Nel precedente articolo sono stati illustrati i principali aspetti della eziopatogenesi e della sintomatologia clinica inerenti alla rinotracheite infettiva del bovino (IBR). Affronteremo ora l’epidemiologia e le varie strategie di profilassi. Per descrivere la relazione tra il BoHV-1 e il bovino è particolarmente utile fare riferimento al quadrilatero di Theobald Smith, del quale abbiamo parlato nell’articolo “Il quadrilatero di Theobald Smith, conoscere il patogeno per sconfiggerlo.

I postulati del quadrilatero di Theobald Smith sono i seguenti:

  1. Il patogeno deve entrare nell’ospite
  2. Il patogeno deve sopravvivere nell’ospite
  3. Il patogeno deve uscire dall’ospite
  4. Il patogeno deve resistere nell’ambiente

Come BoHV-1 entra nell’ospite

La via d’ingresso più importante del BoHV-1 è la mucosa delle vie nasali, oculo-congiuntivali e genitali. Il contagio avviene principalmente per contatto diretto (naso-naso) tra bovino sano e bovino malato. Decisamente meno comune è la trasmissione tramite aerosol, esclusivamente a distanza inferiore ai quattro metri, e la trasmissione tramite vettori (personale, automezzi ecc.). 

BoHV-1 si trasmette molto facilmente con il coito. La fecondazione artificiale rappresenta un rischio perché è stato possibile isolare il virus da materiale seminale ottenuto da tori che avevano riattivato l’infezione latente. L’embryo transfer rappresenta anch’essa un rischio, in quanto gli embrioni raccolti da bovine con un’infezione acuta in atto risultano quasi sempre contaminati. Tuttavia, la trasmissione per queste ultime vie (fecondazione artificiale ed embryo transfer) risulta essere alquanto improbabile. I riproduttori sono sottoposti ad un’intensa sorveglianza sanitaria nei centri genetici mentre gli embrioni raccolti devono essere trattati con tripsina in modo conforme a quanto specificato nel manuale IETS (International Embryo Transfer Society). La dose minima infettante è piuttosto bassa in relazione alla grande quantità di virus eliminata durante la fase acuta della malattia per cui il BoVH-1 circola in modo estremamente rapido ed efficiente all’interno di un gruppo di bovini sensibili. 

Come BoHV-1 sopravvive nell’ospite

Dopo un’iniziale fase replicativa molto intensa nelle cellule mucosali, il BoHV-1 diffonde in tutto l’organismo per via ematica sopravvivendovi fino ad alcune settimane. Una parte dei virus, dalla mucosa infettata, raggiunge per via assonale i corpi cellulari (chiamati pirenofori) dei neuroni dei gangli sacrali o del nervo trigemino dove si liberano del capside e vi rimangono per tutta la vita del bovino sotto forma di DNA circolare. Questo stato di quiescenza, comune a tutti i virus erpetici, si chiama latenza e può essere riattivata in seguito ad una serie di stimoli stressogeni (malattia, trasporto, parto, somministrazione di corticosteroidi ecc.) in maniera del tutto simile a quanto avviene nell’essere umano con il virus dell’herpes labiale. Durante la fase di latenza il bovino non elimina virus, generalmente è sieropositivo ma, in alcune condizioni, può addirittura essere sieronegativo. In particolare, alcuni soggetti potrebbero risultare sieronegativi in due occasioni:

  • Quando passa molto tempo (generalmente anni) dalla fase acuta della malattia, il titolo anticorpale tende a ridursi progressivamente fino ad annullarsi per mancanza di stimolazione antigenica. 
  • Nei vitelli giovani, protetti dall’immunità passiva colostrale, l’infezione acuta può progredire direttamente nella latenza senza la stimolazione di un’immunità anticorpale attiva. Dopo la scomparsa degli anticorpi colostrali, i soggetti risulteranno infetti in forma latente e sieronegativi.

È tuttavia sufficiente una riattivazione dallo stato di latenza perché avvenga una robusta sieroconversione anticorpale, ma fino a quel momento questi risultano essere dei soggetti molto pericolosi dal punto di vista epidemiologico. 

Come BoHV-1 esce dall’ospite

Durante la fase di latenza il bovino non elimina il BoHV-1 che viene liberato esclusivamente durante la fase attiva della malattia per circa 2-3 settimane. L’escrezione virale può essere molto abbondante e avviene attraverso il secreto nasale, oculo-congiuntivale, la saliva e l’aerosol. Per via genitale il virus viene escreto per mezzo dei fluidi vaginale e prepuziale, dei liquidi fetali, dello sperma, delle ovocellule e degli embrioni.

Come BoHV-1 resiste nell’ambiente

Il BoHV-1 è abbastanza resistente in natura. È stabile per 1 mese a 4°C, a 37°C e a 22°C resiste rispettivamente per 10 e 50 giorni. È inattivato a 56°C per 21 minuti ed è sensibile ai più comuni disinfettanti. Un buon programma di pulizia seguita dalla disinfezione delle superfici permette una decontaminazione abbastanza sicura degli ambienti contaminati.

