al concetto di epidemiosorveglianza che fa esplicito riferimento alle malattie infettive, potranno essere associate con lo stesso rapporto Pubblico-Privato altri aspetti dello status sanitario dell’allevamento: il benessere animale, le condizioni di trasporto, la farmacosorveglianza, l’igiene, la nutrizione, la formazione del personale, ecc., l’obiettivo è di stimolare l’imprenditore zootecnico ad elevare il livello di gestione ed ottenere un credito riconosciuto a vantaggio della sicurezza alimentare ed efficienza gestionale.

Il buiatra pratico è chiamato a diventare il propulsore della medicina preventiva in allevamento, pur mantenendo le sue mansioni originarie che tradizionalmente lo legano al mondo zootecnico: la reperibilità in rapporto privatistico, e tutto ciò che attiene alla cura degli animali.
Siamo tutti convinti che la prevenzione sanitaria è economicamente vincente rispetto all’interventismo terapeutico e di questo innovativo modello operativo il buiatra pratico se ne deve appropriare e deve essergli riconosciuto professionalmente come merito e gratificazione economica, nonostante che  nel settore non ci sia ancora piena coscienza del cambiamento che i tempi impongono.

Per perseguire l’obiettivo è necessario un modello operativo univoco, codificato da un Decreto Ministeriale che definisca compiti e competenze, che include il V.A. nel Sistema Sanità. Ci dovrà essere una uniformità di atti e adempimenti per tutti i V.A. e gli O.S.A. coinvolti, dovranno essere definite le responsabilità contrattuali e medico legali.

Per generare una adesione spontanea al progetto V.A. che è il punto determinante, sono convinto che occorra una leva forte, tutta da scoprire in Italia, ovvero l’aggregazione di prodotto per quoziente qualitativo sulla base di parametri sanitari oltrechè merceologici: la conquista di spazi di mercato delle relative filiere ne potrà costituire il volano per l’aggregazione di nuove aziende.
Per unificare i protocolli di intervento,  obiettivi, obblighi e competenze è necessaria una adeguata formazione degli operatori, riconosciuta dal Ministero della Salute.

Dunque quale sarà il rapporto ed il luogo di lavoro tra il V.A. e l’O.S.A.-allevatore? Sicuramente il buiatra non abbandonerà mai la “stalla” intesa come l’insieme delle strutture, impianti, ricoveri, animali, personale,…e la sua diretta opera comprensiva di manualità e di prescrizioni, tuttavia le competenze “storiche” saranno arricchite dalla necessità di rapportarsi con l’allevatore in termini di progettualità, di essere preparati per suggerire (perchè sempre consulenti i veterinari saranno) con convinzione le scelte strategiche aziendali più appropriate, che coincidono con le esigenze sanitarie ed economiche della realtà aziendale che il buiatra meglio di tutte le altre figure professionali può raccogliere ed esprimere.

Prevedo un veterinario che dovrà comunicare di più, su questo punto la categoria professionale veterinaria buiatrica/zooiatrica dovrà concentrare gli sforzi per conquistare il ruolo che le compete. La comunicazione tecnica dovrà inserirsi su un livello di riscoperta autorevolezza che la prassi professionale, in un ambiente non consono ai formalismi ha abbandonato, con lo svilimento della professionalità  percepito da molti colleghi, approssimativamente attribuito e talvolta subito.

Occorre riportare ordine, distinzione di ruoli, correttezza e deontologia in un settore zootecnico in difficoltà, che invoca profitto tangibile immediatamente, ma i tempi dei cicli biologici del nostro lavoro sono lungimiranti ed in collisione con le aspettative, storicamente perdenti, talvolta avanzate da minoranze del mondo rurale avverso ai cambiamenti epocali.