La qualità del latte destinato al consumo diretto è da sempre oggetto di attenzione per il suo apporto di sostanze nutritive quali le proteine, i lipidi, i minerali e le vitamine mentre, l’interesse per la componente organolettica è passato spesso inosservato se non in concomitanza di fattori che ne hanno provocato gravi anomalie con comparsa di aromi sgradevoli (off- flavors).

Da alcuni anni a questa parte numerosi ricercatori stanno cercando di individuare nel latte anche la presenza di quelle sostanze che conferiscono al medesimo un particolare aroma che lo rende più gradevole al consumatore.

L’aroma del latte infatti è una caratteristica che varia a seconda delle specie animali e dipende da numerose componenti volatili, le quali possono essere trasferite al latte seguendo diverse vie. I composti volatili presenti nel latte possono arrivare nella mammella  dal sangue per trasferimento dall’apparato respiratorio, dal foraggio attraverso l’apparato digerente o dai gas di fermentazione ruminali attraverso la mucosa del rumine.

L’alimentazione e le condizioni di allevamento sono considerati fra i fattori che più di altri sono in grado di influenzare la presenza e la percentuale di alcune frazioni volatili presenti nel latte. E’ noto infatti che nella frazione lipidica del latte è disciolta la maggior parte degli aromi che provengono dai foraggi assunti dagli animali, i quali contengono carotenoidi, acidi grassi polinsaturi, terpeni, composti aromatici, oli essenziali ed altre essenze odorose. Questi composti, insieme ad altri meno noti, sono presenti nei foraggi in misura diversa a seconda della loro origine (pianura – montagna), che  siano freschi e/o affienati nonchè conservati mediante insilamento.

Fra i composti sopra elencati particolarmente interessante sembra essere  la classe dei terpeni  i quali sono sostanze specifiche del mondo vegetale e si caratterizzano per le loro elevate proprietà odoranti. È stato provato che i terpeni sono i principali responsabili degli aromi presenti nel latte e nel formaggio riconducibili alla tipologia di alimentazione somministrata alle bovine.

I terpeni passano rapidamente nel latte e si trovano in quantità elevate quando gli animali consumano foraggi ricchi di leguminose (dicotiledoni). Il contenuto di terpeni infatti varia molto nelle diverse famiglie botaniche: sono praticamente assenti nelle graminacee foraggere, mentre ne sono molto ricche le famiglie delle composite e delle ombrellifere, che notoriamente abbondano nei prati polifiti e nei pascoli di montagna.

La presenza dei terpeni nel latte e nei prodotti derivati è utilizzata come marker per l’identificazione della variabilità che si riscontra nelle derrate con il cambio delle stagioni e ancor più con il passaggio da foraggi prodotti in pianura rispetto a quelli di montagna. Razioni con elevate percentuali di fieni sembrano favorire la presenza di terpeni ed in particolare dell’a-pinene nel latte.

Accanto alle sostanze in grado di apportare aromi gradevoli e bene accetti ne figurano altre che, al contrario,  possono apportare odori in grado di condizionare negativamente il sapore del latte. Fra quelli che più frequentemente si possono incontrare figura l’odore di rancido e/o ossidato (off – flavors).

L’ossidazione è una reazione chimica che avviene fra l’ossigeno e gli acidi grassi polinsaturi che costituiscono le membrane dei globuli di grasso presente nel latte. La reazione di ossidazione può avvenire spontaneamente oppure può essere indotta da fattori legati all’alimentazione e da  fattori legati all’animale.

Fattori legati all’alimentazione:

– L’impiego di foraggi freschi e/o conservati: i foraggi freschi si differenziano notevolmente da quelli conservati per l’elevato apporto di sostanze ad azione antiossidante fra le quali figurano la vitamina E ed il β-carotene. Tali molecole durante lo stoccaggio vanno inevitabilmente incontro a denaturazione, con  perdite che possono raggiungere il 60% del totale entro 4 giorni e un altro 50% della quota rimanente può andare perso durante il primo mese di stoccaggio. In considerazione di ciò la quantità totale di vitamina E, biologicamente attiva, assunta dalle bovine risulta molto scarsa. Come il livello di vitamina E della razione scende il grasso del latte diventa più suscettibile all’ ossidazione spontanea.

– La  qualità del foraggio somministrato: la presenza di muffe, i danni causati da un eccessivo riscaldamento dopo la raccolta e la eventuale presenza di nitrati, fanno si che le sostanze antiossidanti naturali presenti nei foraggi non siano più disponibili per le bovine. I foraggi con tali caratteristiche apportano inoltre elevati quantitativi di sostanze tossiche (micotossine, perossidi), aventi azione antagonista nei confronti degli antiossidanti, dalle quali l’animale deve difendersi a danno della qualità del latte prodotto.

Fattori legati all’animale:

– Stato di salute delle vacche: vacche con mastiti, o con effetti conseguenti a mastiti, hanno una maggior propensione a produrre latte suscettibile ad irrancidimento  per il verificarsi di lipolisi spontanea. Esiste una stretta relazione la presenza di cellule somatiche dipendenti da un processo infiammatorio ed il tenore di acidi grassi liberi nel secreto mammario. Ciò è dovuto alla presenza di lipasi nei corpi cellulari e nelle componenti emetiche.

– Stadio di lattazione e quantità di latte prodotto: È stato messo in evidenza che dalla 2^ alla 4^ settimana di lattazione (fase di montata lattea) il latte presenta globuli di grasso più resistenti alla ossidazione, mentre dalla 12^ – 15^  settimana (inizio seconda fase di lattazione) i globuli di grasso risultano più suscettibili al processo ossidativo per una diversa associazione ai globuli medesimi di rame che favorisce la reazione ossidativa.

– Condizioni di stress per le bovine: il parto, l’estro, le malattie metaboliche ed infettive, le alte temperature ed umidità, improvvisi cambiamenti di temperatura, problemi podali e non corrette condizioni di allevamento figurano fra i principali fattori causa di stress per la vacca da latte il cui organismo reagisce producendo quantitativi elevati di radicali liberi. Questi radicali liberi attaccano e ossidano gli acidi grassi presenti nelle membrane cellulari e, conseguentemente, anche le membrane dei globuli di grasso, favorendo anche in questo caso la comparsa di aromi anomali.

A conclusione è possibile affermare che l’aroma del latte rappresenta un parametro di difficile misurazione ma, al tempo stesso,  figura fra le caratteristiche più facilmente ed immediatamente percepite dal consumatore. Tale aspetto dovrebbe essere tenuto in attenta considerazione sia da parte degli allevatori che da parte dei nutrizionisti.

Autori: Afro Quarantelli, Federico Righi. Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie, Università degli Studi di Parma