La gravidanza gemellare nella bovina da latte ad alta produzione negli ultimi anni è passata dall’essere un evento raro (incidenza attorno all’1%) ad una condizione “parafisiologica” che interessa fino al 10% (e oltre) delle gravidanze. E’ annoverata tra i disordini riproduttivi perché aumenta il rischio di perdita embrionale e aborto, mortalità neonatale, ridotto peso fetale, freemartinismo, ritenzione di placenta, metrite, endometrite, chetosi, dislocazione dell’abomaso, scarse performance riproduttive e aumentato rischio di riforma.

La Frisona (Holstein) è la razza da latte che presenta la più alta incidenza di gravidanze gemellari. Alcune linee di sangue, poi, hanno un tasso di gemellarità che raggiunge il 35%. Non è infatti raro trovare negli allevamenti alcune bovine (e le loro figlie!) con un’incidenza di gemellarità nettamente superiore alla media di stalla. Un ruolo chiave sembra essere giocato dalle linee paterne: le figlie di alcuni tori danno più gemelli di altre (G.Gnemmi, 2006).  Il numero di lattazioni è correlato positivamente al tasso di gemellarità così come la produzione di latte, tuttavia non tutte le ricerche effettuate sono concordi. Il 96-99% delle gravidanze gemellari è eterozigote, derivante da due corpi lutei sullo stesso ovaio o uno per lato e gli embrioni possono essere entrambi maschi, entrambe femmine o di sesso diverso; l’1-4% è omozigote per divisione embrionale da un’unica ovulazione (corpo luteo singolo) e gli embrioni sono sempre monolaterali e dello stesso sesso (G.Gnemmi, 2013).

Il costante aumento del tasso di gravidanza gemellare trova una spiegazione nelle mutate condizioni metaboliche della frisona. L’aumento dell’ingestione (correlato all’aumento di produzione) comporta un aumentato flusso di sangue nel fegato, con una conseguente accelerazione del metabolismo degli ormoni steroidei (G.Gnemmi, 2013). Durante le ondate di sviluppo follicolare, una bassa concentrazione ematica di progesterone aumenta la liberazione pulsatile di LH (ormone luteinizzante) dall’ipotalamo. Il follicolo dominante inibisce lo sviluppo di altri follicoli attraverso un ormone chiamato inibina, impedendo lo sviluppo di più follicoli contemporaneamente e permettendo un’ovulazione unica. La produzione di inibina è notevolmente ridotta in presenza di alte concentrazioni di LH indotte dal basso progesterone circolante a causa dell’aumentato metabolismo epatico, e questo spiega l’incremento delle doppie ovulazioni.

Una gestione attenta delle gravidanze gemellari è importante per assicurare delle buone performance riproduttive. Il tasso di perdita fetale tra i 60 e 90 giorni è infatti di tutto rispetto: l’8% delle gravidanze gemellari bilaterali e il 32% delle monolaterali. Da questo dato possiamo raccogliere due importanti suggerimenti: ricercare con attenzione le gravidanze gemellari durante le sedute ginecologiche (l’ecografo è indispensabile!) e ricontrollare le gravidanze accertate, in particolare quelle gemellari. C. Andreu-Vázquez e colleghi hanno indagato la possibilità di intervenire a 35-41 giorni di gravidanza riducendo uno dei due embrioni attraverso la rottura manuale della vescicola amniotica o aspirazione transvaginale. Sebbene occorrano ulteriori ricerche, è interessante notare che la riduzione manuale non comporta un rischio maggiore di perdita fetale nelle gravidanze monolaterali mentre in quelle bilaterali sembra esserci (28%). La riduzione embrionale va sempre attentamente registrata dal momento che viene effettuata dopo i 30 giorni e prima dei 55. Prima dei 55 giorni non è possibile fare un sessaggio fetale e il fenomeno del freemartinismo si instaura dai 30 giorni di gravidanza quindi il rischio, dopo la riduzione manuale, di avere una vitella freemartin è particolarmente elevato dal momento che non è possibile sapere il sesso dell’embrione soppresso.

Scegliendo di far progredire la gravidanza, è fondamentale ricontrollare la bovina a 120 giorni e prima dell’asciutta, che deve essere effettuata almeno dieci giorni prima della data prevista. Le bovine con un BCS non adeguato vanno spostate con netto anticipo nel box di preparazione al parto sorvegliando attentamente l’ingestione e la ruminazione (rischio acidosi!). La somministrazione di un bolo di monensin contribuisce a ridurre significativamente il rischio di chetosi (sia pre che post parto). Ricordiamo che il parto avviene, in media, sette giorni prima rispetto ad una gravidanza singola e di questo si deve tener conto per assicurare un’assistenza ostetrica qualificata al fine di ridurre distocie e natimortalità. Un attento monitoraggio post-partum (per almeno 20 giorni) è di vitale importanza, in modo da intervenire prontamente sulle eventuali patologie che potranno presentarsi.