Una ripresa precoce dell’attività ovarica post partum è molto importante per avere una mandria altamente efficiente dal punto di vista riproduttivo. Un periodo di anaestro anovulatorio, caratterizzato dall’assenza delle principali strutture ovariche (follicolo dominante e/o corpo luteo), è normale nei primi 7 – 20 giorni post partum. Dal 19° al 22° giorno dopo il parto nella maggior parte delle bovine da latte avviene la prima ovulazione, generalmente non accompagnata da manifestazione estrale e seguita da una fase luteale più breve. Le vacche che non hanno avuto alcun segno di ovulazione al 44° giorno di lattazione sono classificate come affette da anaestro anovulatorio (Rhodes et al., 2003).

La ripresa dell’attività ovarica è il risultato di una serie di eventi affascinante e a tratti misteriosa. Prima del parto l’elevata concentrazione ematica di progesterone e l’aumento progressivo degli estrogeni circolanti esercitano un blocco della liberazione ipofisaria di gonadotropine (FSH e LH). Il rapido crollo del progesterone dopo il parto sblocca la liberazione pulsatile di gonadotropine: FSH dal 5°/10° giorno e LH dal 10°/20° giorno. Intorno al 20° giorno post-parto, spesso, è già presente un follicolo dominante il cui destino può essere:

  • Atresia: regressione a causa del sostegno insufficiente delle gonadotropine (FSH e LH).
  • Ovulazione.
  • Ciste: il follicolo continua a crescere ma non ovula per mancanza di un picco preovulatorio di LH.

L’ovulazione del primo follicolo dominante avviene quando gli estrogeni prodotti dalle cellule della granulosa del follicolo raggiungono una quantità sufficiente a stimolare un valido picco preovulatorio di LH. La produzione di estrogeni è supportata da alcuni ormoni, quali l’IGF-I e l’insulina, che hanno un’azione sinergica con le gonadotropine e sono dei potenti stimolatori della steroidogenesi e della proliferazione delle cellule della Granulosa – Teca.

L’ultrasonografia ha dato la possibilità di indagare profondamente le caratteristiche del ciclo ovarico facendo luce su aspetti prima sconosciuti. Grazie all’indagine ecografica, Wiltbank et al. (2002) e Gnemmi e Maraboli (2012) hanno definito tre categorie di anaestro anovulatorio:

  • Anaestro di tipo I, caratterizzato dalla formazione e sviluppo di follicoli ovarici che generalmente non superano gli 8 mm di diametro. Sono assenti sia follicolo dominante che corpo luteo. Dal punto di vista ormonale vi è una carenza importante di gonadotropine circolanti, in particolare la liberazione pulsatile di LH risulta fortemente deficitaria.
  • Anaestro di tipo II in cui possono essere identificati follicoli di diametro superiore agli 8 mm. Può esserci un follicolo dominante il cui destino è la regressione (atresia). Il corpo luteo è assente. Dal punto di vista ormonale, questa condizione è associata ad una liberazione pulsatile di LH presente ma con una bassa frequenza a causa del feedback negativo esercitato dalla scarsità degli estrogeni circolanti.
  • Anaestro di tipo III nel quale le strutture follicolari crescono oltre le dimensioni di un follicolo preovulatorio. Il reperto palpatorio mette in evidenza una o più cisti ovariche in assenza di tessuto luteinico. Possono esserci o meno manifestazioni estrali. Dal punto di vista ormonale l’assenza di un picco preovulatorio di LH determina la mancanza dell’ovulazione.

L’incidenza varia tra il 22% (Opsomer, 2000) e il 38% (Lucy, 2001) e dipende essenzialmente dall’efficacia della gestione, durante il periparto, dell’equilibrio energetico negativo. La progressione nei vari tipi di anaestro spesso riflette la severità decrescente (I più grave, III più leggero) del deficit nutrizionale che tutte le bovine sperimentano nel periodo di transizione e che esercita una forte influenza sui delicati equilibri ormonali che sostengono la “decisione di iniziare a riprodursi” della bovina. È un campo di ricerca vasto e promettente da cui emergono collegamenti affascinanti che riguardano le modalità di comunicazione tra i vari organi ed apparati in grado di modulare l’attività riproduttiva. Le molecole che legano il metabolismo e la riproduzione sono numerose ed in parte ancora sconosciute. Di seguito, una breve lista assolutamente incompleta:

  • Glucosio e acido propionico → stimolano la liberazione di LH.
  • Ghrelina: prodotta dall’intestino. Aumenta durante il digiuno e viene inibita dall’ingestione di alimenti → inibisce la liberazione di LH.
  • Leptina: prodotta dal tessuto adiposo, agisce sull’ipotalamo favorendo la liberazione di gonadotropine.
  • Insulina → ha un’azione sinergica con le gonadotropine ed è un potente stimolatore della steroidogenesi e della proliferazione delle cellule della Granulosa – Teca (aumento degli estrogeni).
  • Acidi grassi: l’aumento dei NEFA nel sangue in seguito a dimagrimento o per l’ingestione di grassi rumino-protetti esercita un effetto di feedback negativo sull’ipotalamo che deprime la liberazione di gonadotropine.
  • Amminoacidi: condizionano pesantemente la produzione epatica di IGF-I, tra i più potenti fattori di crescita del follicolo.

La raccolta e registrazione dei dati ottenuti dalle visite ginecologiche di routine o l’impiego di tecnologie in grado di misurare il progesterone sono di straordinaria importanza per monitorare la ripresa dell’attività ovarica dopo il parto. Al di là delle implicazioni di natura terapeutica che hanno il fine di recuperare le bovine in anaestro e ridurre i giorni open, l’importanza della conoscenza di questo dato è di natura prettamente manageriale. Una sorta di termometro, poco specifico ma molto sensibile, in grado di restituirci la misura dell’efficacia delle varie strategie aziendali: la gestione alimentare del periodo di transizione, la gestione dei gruppi, il comfort ed il benessere.