Profilassi

Utilizzando le informazioni esposte nei paragrafi precedenti è possibile dare alcuni consigli di profilassi diretta in modo da limitare fortemente la probabilità che il BoHV-1 entri in un allevamento indenne. La principale fonte di infezione del bovino sano è un bovino con la forma clinica in atto (sia manifesta che asintomatica). La vita produttiva di questa specie animale può essere piuttosto lunga per cui anche i soggetti con l’infezione latente, sebbene non eliminino virus fino a quando non abbiano una forma clinica, sono particolarmente pericolosi. Detto questo, la principale preoccupazione di un allevamento deve essere quella di individuare con estrema accortezza se i soggetti acquistati possano essere potenzialmente infetti. Un bovino sieropositivo deve essere considerato sempre ad altissimo rischio. Il fenomeno della latenza è particolarmente comune nelle infezioni da virus erpetici per cui la presenza di anticorpi specifici conferma che il bovino è venuto a contatto con il virus e potrebbe riattivare l’infezione da un momento all’altro. L’acquisto di soggetti sieronegativi (per anticorpi totali o gE) è l’unica garanzia di sicurezza. Per fugare il rischio, remoto ma possibile, di permettere l’ingresso a bovini sieronegativi con infezione latente è necessario richiedere anche la sieronegatività alla nascita (come fanno i centri genetici). 

È possibile introdurre il BoHV-1 attraverso uno o più bovini che possono aver contratto la malattia da poco tempo, risultare quindi sieronegativi (l’immunità anticorpale è evidenziabile dopo almeno 10/14 giorni) ma trasmettere l’infezione. Quando la malattia è clinicamente evidente è più agevole sospettare la problematica ma è probabile introdurre soggetti con infezione acuta ma asintomatici. La permanenza in un’area adibita ad infermeria permette di minimizzare questo rischio. Durante il periodo di sorveglianza si effettueranno dei tamponi nasali per la ricerca dell’antigene o del DNA virale. 

Il personale, gli automezzi, le attrezzature ecc. rappresentano un rischio di introduzione del BoHV-1 in allevamento. È necessario prevedere di stabilire dei percorsi che gli automezzi esterni debbano seguire in modo da rimanere ad almeno 20 metri di distanza dagli animali mentre il personale è bene che abbia il vestiario esclusivamente per l’azienda (stivali, tuta ecc.). Dal momento che BoHV-1 è particolarmente sensibile ai più comuni disinfettanti, la disinfezione all’ingresso degli automezzi e di tutte le attrezzature potenzialmente contaminate è sufficiente a contenere il rischio sanitario. 

La vaccinazione è un’arma fondamentale per la lotta alla rinotracheite infettiva del bovino. La vera svolta si è avuta con l’immissione in commercio dei “vaccini deleti”. Il fenomeno della latenza impone che un bovino sieropositivo debba essere necessariamente considerato infetto, anche se la sieropositività derivasse dalla vaccinazione. È impossibile, infatti, differenziare una sieropositività da vaccino ottenuto con un virus “non deleto” da una sieropositività da contatto con virus selvaggio. L’adozione e l’utilizzo dei vaccini cosiddetti deleti ha permesso di differenziare queste due situazioni. Il vaccino deleto è ottenuto con un virus al quale è stato tolto (deleto) il gene codificante per una specifica glicoproteina del capside: la glicoproteina E (gE). In questo modo i bovini vaccinati con questa tipologia di vaccino svilupperanno anticorpi contro tutte le proteine del capside tranne per la gE mancante, a differenza dei bovini che vengono a contatto con il virus selvaggio e che produrranno anticorpi anche per la glicoproteina E. Grazie a ciò è stato possibile imprimere un’accelerata formidabile ai programmi di eradicazione e controllo della rinotracheite infettiva del bovino. Si può proteggere la mandria grazie alla vaccinazione e nello stesso momento è possibile individuare i soggetti sieropositivi e differenziarne la positività da vaccino da quella da infezione. In commercio esistono varie tipologie di vaccino: vivi attenuati e inattivati, a virus intero e deleto, per somministrazione intranasale o parenterale. Rispetto alle altre malattie respiratorie, l’IBR è decisamente più complessa per cui indicare una strategia vaccinale standard, adattabile a tutti gli allevamenti, non è possibile. Il Medico Veterinario è l’unico professionista in grado di mettere insieme le informazioni uniche e specifiche di ciascun allevamento e adattare il programma vaccinale in base al contesto in modo che sia il più efficace possibile. 

Concludiamo quindi questa panoramica sulla rinotracheite infettiva del bovino. L’argomento è molto vasto e piuttosto complesso ed ho cercato di condensare i concetti più importanti della malattia in modo da fornire al lettore una panoramica degli aspetti principali. L’intento rimane quello di fornire gli strumenti necessari a fronteggiare con consapevolezza questa temibile patologia e fare in modo che i Medici Veterinari siano in grado di portare valore in allevamento con la propria consulenza sanitaria.