La razione a “piatto unico” viene comunemente chiamata “unifeed” in Italia e “TMR“, acronimo di Total Mixed Ration, nel resto del mondo. Negli USA se ne iniziò a parlare già negli anni ’50, ma il primo vero articolo scientifico su questa tecnica per preparare la razione giornaliera alle bovine da latte, dal titolo Complete Feed Ration for Lactating Dairy Cows, fu scritto nel 1966 da G.G Mc Coy, H.S. Thurmon, H.H. Olson e A. Reed.

Da allora la TMR si è diffusa in ogni angolo della terra non solo per alimentare le bovine da latte ma anche le bufale, i bovini da carne, le capre e le pecore. Una variante della TMR è la PMR (Parzial Mixed Ration), ossia la TMR affiancata da un’aggiunta di concentrati somministrati a mano, tramite auto alimentatori oppure, come avviene per la mungitura automatica, dal robot di mungitura per stimolare gli animali alla sua frequentazione.

I tanti gruppi di ricerca che parteciparono alla nascita della TMR, e che tuttora ne stanno guidando l’evoluzione, hanno permesso di consolidare i vantaggi dati da questo metodo per l’alimentazione dei ruminanti. È importante essere consapevoli che quasi tutta la ricerca sulla nutrizione di questi animali d’allevamento è stata costruita sulla TMR.

Questo modo di somministrare razioni in cui sono presenti contemporaneamente tutti gli alimenti nel dosaggio prescritto dal nutrizionista e dall’alimentarista, conferisce un grande controllo della dieta. La preparazione delle razioni giornaliere e la loro somministrazione è quasi sempre meccanizzata. Questo ha il vantaggio di una maggiore precisione derivante dalla pesatura di ogni ingrediente delle razioni e della riduzione del costo del lavoro. La rapida diffusione dell’AFS (Automatic Feeding System), ossia dei carri unifeed robotizzati, ha in sè la potenzialità di migliorare ulteriormente la qualità della TMR e ridurre ancora la necessità di utilizzare manodopera specializzata.

Pur tuttavia, esiste anche per questa tecnologia un “tallone d’Achille”, ossia un punto critico particolarmente insidioso, che si chiama “sorting”, ovvero il dare agli animali la possibilità di selezionare nella TMR gli alimenti più gradevoli. Dare ai ruminanti la possibilità di scegliere li espone a disturbi ruminali gravi come l’acidosi clinica e sub-clinica a decorso acuto o cronico. La sostanza secca delle TMR oscilla dal 45 al 65%, e ciò minimizza il rischio del sorting. L’aggiunta di melasso fino al 4% della sostanza secca della razione aiuta a ridurre ancora questo rischio, specialmente nelle razioni a bassa umidità dovuta all’assenza e alla scarsa presenza di alimenti umidi come gli insilati e alcuni sottoprodotti.

Esistono una serie di regole da rispettare per preparare ottime TMR che riducano al minimo il rischio di acidosi ruminale. Molto noti sono gli standard proposti dal Penn State Particle Separator (PSPS). La presentazione della prima versione del PSPS risale al 1996 e lo strumento era costituito da tre setacci impilati. Il primo con fori da 19 mm, il secondo con fori da 8 mm e poi un fondo. Nel 2013 fu introdotto un quarto setaccio da 4 mm. La somma del peso delle particelle intrappolate nei tre setacci con i fori moltiplicata per il contenuto dell’NDF della razione dà il peNDF (physically effective NDF), ossia l’NDF attivo nel garantire un’adeguata ruminazione e produzione di saliva.

Nella fase di formulazione della razione i nutrizionisti tengono conto del peNDF perché ne conoscono la percentuale in ogni alimento che potrebbero utilizzare, e sanno che diete al di sotto del 19-20% sono molto performanti ma rischiose per l’acidosi ruminale. Il PSPS suggerisce che una TMR dovrebbe avere dal 2 all’8% delle particelle trattenute nel setaccio da 19 mm, dal 30 al 50% trattenute nel setaccio da 8 mm e il 10-20% da quello da 4 mm.

Accanto a questi sistemi di monitoraggio oggettivo, molto utile è l’osservazione del comportamento alimentare degli animali. Se le bovine da latte mangiano la TMR senza scuoterla con il muso, significa che questa è ben fatta e non possono sceglierla.

Oltre a migliorare i controlli sulla granulometria delle varie particelle che compongono la TMR, è bene avere le dovute conoscenze sul carro unifeed da comprare che si deve adattare alla propria realtà aziendale. Un carro dura molti anni, per cui una scelta sbagliata può avere ripercussioni gravi e di lunga durata. Ci sono molte tipologie di carri sul mercato: orizzontali e verticali, con una o più coclea, trainati o semoventi, automatici o manuali, con desilatori o senza. E tanti sono gli accessori disponibili. La prima premessa da fare per una scelta consapevole è che si deve sapere che tipo di razioni si dovranno formulare nel medio-lungo periodo. Ci sono macchine che si adattano meglio di altre alle razioni a secco, ossia senza insilati, e quelle che riescono a gestire meglio razioni dove il foraggio secco è poco o per nulla presente. Se, ad esempio, la dieta comprende quantità molto elevate di insilato di mais, è importante che sia il desilamento che la miscelazione del carro mantengano il più possibile elevata la dimensione delle particelle di questo ingrediente, e che sia soddisfatto anche il difficile requisito di avere nel PSPS il setaccio da 8 mm con almeno il 40 % della razione. Per un allevatore, ma anche per un alimentarista e un nutrizionista, è oggettivamente difficile individuare il miglior carro che soddisfi le proprie necessità. I motivi di questa difficoltà sono molteplici, non ultimo il fatto che il livello qualitativo raggiunto da buona parte dei costruttori è piuttosto alto.

La cosa più “saggia” da fare è visitare allevamenti che fanno razioni simili, magari con modelli di carro diversi, in modo da vedere l’unifeed e magari valutarlo oggettivamente con il PSPS.