Lavorare per sviluppare strumenti per migliorare l’efficienza alimentare delle bovine allevate è una delle priorità della ricerca degli ultimi cinque anni.

Come ben illustrato dalla dr.ssa Baes dell’Università di Guelph al Convegno ANAFI tenutosi a Verona a fine gennaio, non è un carattere semplice e poco costoso da misurare: quantificare quanto un animale ingerisce e trasforma in materia utile è possibile solo su pochi soggetti e generalmente in stalle sperimentali legati alle Università o ad altri istituti di ricerca zootecnici. E’ complesso anche scegliere quale  indicatore utilizzare per la stima di un indice genetico o genomico efficace per la selezione di animali più efficienti: esiste infatti un universo di  approcci e non ce ne è ancora uno condiviso ed utilizzato da tutti.

Selezionare mandrie più efficienti dal punto di vista alimentare permette di incidere sulla redditività aziendale, considerato che almeno il 50% dei costi di produzione di una azienda la latte è legato all’alimentazione e, al tempo stesso, di diminuire l’impatto ambientale.

Ad oggi, gli indici per l’efficienza alimentare pubblicati sono di due generi:

  1. diretti: cioè basati anche su dati fenotipici relativi all’assunzione di sostanza secca;
  2. indiretti: basati solamente su indici correlati con l’efficienza alimentare.

Ad oggi, gli unici Paesi che pubblicano un indice diretto per l’efficienza alimentare sono i Paesi bassi e l’Australia.

Indici indiretti sono invece pubblicati negli Stati Uniti e, da dicembre 2019, anche nei Paesi Nordici.

L’indice per l’efficienza alimentare, di fatto, descrive il potenziale genetico per incidere, riducendoli, sui costi di alimentazione sia per una migliorata efficienza di mantenimento (meno richieste energetiche per il mantenimento) che per una migliorata efficienza metabolica (migliore utilizzazione della razione per la produzione e riproduzione).

Mentre gli indici diretti stimano entrambe le componenti, quelli indiretti stimano solamente la componente metabolica.

L’indice indiretto, recentemente pubblicato nei Paesi Nordici e non ancora inserito nell’indice di selezione, è chiamato al pari di quello olandese e australiano “Alimento risparmiato” (Feed saved in inglese). Un indice genetico superiore indica una maggiore quantità di alimento risparmiato e può essere espresso in termini di kg di sostanza secca nelle tre lattazioni. La parte di indice basata sui caratteri diretti, e pertanto in grado di stimare l’efficienza metabolica, è ancora in fase di sviluppo e quindi da dicembre 2019 viene pubblicata solo la parte relativa al mantenimento stimata, nelle tre lattazioni, a partire dai dati relativi al peso degli animali e/o alla misurazione di statura, profondità corporea e apertura del costato durante le valutazioni morfologiche delle primipare. L’ereditabilità dei caratteri utilizzati nella valutazione va dal 18% della profondità corporea al 56% del peso in terza lattazione.

Come tutti gli altri indici pubblicati nei Paesi nordici è espresso su una scala che ha media 100 e deviazione standard 10.

Si sta lavorando per determinare il valore economico del nuovo indice in vista dell’inserimento nell’indice di selezione Nordic Total Merit (NTM).

Ci vorrà un po’ di tempo per familiarizzare con questo nuovo strumento ma, gli allevatori danesi, svedesi e finlandesi hanno ora un mezzo in più per cominciare dalla genetica a costruire reddito per il futuro.

In figura 1 è riportato il trend genetico per il nuovo indice nelle razze Holstein, Rossa danese e Jersey (fonte: NAV).