Se consideriamo che per la vacca da latte, la preparazione al parto rappresenta un periodo fisiologico di estrema importanza, risulta quasi inevitabile porsi alcune domande: perché farla, qual è la sua efficacia, quanto deve durare, può creare problemi una preparazione più lunga o più corta?

Le motivazioni che devono indurci nel gestire questa fase con scrupolo e rigore sono le seguenti: completare l’accrescimento del vitello, che richiede più nutrienti rispetto alle prime settimane di asciutta; permettere alla ghiandola mammaria di ricostruirsi per sostenere la nuova lattazione, riadattare la microflora ruminale ad alimenti più concentrati ed infine espletare il parto.

Questa situazione di estremo cambiamento metabolico ed ormonale accompagnato da ridotta ingestione degli alimenti, causano una condizione di elevato stress per la vacca. Se a tutto questo aggiungiamo preparazioni svolte in modo non corretto, es. con durata più lunga o più corta rispetto ai 21 gg, allora si complica ulteriormente la situazione. Infatti con close-up troppo lunghi sottoponiamo la bovina ad un tempo maggiore di somministrazione di alimenti concentrati con rischio acidosi ruminale, con close-up troppo corti non permettiamo il riadattamento ruminale, della mammella e chetosi pre-parto per acquisizione delle riserve corporee della bovina nel sostenere la crescita del feto. In entrambi i casi aumenta la possibilità di incorrere nelle patologie del puerperio (ritenzione, metrite, collasso, chetosi, dislocazione) e conseguente ridotta produzione e ritardo nell’estro.

Quindi quanto può essere conveniente rifiutarsi nel fare la ‘PREPARAZIONE’ per il solo pensiero che non possa avere la sua efficacia o perché mancano gli ‘spazi’ in cui farla?