Il parto è un evento naturale nella vita di una bovina. L’apprensione, francamente eccessiva, che accompagnava l’evento parto negli anni passati è stata superata grazie a una maggiore consapevolezza e preparazione del personale di azienda.

È sempre più chiaro che, quando alle bovine vengono assicurate delle condizioni ambientali e manageriali idonee, queste partoriscono senza difficoltà, con benefici evidenti sia per la vacca che per il vitello. Naturalmente, si tratta di entità biologiche che, come tali, non sempre rispondono sistematicamente nello stesso modo, anche quando le condizioni ecologiche rimangono sostanzialmente immutate.

Può succedere che una piccola percentuale di vitelli presenti dei problemi al momento della nascita e abbia la necessità di ricevere assistenza. Il personale incaricato della gestione della sala parto dovrebbe essere adeguatamente formato per poter formulare una prognosi relativa alla probabilità di sopravvivenza di ogni vitello neonato.

La finalità consiste nell’avere un sistema oggettivo di valutazione della vitalità in modo da poter decidere se il vitello sia normalmente vitale, abbia bisogno di assistenza generica oppure necessiti dell’intervento di un Veterinario.

Tra i vari sistemi di valutazione proposti negli anni passati, il più semplice da mettere in pratica è senza dubbio quello proposto da Mulling nel 1976 e poi modificato da Born nel 1981. È una chiave di valutazione elaborata a partire dal famosissimo schema di APGAR usato in medicina umana, che serve a stimare la probabilità di sopravvivenza di un vitello neonato.

Si applica immediatamente dopo la nascita e prende in considerazione quattro parametri:

  • Reazione della testa a un getto d’acqua
  • Riflesso bulbare e ungueale
  • Respiro
  • Colore delle mucose

Per valutare la reazione del vitello a un getto d’acqua fredda sulla testa si versa sulla sommità della testa oppure all’interno di un orecchio dell’acqua e si attende la reazione fisiologica di scuotimento ripetuto del capo.

Per valutare il riflesso bulbare, occorre toccare delicatamente il bulbo oculare (sclera o cornea). Il riflesso, quando è fisiologicamente presente, determina la retrazione immediata del globo oculare all’interno dell’orbita e una chiusura delle palpebre.

Per valutare il riflesso ungueale, bisogna comprimere il cercine ungueale (la porzione tra l’unghione e la cute delle dita) oppure divaricare i due unghioni. Il riflesso evocato stimola la sottrazione dell’arto alla manovra.

Il respiro si valuta attraverso l’ispezione visiva del torace. Un respiro normale prevede il susseguirsi ritmico e regolare del ciclo di abbassamento e sollevamento della parete costale. Quando il respiro è assente, il torace appare immobile. Quando il respiro è aritmico le fasi di abbassamento e sollevamento si alternano in modo irregolare.

Il colore delle mucose si valuta con l’ispezione visiva della cavità orale, delle narici e delle congiuntive. Il colore normale è rosa o rosso pallido. Le mucose appaiono di colore tendente al blu quando il vitello è cianotico oppure di colore bianco in seguito a shock (per vasocostrizione periferica).

La chiave di valutazione prevede di assegnare ad ogni parametro un punteggio che va da 0 a 2. La valutazione finale si ottiene sommando i valori dei quattro punteggi. Un punteggio tra 8 e 7 indica un vitello sano e vigoroso, valori tra 6 e 4 indicano una situazione clinica a rischio che richiede una qualche forma di assistenza, mentre valori tra 3 e 0 indicano un vitello scarsamente vitale, fortemente a rischio e che richiede un’assistenza medica urgente.

I punti di forza di questo sistema di valutazione sono:

  • È oggettivo, nel senso che, utilizzando valori numerici, diventa molto attendibile e standardizzabile. Quando è applicato con rigore, lascia poco spazio all’interpretazione e solleva l’operatore da eventuali dubbi interpretativi.
  • È semplice da insegnare e imparare. Le misurazioni previste possono essere apprese e messe in pratica anche da personale poco specializzato.
  • Snellisce il lavoro.

I punteggi più alti (es. 5 o 6) possono essere affrontati autonomamente dall’operatore utilizzando dei protocolli operativi standard scritti e codificati.

L’intervento del veterinario viene richiesto limitatamente ai casi clinici più gravi (punteggi < 5) oppure quando le procedure operative standard non hanno portato a un miglioramento apprezzabile.

Il principale punto di debolezza è che, pur essendo un sistema semplice, richiede una grande disciplina e dedizione. In mancanza di una supervisione attenta, può essere utilizzato in modo intermittente o superficiale.

In passato, l’assistenza al parto era una delle principali occupazioni del buiatra di campo. Oggi, l’attività professionale è profondamente cambiata, così come sono cambiate le richieste e le esigenze delle aziende zootecniche. Alla luce di questa nuova realtà, è essenziale riconoscere che l’intervento veterinario sta evolvendo verso prestazioni meno frequenti, focalizzate su problematiche generali e quasi sempre programmate, lasciando poco spazio a un’assistenza capillare e immediata.

Le procedure operative standard sono diventate di uso comune e con esse la necessità di formare adeguatamente il personale aziendale, affinché possa agire autonomamente la maggior parte delle volte e limitare l’intervento del veterinario alle situazioni oggettivamente gravi.

Questa evoluzione non solo migliora l’efficienza operativa delle aziende, ma garantisce anche una risposta più tempestiva alle esigenze dei vitelli neonati, riducendo la mortalità e migliorando il benessere degli animali. La formazione continua e la disciplina nell’applicazione delle procedure sono fondamentali per il successo di questo approccio.