Nel precedente articolo “La sindrome da corpo estraneo nel bovino – Prima parte” abbiamo illustrato gli aspetti eziopatogenetici, i segni clinici e le complicazioni della reticoloperitonite traumatica da corpo estraneo. Con questa seconda parte concluderemo il discorso facendo riferimento alla diagnosi e alle strategie terapeutiche.

Percorso diagnostico

Dal momento che il quadro clinico che caratterizza la sindrome da corpo estraneo è particolarmente variabile, sia nella tipologia delle manifestazioni cliniche che nel grado di intensità con cui vengono manifestate, è necessario adottare un processo di indagine diagnostica disciplinato e ben codificato. Nella fase iniziale della malattia i segni clinici, sebbene non siano quasi mai considerabili patognomonici, orientano piuttosto agevolmente verso il sospetto di sindrome da corpo estraneo. L’infissione di un corpo estraneo nella parete del reticolo evoca immancabilmente dolore e malessere, che in caso di dubbio può essere evocato con l’effettuazione delle prove del dolore o prove del corpo estraneo. Esse si basano su una serie di manovre diagnostiche che hanno l’obiettivo di evocare una risposta algica da parte del bovino che, nel caso fosse affetto da sindrome da corpo estraneo, reagirebbe con l’emissione di un breve gemito afono. Questo suono, che può essere ascoltato avvicinando l’orecchio alla bocca del bovino o attraverso il fonendoscopio appoggiato sulla regione laringea, si genera quando l’animale interrompe il respiro in fase inspiratoria e, con le corde vocali contratte, espira l’aria forzatamente. Le prove del dolore più conosciute ed utilizzate sono:

  • Prova del Garrese. Sollevando in plica la cute della regione del garrese (apofisi spinose delle vertebre toraciche) nella parte finale di una inspirazione, si provoca un incurvamento del dorso (posizione di falsa lordosi). Questo movimento provoca all’interno dell’addome un lieve scivolamento del reticolo sul peritoneo parietale. Nel caso di corpi estranei infissi o processi infiammatori localizzati, il movimento evoca una sensazione di dolore che il bovino manifesta attraverso il gemito di cui parlavamo in precedenza.
  • Prova del bastone. In questa prova due operatori si pongono ai lati del bovino e, utilizzando un bastone, sollevano il pavimento addominale rilasciandolo all’improvviso. Si parte dalla regione xifoidea e si prosegue caudalmente ad intervalli di 15-20 centimetri. Il sollevamento dell’addome, alternato al rilascio repentino dello stesso, provoca lo scivolamento del reticolo sul peritoneo parietale analogamente a quanto succede con la prova del garrese. Anche in questo caso la prova è positiva quando il bovino emette un gemito espiratorio.
  • Percussione con martello pesante. Per effettuare questa prova è necessario procurarsi un martello in gomma, reperibile facilmente nei negozi di ferramenta, del tipo utilizzato dai piastrellisti per la posa delle mattonelle sul pavimento. Con questo strumento si percuote con una certa energia la stessa area esplorata con la prova del bastone: regione xifoidea e caudalmente fino alla regione ombelicale, talvolta spingendosi dorso-lateralmente fino alla parte ventrale degli archi costali. Con questa tecnica è possibile non solo evocare la risposta algica ma anche delimitare con precisione l’area con maggiore sensibilità dolorifica. Questo particolare può essere di aiuto per valutare una eventuale diffusione del processo peritonitico oppure differenziare la sindrome da corpo estraneo da altre patologie dolorose a localizzazione addominale (ad es. ulcera abomasale).

In una fase più avanzata della malattia purtroppo la sensibilità dolorifica del bovino si affievolisce notevolmente fino a scomparire del tutto. Questo evento complica l’iter diagnostico nel senso che le manovre diagnostiche indicate in precedenza difficilmente mantengono un’attendibilità elevata. In questi casi il ricorso alla diagnostica di laboratorio ci permette di avere elementi utili a formulare un valido sospetto diagnostico. Un ulteriore sistema piuttosto semplice e affidabile è l’indagine ecografica.

