Lo stress da caldo rappresenta l’effetto dell’adattamento dell’organismo animale esposto per un certo periodo di tempo all’azione combinata di umidità e temperatura elevate.

La temperatura corporea aumenta oltre i valori ritenuti fisiologici per la specie quando la produzione interna di calore (endogeno), sommata al riscaldamento del corpo da parte dell’ambiente esterno (calore esogeno), supera la capacità dell’organismo di disperdere il calore stesso. I programmi di miglioramento genetico aumentano la suscettibilità alle alte temperature a causa della stretta correlazione tra livello produttivo e produzione di calore, di conseguenza le bovine da latte ad alta produzione sono particolarmente esposte allo stress termico (U. Bernabucci e N. Lacetera, 2016).

Per stimare l’entità dello stress da calore occorre considerare una serie di elementi che vanno necessariamente valutati contemporaneamente:

  • THI (Temperature-Humidity Index) rapporto tra temperatura ambientale e tasso di umidità.
  • Circolazione dell’aria.
  • Irradiazione solare.
  • Momento produttivo della bovina (le bovine in lattazione sono più sensibili).
  • Modalità di passaggio dalla termoneutralità ad un THI elevato (repentino o graduale).
  • Strategie compensative (modifica della razione, impianti di raffrescamento ecc.).

In linea generale, il THI è il parametro più importante. È molto semplice da misurare e monitorare e costituisce un valore oggettivo con cui possiamo prendere decisioni di natura manageriale. A puro titolo informativo si considera il range di termoneutralità fino a 72 di THI mentre uno stress termico particolarmente severo si ha quando il THI supera 88. Qui di seguito una tabella utile a calcolare il THI e valutare l’impatto potenzialmente dannoso sulla mandria:

 

Gli effetti dello stress da caldo sono stati oggetto di un gran numero di studi scientifici che hanno fatto luce sul perché un THI elevato abbia delle ripercussioni così pesanti sulla riproduzione delle bovine da latte.

Effetto sul comportamento estrale

Da diversi anni è stato dimostrato che il comportamento estrale delle bovine scompare, o viene esibito per un tempo significativamente inferiore, quando queste sono esposte a temperature ambientali elevate (Hall et al., 1959). I motivi sono principalmente di natura ormonale e metabolica:

  • La concentrazione ematica degli estrogeni è decisamente inferiore per le ragioni che verranno esaminate più avanti. Di fatto viene meno il supporto ormonale all’espressione dei pattern etologici specifici dell’estro.
  • L’attività fisica associata alle manifestazioni del calore produce ipertermia, di conseguenza la bovina ridurrà al minimo il movimento come strategia fisiologica per limitare la produzione di calore endogeno.

Effetto sui follicoli e ovocellule

I follicoli ovarici contengono l’ovocellula e cellule somatiche conosciute con il nome di cellule della granulosa-teca che producono gli estrogeni responsabili delle manifestazioni estrali e del picco di LH necessario all’ovulazione. Lo stress da caldo danneggia le cellule della granulosa-teca esitando in una ridotta sintesi di estrogeni. Una classica risposta fisiologica allo stress da calore è la ridistribuzione del sangue dagli organi interni alla pelle (per favorire la dispersione di calore) ma ciò comporta una ridotta perfusione dell’apparato riproduttivo, ed in particolare del follicolo pre-ovulatorio. La diretta conseguenza è un danneggiamento delle cellule a causa di uno scarso apporto di nutrienti ed ossigeno ed un ridotto allontanamento dei cataboliti tossici. Anche l’attività delle aromatasi, enzimi responsabili della conversione degli androgeni in estrogeni, viene profondamente compromessa dall’aumento della temperatura corporea. L’effetto sul picco di LH, necessario ad una corretta e tempestiva ovulazione, predispone ad un aumento dell’incidenza di cisti ovariche ed ovulazioni ritardate.

Effetto sul corpo luteo

Lo stress da caldo influenza negativamente l’attività del corpo luteo. Sono stati condotti numerosi studi sulla produzione di progesterone durante lo stress termico con risultati palesemente contraddittori. Intuitivamente, derivando dalle cellule della granulosa, possiamo ipotizzare che le cellule luteali siano esposte agli stessi effetti dannosi esercitati dallo stress termico. È frequente l’allungamento della fase luteale che comporta l’arrivo ad ovulazione di follicoli spesso “più vecchi” con ovocellule meno fertili. Infine, la ridotta sintesi di estradiolo influisce negativamente su una corretta luteolisi.

Effetto sull’embrione (primi 7 giorni)

Lo stress da caldo comporta una ridotta competenza da parte dell’ovocellula a diventare una blastocisti. A supporto di ciò è stato dimostrato come gli embrioni ottenuti in vitro da ovocellule raccolte durante un periodo con THI elevato abbiano una qualità profondamente compromessa (Ferreira et al., 2011). Il periodo di maggiore suscettibilità sembra coincidere con le prime fasi del processo fecondativo (dall’inizio dell’estro a 24 ore post-fecondazione). Nei giorni successivi la resistenza dell’embrione aumenta progressivamente fino ad acquisire una buona tolleranza dopo lo stadio di morula-blastocisti (6-8 giorni). L’utilizzo dell’impianto embrionale come rimedio per lo stress da caldo (Embryo Therapy) è divenuto popolare negli ultimi anni; trapiantare un embrione di sette giorni permette di bypassare il periodo critico che va dall’ovulazione allo stadio di blastocisti e mantenere un tasso di concepimento importante anche nei mesi estivi.

Effetto sull’embrione (tra i 7 e i 30 giorni)

Lo stress da caldo interferisce negativamente sullo sviluppo e l’annidamento dell’embrione principalmente attraverso tre sistemi che agiscono simultaneamente ed in modo sinergico:

  • Una ridotta sintesi di progesterone che determina un microambiente uterino sfavorevole allo sviluppo embrionale.
  • Una ridotta perfusione sanguigna dell’apparato riproduttivo con un conseguente apporto deficitario di ossigeno e sostanze nutritive.
  • Un’insufficiente produzione di interferone tau da parte dell’embrione dal 14° al 18° giorno di sviluppo.

L’interferone tau è una sostanza prodotta dall’embrione e rappresenta un potente segnale di riconoscimento materno di gravidanza. La sua funzione principale prevede un blocco della secrezione di PGF2α da parte dell’endometrio e quindi il mantenimento del corpo luteo che diviene gravidico. La produzione ridotta di interferone tau esita in un meccanismo di riconoscimento materno di gravidanza poco efficiente ed una probabilità elevata di non riuscire ad impedire la produzione endometriale di PGF2α. La conseguenza è un significativo incremento delle perdite embrionali spesso con ritorni in calore regolari.

Lo stress da caldo è un problema serio che mina profondamente la redditività del moderno allevamento di vacche da latte e pone di fronte a delle sfide impegnative tutte le figure professionali coinvolte nell’allevamento bovino. A rendere ancor più pressanti tali sfide vi è il crescente interessamento dei consumatori nei confronti di un allevamento rispettoso del benessere e della dignità degli animali allevati. I sistemi di lotta allo stress termico (impianti di raffrescamento, doccette ecc.) sono particolarmente graditi dall’opinione pubblica e sono allo stesso tempo necessari alla continuità del reddito aziendale nei mesi estivi: un (raro!) matrimonio perfetto tra le esigenze degli allevatori e quelle dei consumatori.