Il latte in Italia, si sa, più che berlo lo si trasforma in formaggi di alta qualità. Per questo la selezione della Frisona in Italia dagli anni ’90 ha puntato a migliorare, oltre alla quantità, la qualità del latte. Lo dimostra la composizione dell’indice di selezione ufficiale che, pur evolvendosi nel tempo, ha sempre mantenuto: l’Indice Latte Qualità (ILQ) versione 89 e 90, l’Indice Latte Qualità Morfologia (ILQM) del ’93, l’Indice Produzione Funzionalità e Tipo (PFT) del 2004 e la sua evoluzione del 2009 con l’inserimento della fertilità (Tabella 1). Tutti questi indici, con modalità ed enfasi diverse, hanno sempre puntato a migliorare la qualità del latte insieme alla quantità. 

All’inizio contavano solo i kg di grasso e proteina, poi il peso negativo al latte ha cominciato a premiare, a parità di proteina, i soggetti che trasmettevano contenuti superiori di grasso e proteina. Nel PFT invece del peso negativo al latte è stato messo un premio alle percentuali di grasso e proteina. Oggi le Frisone allevate in Italia sottoposte ai controlli funzionali producono una media di 99 quintali per lattazione con il 3,73% di grasso ed il 3,33% di proteina, che a confronto con i 71 quintali con il 3,51 ed il 3,08 di proteina del 1991 è decisamente un bel miglioramento. 

Ma lo sforzo di selezione per la qualità casearia del latte in Italia non si limita a questo. Tutti i tori e le madri di toro dal 1992, sono testati per la K caseina in modo da privilegiare i soggetti omozigoti BB che, come è noto da numerose ricerche, trasmettono alla progenie la variante della K caseina che influenza positivamente le qualità casearie del latte, aumentando il contenuto di caseina e influenzando anche tempi di coagulazione e rassodamento e la consistenza del coagulo. Tutto questo si traduce in una maggiore quantità e qualità del formaggio prodotto per litro di latte lavorato. 

Da dicembre 2013 è inoltre disponibile per tutti l’Indice Trasformazione Casearia. Sulla base dei dati di un progetto realizzato dall’Università di Padova, con la collaborazione della Regione Veneto, alcune APA, alcuni caseifici ed il Centro di FA della regione, è stato possibile individuare gli indici genetici che, più degli altri, contribuiscono a determinare caratteristiche di caseificabilità superiori per il latte prodotto, che sono risultati essere: gli indici per grasso e proteina percentuale, le cellule somatiche e le varianti genetiche per la K caseina. La scala dell’indice è la stessa utilizzata per i caratteri funzionali che ha media 100 e deviazione standard pari a 5. Valori superiori a 100 indicano una migliore caseificabilità e selezionano tori con contenuto di grasso e proteina % superiori, genotipo per la K caseina AB o BB e un livello di cellule inferiore alla media della popolazione. Infatti, i tori con ITC superiore o uguale a 105 hanno un livello genetico medio di 0,11 per la proteina %, 0,23 per il grasso % e 102 per le cellule somatiche. Inoltre, il 13% ha genotipi BB per la K caseina ed il 61% ha genotipo AB. Al contrario, i tori con ITC inferiore o uguale a 95 hanno un livello genetico di -0,08 e -0,21 per grasso e proteina, rispettivamente, e 95 per le cellule somatiche. Inoltre, solo lo 0,29% ha genotipo BB per la K caseina e l’8% AB. Per chi vuole scegliere i tori che migliorino la qualità casearia del latte delle bovine allevate questo è uno strumento aggiuntivo molto utile.  

Il risultato di questo grande lavoro di selezione, oltre che nelle produzioni fenotipiche delle bovine allevate, è visibile anche nel trend genetico dei tori avviati alla FA in Italia ogni anno per i quali latte, grasso e proteina % sono in costante miglioramento (Figura 1). Tra i tori nati ed allevati in Italia, e selezionati dai centri di FA italiani, c’è una percentuale di omozigoti BB per la K caseina del 20%, che per la razza Frisona è un grande miglioramento dal 7% di inizio anni ’90. 

 

Tabella 1 – La composizione dell’indice di selezione della Frisona Italiana nel tempo. 

Figura 1 – Il trend genetico dei tori avviati alla FA per latte, grasso e proteina percentuale.

DOI 10.17432/RMT.2018-1017