L’ultrasonografia può offrire una risposta rapida e soprattutto molto attendibile, anche se un limite importante è la profondità di indagine che purtroppo non supera i 10 – 12 cm utilizzando le comuni sonde lineari (da 5 – 7,5 Mhz) degli strumenti dedicati alla ginecologia. Per l’indagine ecografica sugli animali adulti è necessaria una sonda convex o lineare da 2 – 3,5 Mhz capace di penetrare oltre i 15 centimetri. L’indagine ecografica ha come obiettivo principale la valutazione della motilità reticolare ed eventualmente la presenza di formazioni e materiale patologici. Dopo aver rasato la regione xifoidea e applicato una generosa quantità di gel ultrasonografico si poggia la sonda sulla cute esplorando la regione ventrale, leggermente verso sinistra, in prossimità del processo xifoideo e caudalmente ad esso. Il reticolo apparirà come una struttura di forma semilunare dai contorni lisci, adagiata, in fase di rilassamento, sulla parete ventrale della cavità addominale e sul diaframma. Quello che andremo ad apprezzare sarà l’aspetto del contorno dell’organo e le caratteristiche delle contrazioni bifasiche; il contenuto non è visibile.

In condizioni di normalità il contorno dell’organo dovrà essere liscio e le contrazioni si apprezzeranno nella misura di circa una ogni minuto. In particolare, di ciascuna contrazione bifasica andremo a valutare il tempo di ogni singola fase e l’ampiezza, ricordando che la prima fase della contrazione (incompleta) dura circa 3 secondi ed ha un’ampiezza media di 7 centimetri. Rapidamente segue una seconda fase di contrazione, completa, che dura un po’ di più (circa 4 secondi) ed ha un’ampiezza superiore ai 15 centimetri. Detto questo, i principali reperti patologici che possono essere evidenziati all’ultrasonografia transcutanea sono i seguenti:

  • Contorno irregolare del reticolo e/o delle strutture anatomiche adiacenti.
  • Presenza di ascessi, fibrina o essudato intorno al reticolo.
  • Riduzione della frequenza delle contrazioni bifasiche del reticolo.
  • Riduzione del tempo e dell’ampiezza delle singole fasi di ciascuna contrazione.
  • Talvolta assenza totale delle contrazioni del reticolo.

Diagnosi di laboratorio

La sindrome da corpo estraneo è una sindrome per cui è necessario considerare tutti gli elementi, compresi i reperti di laboratorio, con un atteggiamento estremamente critico. Gli esami del sangue possono orientare il sospetto diagnostico ma sarebbe un grave errore affidarsi ad essi con un atteggiamento fideistico. Contestualmente alla visita clinica, una prima prova, semplice ed immediata, è la prova della glutaraldeide, che si basa sulla capacità di questa sostanza di reagire con le proteine in soluzione formando un gel. Questa caratteristica può essere sfruttata in campo verificando la velocità con cui il sangue, addizionato ad una soluzione di glutaraldeide, coagula. Si prepara il reagente addizionando 5 ml di soluzione di glutaraldeide al 25% in 95 ml di soluzione fisiologica utilizzandone 2 ml che verranno posti a contatto con 2 ml di sangue raccolto in una provetta contenente l’anticoagulante Na – EDTA (provetta con tappo viola).

La reazione è positiva quando il composto coagula entro 6 minuti, tipicamente entro 3 minuti. La prova della glutaraldeide è particolarmente sensibile nel mettere in evidenza uno stato di intensa infiammazione, spesso compatibile con un quadro di peritonite diffusa. Tuttavia, è una prova molto poco specifica in quanto risulta essere positiva anche in concomitanza di altre affezioni morbose su base infiammatoria e tende a dare un risultato incerto sia nella prima fase della malattia sia dopo diversi giorni quando il processo patologico tende a cronicizzare. Resta comunque un valido ausilio per corroborare rapidamente un sospetto prognostico, come sostegno all’esame clinico in mancanza di esami di laboratorio oppure in tutte quelle condizioni in cui occorra prendere rapidamente una decisione sul destino dell’animale.

