L’enterite neonatale rappresenta la principale causa di morte del vitello nell’allevamento della vacca da latte. Il buiatra viene spesso chiamato per intervenire su situazioni cliniche decisamente compromesse, e l’adozione di un protocollo terapeutico agile, prontamente utilizzabile ed efficace rappresenta un vantaggio notevole per la riduzione della percentuale dei vitelli che vengono a morte in seguito ad un episodio diarroico. Fermo restando che l’obiettivo primario della moderna buiatria debba rimanere l’adozione di strategie che riducano la possibilità che i vitelli si ammalino, è comunque necessario conoscere i sistemi terapeutici salvavita da mettere in pratica ogniqualvolta fossimo chiamati per intervenire in emergenza. L’enterite neonatale è caratterizzata da modificazioni patologiche di diversi parametri ematici che sarebbe necessario conoscere per poter mettere in atto una terapia mirata. Purtroppo, per instaurare un’opportuna terapia, non sempre abbiamo la possibilità di avere in tempi ragionevoli i dati derivanti dalle analisi di laboratorio, e gli strumenti utilizzabili direttamente dal buiatra (macchine analizzatrici per emogasanalisi o biochimica clinica) sono economicamente poco ammortizzabili per una buona parte delle realtà zootecniche del territorio italiano. Ne consegue che il ricorso ad un protocollo empirico, ma ragionato, possa essere decisivo per poter assicurare comunque un intervento di adeguata efficacia e professionalità.

La correzione della disidratazione è il primo punto di una terapia di emergenza efficace. La stima empirica del grado di disidratazione è di importanza cruciale per calcolare la quantità di fluidi da somministrare endovena per ristabilire le perdite di liquidi che ci sono state fino al momento del nostro intervento. Clinicamente si considerano tre gradi di disidratazione attraverso la valutazione del turgore cutaneo (a partire da un deficit di liquidi > 6% del peso vivo), del grado di infossamento del bulbo oculare nell’orbita (a partire da un deficit di liquidi > 8% del p.v.)  e il decubito permanente con estremità fredde per lo shock ipovolemico (a partire da un deficit di liquidi > 12 % del p.v.):

  • Grado 1: il vitello ha solo una lieve riduzione del turgore cutaneo.
  • Grado 2: il vitello ha una riduzione marcata del turgore cutaneo e un infossamento apprezzabile dei bulbi oculari.
  • Grado 3: il vitello ha un infossamento notevole dei bulbi oculari, è in decubito permanente ed ha le estremità degli arti fredde (shock ipovolemico).

Considerando le stime dei precedenti gradi di disidratazione, è necessario somministrare le seguenti quantità di fluidi:

  • Grado 1: perdita stimata di liquidi → 5% del peso vivo che equivale a circa 2 litri per un vitello del peso di 40 kg.
  • Grado 2: perdita stimata di liquidi → 10% del peso vivo che equivale a circa 4 litri per un vitello del peso di 40 kg.
  • Grado 3: perdita stimata di liquidi → 15% del peso vivo che equivale a circa 6 litri per un vitello del peso di 40 kg.

Una volta ristabilita la quantità di liquidi persa fino al momento del nostro intervento, è necessario assicurare un apporto continuo nelle 24 ore che tenga presente il fabbisogno di base (circa 3 litri per un vitello di 40 kg di p.v.) e la compensazione delle perdite in corso (che si continueranno ad avere fino a guarigione completa), che però sono variabili in base alla gravità della diarrea:

  • Diarrea di lieve entità: 3 litri di fabbisogno di base + 1,6 litri di compensazione.
  • Diarrea di media entità: 3 litri di fabbisogno di base + 3,2 litri di compensazione.
  • Diarrea grave: 3 litri di fabbisogno di base + 4/7 litri di compensazione.

Se il riflesso di suzione è buono, l’apporto di liquidi nelle 24 ore può essere assicurato attraverso la somministrazione di latte (che non andrebbe mai tolto!) e di soluzioni reidratanti orali.

L’enterite neonatale è spesso caratterizzata da una depressione del sensorio più o meno accentuata, in parte derivante dalla disidratazione, ma essenzialmente dovuta ad un’acidosi metabolica. Clinicamente possiamo riconoscere 3 gradi di acidosi metabolica:

  • Acidosi lieve: il vitello appare solo leggermente depresso e l’appetito è conservato.
  • Acidosi moderata: la depressione del sensorio è più marcata, il vitello ha una stazione insicura e tende a barcollare, il riflesso della suzione è ridotto.
  • Acidosi grave: il vitello è in decubito sternale o laterale, il riflesso di suzione è appena accennato o totalmente assente.

