Il sistema immunitario ha il compito di proteggere l’organismo dai microrganismi patogeni, quali virus, batteri e parassiti ma anche di sorvegliare ed eliminare cellule e sostanze danneggiate, vecchie o interessate da modificazioni (per es. cellule neoplastiche). Questo compito è svolto in modo efficacissimo dall’attività sinergica e complementare di due aspetti del sistema immunitario: l’immunità innata e l’immunità acquisita. La differenza tra i due tipi è essenzialmente in termini di tempo di risposta e specificità verso il bersaglio. L’immunità innata si attiva ed esercita la sua piena funzione in brevissimo tempo (qualche ora) ma è alquanto aspecifica; l’immunità acquisita invece, per potersi esprimere pienamente, necessita di diversi giorni ma è caratterizzata di un’elevata specificità per quel determinato antigene e soprattutto è capace di conservarne la memoria immunologica (a volte anche per tutta la vita). L’utero, come gli altri organi e apparati, vede la partecipazione sinergica di entrambi i tipi di immunità ma mentre la sua componente di immunità innata è stata ampiamente studiata e codificata, si conosce molto poco del ruolo dell’immunità acquisita. In quest’articolo, dopo una revisione delle caratteristiche principali del sistema immunitario acquisito verranno affrontate le esigue conoscenze attuali circa la componente adattativa del sistema immunitario dell’utero.

L’immunità specifica o acquisita o adattativa può essere didatticamente divisa in due tipi:

  1. umorale;
  2. cellulo – mediata.

Le cellule principali del sistema immunitario acquisito sono i linfociti che possiamo distinguere in due tipi: i linfociti B e i linfociti T. Questi linfociti si definiscono anche piccoli linfociti, per distinguerli dai grandi linfociti che sono conosciuti con il nome di linfociti natural killer (NK) che rappresentano una percentuale esigua della popolazione linfocitaria (3%) ed hanno un comportamento che li pone a metà strada tra l’immunità innata e l’immunità acquisita. In pratica i linfociti natural killer si muovono nei tessuti verificando che ogni singola cellula sia SELF ed in caso contrario (cellule infettate da virus o neoplastiche) la distruggono immediatamente. I piccoli linfociti rappresentano il 97% della popolazione linfocitaria, derivano dalla linea linfoide delle cellule staminali ed in base all’organo in cui completano la maturazione si dividono in linfociti B (nel midollo osseo) e linfociti T (nel timo). La maturazione dei linfociti consiste nell’acquisizione di un recettore (un’immunoglobulina di tipo D) detto BCR (B – cell receptor) per i linfociti B e TCR (T – cell receptor) per i linfociti T quindi migrano nell’organismo e raggiungono i vari organi e apparati dove spesso si organizzano in agglomerati linfatici, pensiamo ad esempio alle placche del Peyer a livello intestinale, dove coesistono sia linfociti B che linfociti T vergini o naïve cioè che non hanno mai incontrato alcun antigene. L’antigene può venire a contatto con i linfociti sotto forma di antigene libero (antigene solubile) o, molto più frequentemente, attraverso una cellula presentante l’antigene. Le cellule presentanti l’antigene più importanti sono le cellule dendritiche che, simili a neuroni, infiltrano i tessuti con le loro propaggini e formano una specie di rete in modo da massimizzare la probabilità di catturare le sostanze antigeniche. Appena un antigene viene captato la cellula dendritica ritrae i prolungamenti, internalizza l’antigene e si muove alla ricerca di cellule del sistema immunitario a cui presentare l’antigene stesso. L’internalizzazione dell’antigene ne comporta la riduzione ad una forma e dimensioni minime ma sufficienti a scatenare la risposta immunitaria. L’antigene processato e ridotto viene esposto unito al complesso maggiore di istocompatibilità di classe 2 in attesa di essere preso in consegna dai linfociti. Il complesso maggiore di istocompatibilità è un gruppo di proteine di membrana che esiste in due forme principali:

  • Complesso maggiore di istocompatibilità di classe 1 (MHC – 1). È espresso da tutte le cellule dell’organismo e rappresenta una specie di resoconto delle sostanze che la cellula stessa produce. È determinante nel riconoscimento di una cellula SELF, infatti le cellule infettate da virus o neoplastiche, indotte a produrre proteine differenti dal normale, vengono immediatamente riconosciute e attaccate proprio a causa della modificazione del MHC – 1.
  • Complesso maggiore di istocompatibilità di classe 2 (MHC – 2). È espresso solo dalle cellule presentanti l’antigene (cellule dendritiche, macrofagi e linfociti B) ed ha la funzione di legare l’antigene e permetterne la captazione da parte dei linfociti.