Il ricorso agli esami di laboratorio è una pratica preferibile ma occorre tenere sempre a mente che non è inusuale avere casi di reticolo peritonite traumatica con dei parametri del sangue perfettamente normali. I reperti di più probabile riscontro sono:

  • Leucocitosi: spesso l’aumento dei leucociti è imputabile ai granulociti neutrofili nella prima fase della malattia mentre ai neutrofili e monociti nella fase di cronicizzazione.
  • Iperproteinemia: >85 g/L.
  • Iperfibrinogenemia: > 10 g/L.
  • Alcalosi metabolica: in concomitanza di un’ipomotilità gastrica grave.

Terapia

Il ricorso alla terapia nei casi di reticoloperitonite traumatica da corpo estraneo prevede un’attenta analisi di una serie numerosa di fattori che è doveroso prendere in considerazione.

I parametri principali che orientano l’iter terapeutico sono essenzialmente due: il valore zootecnico dell’animale e il tempo che separa l’inizio della sintomatologia dal momento della visita.

L’obiettivo della terapia deve essere sempre il completo recupero produttivo del bovino poiché, sebbene spesso si riesca a salvare la vita all’animale, non è scontato che questo possa riacquistare la piena funzione produttiva; spesso i soggetti guariti devono essere riformati nei mesi successivi all’evento patologico per scarso rendimento. La terapia conservativa semplice, con o senza l’utilizzo di antibiotici, è stata da tempo abbandonata in quanto pochissimi animali riuscivano a riprendere la piena funzione produttiva a lungo termine. Un iter terapeutico ragionevole prevede la somministrazione di una calamita a permanenza nelle primissime fasi della malattia. Il massimo successo si ha nelle ore immediatamente successive all’esordio della malattia mentre si riduce progressivamente nei giorni successivi; infatti, dopo 2-4 giorni è molto probabile che il CE sia migrato dal reticolo e che quindi non sia più catturabile dal magnete.

Le principali raccomandazione in questa prima fase sono:

  • Continuare a somministrare alimento al bovino.
  • Se necessario integrare una terapia con antibiotico e antinfiammatorio.
  • Assicurarsi che il magnete sia nel reticolo utilizzando una bussola o un rilevatore di metalli. Personalmente utilizzo un rilevatore di tubature nei muri, uno strumento semplice da usare, molto economico, che può essere acquistato in ferramenta.

Trascorse 48-72 ore senza alcun apprezzabile miglioramento occorrerà decidere per l’intervento chirurgico (laparoruminotomia) oppure per la macellazione. Per le bovine di particolare valore il ricorso alla chirurgia è da considerarsi prioritario poiché è la metodica che offre le migliori chance di successo, soprattutto se si interviene nella primissima fase della malattia.

Conclusioni

La reticoloperitonite traumatica da corpo estraneo sembra essere una di quelle malattie che appartengono al passato ma in realtà, in alcuni contesti è tutt’altro che rara. Purtroppo le possibilità di successo terapeutico, soprattutto nel lungo periodo, sono decisamente contenute, anche perché il pleomorfismo del quadro sintomatologico comporta l’emissione di una diagnosi quasi sempre tardiva.

La principale raccomandazione rimane quella di proteggere la mandria dal pericolo di ingestione dei corpi estranei dotando il carro miscelatore di potenti calamite e, nei limiti del possibile, approvvigionarsi di fieno da luoghi di raccolta relativamente sicuri. Un’ulteriore assicurazione è rappresentata dalla somministrazione di un magnete endoruminale, un’operazione tutto sommato semplice, economica e che offre una garanzia concreta di protezione sul singolo capo bovino.