La riduzione del titolo proteico nelle razioni di vacche da latte ad alta produzione è una pratica che si va sempre più diffondendo per tentare di:

  1. limitare i costi alimentari,
  2. aumentare l’efficienza dell’azoto nella razione,
  3. ridurre le emissioni di azoto fecali ed urinarie dal momento che ogni riduzione di 1 punto proteico della razione porta a una diminuzione di circa il 10% dell’azoto urinario sul totale dell’azoto escreto,
  4. minimizzare l’effetto negativo che possono avere sull’apparato riproduttore gli eccessi proteici.

D’altro canto, limitare il titolo proteico, per quanto meritorio in un’ottica di sostenibilità, può portare ad una diminuzione del latte prodotto e dell’ingestione di sostanza secca o, alternativamente, promuovere una deplezione dei tessuti muscolari o adiposi che aumenta le perdite di peso corporeo.

Per quanto riguarda il tema sostenibilità, un aspetto che non va sottovalutato è che diminuire il titolo proteico della dieta di circa 1,5 punti e contestualmente aumentare l’amido della dieta di circa 2 punti porta ad una riduzione delle emissioni di metano, sia in termini assoluti che per litro di latte prodotto, di circa il 10%.

Quindi, la strategia per il futuro dev’essere forzatamente quella di ridurre le emissioni azotate senza ridurre l’efficienza. In quest’ottica è diventata molto importante la nozione di aminoacido limitante.

Nella Florida Nutrition Conference di questa primavera è stato esaminato (Hristov, 2024) il ruolo dell’istidina, un aminoacido essenziale per il quale la nozione di limitante è stata a lungo discussa negli ultimi trent’anni.

Considerando il rapporto energia/proteina si potrebbe affermare che l’istidina è un’illustre sconosciuta; infatti, molti studi sono stati condotti correlando l’energia della dieta al contenuto di metionina e/o di lisina metabolizzabili in essa incluso, mentre per l’istidina i dati sono molto meno numerosi.

Il comportamento dell’istidina a livello epatico è simile a quello della metionina, e il drenaggio da parte della mammella e il contenuto di istidina nel latte sono simili a quelli di quest’ultima.

Sembrerebbe quindi che i fabbisogni di istidina dovrebbero essere simili a quelli della metionina, ma non è così: infatti, essi sono più alti in quanto l’istidina metabolizzabile viene depositata nella carnosina e nell’emoglobina ematica.

Infatti, la sorte dell’istidina a livello metabolico è di:

  • costituire proteina microbica,
  • sintetizzare la carnosina,
  • effetto tampone dei composti che la contengono,
  • decarbossilazione ad istamina.

L’ultimo punto citato non riguarda solo il metabolismo ma anche l’ambiente ruminale, in quanto in carenza di energia fermentescibile, l’istidina subisce una decarbossilazione ossidativa dando origine alla sua ammina biogena, l’istamina, che è il vasodilatatore periferico più temuto per l’insorgenza di mastiti e lesioni podali.

In una metanalisi effettuata da Raisanen nel 2023 utilizzando insilati d’erba o di mais come base alimentare e istidina, in forma ruminoprotetta o per infusione post ruminale, è stata riconosciuta, pur essendo molto differente il range di inclusione, una chiara risposta in produzione di latte, ingestione e produzione di proteine totali giornaliere; questo effetto è stato riscontrato in maniera più evidente nelle razioni a base di silomais.

Negli studi di Broderick, l’istidina è il terzo aminoacido limitante subito dopo la lisina e la metionina, e subito prima gli aminoacidi a catena ramificata; sicuramente, il contenuto di istidina negli alimenti è molto variabile ed in rapporto al titolo proteico i sottoprodotti del mais (semola ed expeller) ne contengono di più dei proteici tradizionali (soia, girasole, colza).

Durante i lavori della Penn State si è osservata una diminuzione dell’istidina plasmatica dopo un lungo periodo di basse proteine totali in razione. L’istidina ha un comportamento unico rispetto agli altri Aminoacidi essenziali (EAA): si deposita infatti nei dipeptidi muscolari e nel colesterolo ematico. L’istidina così stoccata, più quella della carnosina e dell’emoglobina, permette di mascherare temporaneamente delle deficienze di istidina metabolizzabile.

Inoltre, è stato dimostrato che la supplementazione di istidina ruminoprotetta aumenta la quantità della stessa nel sangue.

In tutte le ricerche finora condotte è emerso che, essendo il contenuto di istidina nella proteina microbica inferiore a quello nel latte, questo aminoacido diventa più limitante nel caso in cui  il ruolo della proteina microbica nell’apporto di proteina metabolizzabile (MP) risulti più alto. Questa situazione si verifica più di frequente quando le proteine totali della dieta sono basse.

Dalla Figura 3 si può evincere chiaramente che con titoli proteici più bassi l’efficienza della supplementazione con istidina è molto più marcata.

Sembrerebbe inoltre che la supplementazione con istidina, dopo un periodo sperimentale di 11 settimane, porti ad un aumento dell’ingestione di 1,4 kg di sostanza secca indipendentemente dalla fase di lattazione.

Quando arriviamo ad un contenuto di istidina metabolizzabile di 75 grammi o al 3% di MP abbiamo un effetto molto più evidente in caso di inadeguato apporto di MP, con aumenti di proteina totale nel latte che raggiungono i 30 grammi giornalieri. Inoltre, va tenuto ben presente il rapporto tra istidina metabolizzabile ed energia metabolizzabile, che dovrebbe collocarsi attorno 1 grammo di istidina per MCal di energia metabolizzabile, e, come sempre in questi casi, andrebbe testata la biodisponibilità dei prodotti commerciali che la contengono.

Si può quindi concludere che l’apporto di istidina ruminoprotetta potrebbe essere un valido strumento in caso di razioni contenenti bassi tassi di proteine totali, situazione che sarà sempre più comune per i motivi espressi all’inizio dell’articolo, in cui l’apporto di MP sia principalmente rappresentato dalla proteina batterica.