Quando il linfocita viene a contatto con l’antigene si forma una sinapsi immunologica, si attiva e inizia una rapida moltiplicazione, regolata principalmente dall’interleuchina-2 (IL – 2), che va sotto il nome di espansione clonale. La popolazione linfocitaria attivata dà vita a due cloni cellulari: le cellule effettrici e le cellule della memoria. Le cellule effettrici saranno coinvolte direttamente nel processo immunologico di lotta all’antigene mentre le cellule della memoria non sono coinvolte e conservano la memoria immunologica dell’antigene in modo da rispondere molto più celermente qualora l’organismo entrasse in contatto in un secondo momento con lo stesso antigene. La memoria immunologica per alcuni antigeni può durare per tutta la vita. A questo punto le cellule linfocitarie effettrici si comportano in modo differente in base alla tipologia di appartenenza:

  • Linfociti B. I linfociti B attivati evolvono in plasmacellule con la capacità di secernere grandi quantità di immunoglobuline (IgA, IgM, IgG, IgE). Sono quindi gli attori principali dell’immunità umorale. Per la maggior parte delle volte i linfociti B non producono direttamente anticorpi ma si comportano da cellule presentanti l’antigene in modo da permettere ai linfociti T helper di riconoscerlo e promuovere l’attivazione di altri linfociti B amplificando la risposta immunitaria. Quando la popolazione di linfociti B sarà sufficientemente numerosa inizierà un’intensa produzione di immunoglobuline. Per questo motivo l’immunità umorale si esprime tanto lentamente e la sieroconversione è piuttosto tardiva.
  • Linfociti T. I linfociti T attivati si differenziano in due tipi principali che sono i linfociti T helper e i linfociti T citotossici. Questi due tipi linfocitari vengono indicati anche con il termine CD (cluster of differentiation): CD4 (linfociti T helper) e CD8 (linfociti citotossici). Il compito dei linfociti T è quello di combattere infezioni scatenate da microrganismi intracellulari (linfociti T citotossici) e di promuovere l’attivazione dei linfociti B e macrofagi (linfociti T helper). La caratteristica principale dei linfociti T è l’incapacità di riconoscere direttamente gli antigeni e per farlo necessitano dell’interazione con le cellule presentanti l’antigene (cellule dendritiche, macrofagi e linfociti B). I linfociti T citotossici (CD8) interagiscono con l’antigene unito al complesso maggiore di istocompatibilità di classe 1 (MHC – 1) producendo una serie di sostanze in grado di distruggere la cellula (perforine, enzimi di membrana ecc.). Questo processo è conosciuto come immunità cellulo – mediata. I linfociti T helper (CD4) interagiscono con gli antigeni uniti al complesso maggiore di istocompatibilità di classe 2 (MHC – 2) e promuovono l’attivazione dei linfociti B e dei macrofagi.