La correzione dell’acidosi metabolica prevede l’utilizzo di sostanze ad effetto tampone, tra cui la principale è il bicarbonato di sodio. Solo l’acidosi lieve può essere corretta dalle preparazioni reidratanti orali, mentre i gradi medio e grave necessitano di una somministrazione endovenosa (lenta!) di bicarbonato di sodio all’8,4%, tenendo presente le seguenti indicazioni:

  • Acidosi lieve: fabbisogno di 14 – 21 g di bicarbonato corrispondenti a 160 – 250 ml di soluzione all’8,4%.
  • Acidosi moderata: fabbisogno di 35 – 42 g di bicarbonato corrispondenti a 400 – 500 ml di soluzione all’8,4%.
  • Acidosi grave: fabbisogno di 56 – 63 g di bicarbonato corrispondenti a 650 – 750 ml di soluzione all’8,4%.

Il latte non andrebbe mai sospeso, nemmeno in presenza di diarrea grave. Un vitello neonato che non si alimenta per più di 24 ore rischia seriamente un’ipoglicemia, che può risultare fatale. Per questo motivo è necessario integrare la terapia reidratante endovenosa con del glucosio fino a quando il vitello non potrà alimentarsi con regolarità. Il fabbisogno giornaliero di glucosio ammonta a circa 200 grammi (5 g/kg peso vivo), e può essere assicurato dalla somministrazione parenterale di 400 ml di soluzione glucosata al 50%.

La terapia di supporto prevede l’utilizzo di:

  • Antinfiammatori non steroidei (flunixin meglumine 2,2 mg/kg p.v., meloxicam 0,5 mg/kg p.v.) per la loro attività antinfiammatoria, antiendotossica e analgesica. Da usarsi con attenzione per gli effetti collaterali su rene (spt su soggetti disidratati) e apparato gastroenterico.
  • Vitamina E e selenio, vitamine del gruppo B.

La terapia antibiotica orale e/o parenterale dovrebbe essere usata solo rispettando alcune condizioni:

  • Quando si sospetta o si ha la conferma di un’infezione batterica specifica localizzata a livello intestinale (leggi anche “Le enteriti neonatali ad eziologia batterica“).
  • Quando si sospetta o si ha la conferma del rischio di una batteriemia: la sepsi è una delle principali complicazioni delle infezioni da E.coli (in 30% dei casi) e Salmonella (regolarmente).
  • Quando è alto il rischio che si possa avere una proliferazione batterica aspecifica a livello intestinale, ad esempio in seguito a malassorbimento per infezioni di origine virale (leggi anche “Le enteriti neonatali ad eziologia virale“).

Negli altri casi, a meno che non si abbia la disponibilità di una diagnosi eziologica specifica, l’utilizzo di sostanze antimicrobiche non è giustificato.

Possiamo riassumere quanto detto finora ricordando al lettore che l’approccio empirico al vitello affetto da diarrea neonatale prevede i seguenti step:

  • Valutazione clinica del grado di disidratazione e correzione della perdita stimata di liquidi.
  • Valutazione clinica del grado di acidosi metabolica e correzione mediante somministrazione endovenosa lenta di una soluzione di bicarbonato di sodio all’8,4%.
  • Somministrazione di glucosio EV se il vitello è a digiuno da più di 24 ore.
  • Valutazione clinica della gravità della diarrea e calcolo della quantità di fluidi da apportare nelle 24 ore (latte + soluzione reidratante orale) per coprire il fabbisogno di base e le perdite in corso.
  • Valutazione della necessità di una terapia antibiotica e di supporto.

L’intento di questo articolo è fornire alcuni strumenti utili per poter intervenire in quelle situazioni in cui il ricorso al laboratorio sia impossibile o antieconomico, pur garantendo una buona efficacia e professionalità. Lo scopo è di recuperare quel senso clinico che ci contraddistingue come categoria (i buiatri!), e che possiamo utilizzare per ottenere ottimi risultati facendo affidamento non solo alla diagnostica di laboratorio, che comunque resta un ausilio straordinario quando sia possibile ricorrervi, ma anche a ciò che non ci abbandona mai: l’intuito che origina dall’esperienza e la conoscenza derivante dallo studio.