In risposta allo stress da calore, le vacche reagiscono riducendo l’ingestione di sostanza secca e aumentando il consumo di acqua, il ritmo respiratorio e la sudorazione. Soprattutto l’aumento del ritmo respiratorio riduce la pressione della CO2 nel sangue inducendo un’alcalosi respiratoria.

L’aincremento di escrezione di HCO3 nelle urine successivo a questo fenomeno induce per feedback un’acidosi metabolica, che di solito in estate avviene nel periodo notturno al calare della temperatura.

Anche la sudorazione causa una perdita di elettroliti (Na+, K+, Ca2+, Mg2+, I, Cl, HClO3, HPO4). Questo fenomeno, associato ad una minor motilità ruminale, aumenta il rischio di acidosi durante lo stress da calore.

Per questo motivo è importante aumentare il DCAD (Dietary Cation-Anion Difference) delle diete durante i mesi estivi tramite l’integrazione di sali contenenti i cationi persi con le urine ed il sudore (tabella 1). I tamponi maggiormente usati sono bicarbonato di sodio, carbonato e bicarbonato di potassio, carbonato misto di calcio e magnesio (dolomite), carbonato di calcio da alghe marine (litotamnio), magnesio ossido e magnesio fosfato, che aiutano a combattere l’abbassamento del pH ruminale ed ematico.

Tabella 1 – Valori dei principali anioni e cationi consigliati in estate nella dieta delle bovine da latte (Fonte: Fantini Professional Advice srl 2015).

Anche il consumo idrico va monitorato attentamente dal momento che l’introduzione di maggiori quantitativi di acqua più fredda della temperatura corporea aiuta la termoregolazione mitigandone l’aumento. La letteratura riporta inoltre che alcuni oli essenziali (cfr. capsaicina) aumentano il consumo di acqua di abbeverata.

L’effetto termoregolatore è stato osservato anche con l’uso di Aspergillus oryzae, che riduce le reazioni esotermiche endoruminali favorendo l’attacco del legame ligno-cellulosico.

La regolazione del pH ruminale ha come meccanismo principe la rimozione/assorbimento degli acidi grassi a corta catena (SCFA), e la neutralizzazione attraverso i tamponi salivari e i tamponi apportati dagli ioni ammonio e dai fosfati.

In caso d’acidosi ruminale abbiamo maggior permeabilità della mucosa dei prestomaci alle tossine (istamina in primis) e un insufficiente assorbimento di SCFA da parte della parete ruminale. Questi ultimi, una volta usciti dal rumine disciolti nella fase liquida, possono favorire alterazioni della barriera gastro intestinale (acidosi intestinale) e dare origine a processi infiammatori.

La maggior permeabilità intestinale (leaky gut) fa sì che le endotossine e i batteri provenienti dal rumine trasmigrino nel flusso ematico causando infiammazioni sistemiche negli organi bersaglio (piedi e mammella).

È stato ipotizzato che l’acidosi possa avere come concausa la carenza di sodio, ma recenti studi (Bertens et al) non hanno notato una diminuzione dell’assorbimento SCFA in carenza di sodio.

Diverso è il discorso riguardante il DCAD e il tampone dietetico: sembrerebbe infatti che l’aumento del DCAD stimoli l’ingestione di sostanza secca tramite l’aumento del consumo di acqua di bevanda, comprovato dall’aumento della minzione. In effetti, l’aumento del consumo di acqua è un meccanismo fisiologico per combattere lo stress da calore.

L’associazione tra l’azione dei tamponi ruminali (sodio acetato) e quella dell’aumento del DCAD hanno causato un aumento del calcio e dell’HCO3 nel siero ematico delle vacche dimostrando quindi una reale efficacia del trattamento nel sopracitato studio di Bertens.

In questo studio si è anche notato un aumento del grasso nel latte con un aumento dei De Novo a spese degli acidi grassi preformati.

Per quanto riguarda il pH ruminale è chiaro che, avendo ogni tampone una peculiare costante di dissociazione correlata con lo ione a cui sono associati i minerali, il pH gioca un ruolo importante per valutarne l’efficacia.

Ad esempio, il carbonato misto di calcio e magnesio (dolomite, CaMg(CO3)2) ad un pH medio di 6,1 è solo parzialmente solubilizzato a livello ruminale e conclude la sua dissociazione a livello gastro intestinale. Questo spiegherebbe l’aumento del calcio ematico ed una diminuzione della permeabilità di barriera in concomitanza con uso della dolomite, effetto legato alla sua capacità tampone a livello post ruminale.

Al contrario l’effetto tampone del bicarbonato di sodio per ridurre il nadir del pH ruminale è molto più efficace degli altri tamponi, in quanto la sua solubilizzazione è praticamente totale a pH ruminale.

Nel caso dell’ossido di magnesio, da sempre usato come apporto di magnesio e come tampone ruminale, ci troviamo davanti ad una variabilità altissima del valore biologico dei vari ossidi, condizionata essenzialmente dalla temperatura di estrazione del magnesio dalle rocce; inoltre, la biodisponibilità del magnesio è ulteriormente condizionata dal livello di potassio della razione e della percentuale di magnesio apportato dall’ossido (NASEM 2021).

Magnesio assorbito = [44,1 – 5,42 x ln(K) – 0,08 x “Supplemento”]/100

dove K è il potassio della razione (g/kg) e il “supplemento” è la percentuale di magnesio nella dieta apportata da ossido di magnesio.

Secondo questa equazione, con livelli di potassio dell’1,2% la biodisponibilità teorica del Mg nella razione è del 31%, mentre con livelli di potassio del 2,5% l’assorbimento si riduce al 18% esponendo quindi l’animale a possibili carenze anche se la razione appare adeguatamente integrata.

Da ultimo esaminiamo l’effetto del litotamnio, che di fatto, essendo originato da calcare marino legato a sostanza organica, offre una maggior biodisponibilità del calcio a livello ruminale, cosa che non avviene col calcio carbonato, la cui disponibilità ruminale è molto bassa.

Lo studio del tamponamento ruminale va quindi effettuato accuratamente e, come sempre, ogni razione fa storia a sé…