Le analisi istologiche dei campioni di mucosa uterina mettono spesso in evidenza la presenza di aggregati di cellule linfatiche. Queste “isole” di linfociti vengono chiamate follicoli linfatici e sono costituite da linfociti T e B. Il loro ruolo e le loro dinamiche non sono stati sufficientemente indagati dalla ricerca scientifica e le conoscenze che abbiamo sono piuttosto limitate, però è chiaro che hanno la capacità di produrre sia citochine proinfiammatorie che immunoglobuline sebbene l’organizzazione sia molto semplificata rispetto ai MALTs (specific mucosal-associated lynphoid tissues) quali ad esempio le placche del Peyer dell’intestino. F. Annunziato et al. (2015) hanno riconosciuto tre tipi di immunità cellulo – mediata: di Tipo 1, che determina una protezione nei confronti di batteri intracellulari, protozoi e virus, di Tipo 2, che assicura la protezione nei confronti di parassiti elminti e di Tipo 3, coinvolta nella lotta a batteri extracellulari e miceti. Per coloro che volessero approfondire l’argomento possono reperire in rete (open source): The 3 major types of innate and adaptative cell-mediated effector immunity di F. Annunziato et al., 2015. Il tipo di immunità adattativa che si pensa sia operante a livello uterino è un sistema che vede la compartecipazione dei Tipi 1 e 3.  In seguito ad un’infezione naturale gli antigeni patogeni sono catturati e processati dalle cellule dendritiche localizzate nell’endometrio. Le cellule dendritiche si comportano da cellule presentanti l’antigene e attivano le popolazioni naïve di linfociti dei follicoli linfatici per mezzo delle citochine interleuchina 12 e 18 (IL – 12, IL – 18) attivando una risposta cellulo – mediata di Tipo 1 e una risposta di Tipo 3 attraverso l’influenza delle citochine IL – 23 e IL – 1β. I linfociti T – helper (CD4) e T – citotossici (CD8) attivati dall’ IL – 12 e IL – 18 (immunità di Tipo 1) producono interferone ϒ e fattore di necrosi tumorale (TNF) esercitando l’attivazione dei grandi linfociti natural killer ed altre cellule immunitarie. I linfociti CD4 e CD8 attivati invece dalle interleuchine 23 e 1β (immunità di tipo 3) influenzano, grazie alla liberazione di interleuchina 22 e 17 (IL – 22, IL – 17), la produzione di peptidi antimicrobici da parte delle cellule endometriali, la migrazione dei granulociti neutrofili e la differenziazione dei linfociti B in plasmacellule con la conseguente produzione di immunoglobuline, soprattutto IgA e IgG che si trovano in quantità piuttosto abbondante nel lume uterino. Di queste la totalità delle IgA e almeno la metà delle IgG sono prodotte in loco mentre le restanti IgG sono di provenienza ematica e svolgono un ruolo importante nel processo di opsonizzazione dei patogeni e delle tossine.

Alcune interessanti ricerche di Brodzky P. et al. (2014) hanno indagato il rapporto tra linfociti CD4 (linfociti T helper) e CD8 (linfociti T citotossici) tra di loro e in relazione alle infezioni uterine. Al giorno 5 post – partum non ci sono differenze tra vacche sane e vacche che successivamente svilupperanno un’endometrite tra linfociti B, CD4 e CD8 ma già nella terza settimana dal parto i linfociti CD4 sono in numero inferiore nelle vacche che svilupperanno un’endometrite, infine intorno al 40° giorno le vacche affette da endometrite hanno un numero molto maggiore di linfociti CD8 e meno linfociti B e CD4 rispetto alle vacche sane. Questi movimenti della popolazione linfocitaria in relazione allo stato sanitario dell’utero offrono delle speranze ai ricercatori che si stanno interessando alla ricerca di un vaccino contro le infezioni uterine. Fino ad oggi i tentativi di allestire preparati immunizzanti contro i batteri responsabili di metrite sono stati piuttosto deludenti ma l’evidenza che le vacche pluripare dimostrino una maggiore resistenza alle metriti è un segno che si possa considerare una strada percorribile. L’aspetto limitante è la penuria di informazioni aggravata dal fatto che l’utero, a differenza di altri organi, ha il compito di accogliere e ospitare il prodotto del concepimento, cioè un organismo intero totalmente NON SELF. L’utero è una specie di Giano bifronte che periodicamente e ciclicamente si trova nella condizione di cambiare totalmente funzione: sopprime quasi del tutto la capacità di reagire alle sostanze estranee durante la gravidanza e deve riattivare tale capacità in una manciata di ore dopo il parto in modo da fronteggiare la contaminazione batterica e riparare i danni ai tessuti. Questo è un aspetto straordinario e affascinante che andrebbe studiato e compreso profondamente e che probabilmente contiene informazioni preziose spendibili anche in altri campi della medicina.