La qualità del foraggio può essere definita come la capacità di determinare soddisfacenti livelli di prestazioni produttive degli animali in termini quantitativi e qualitativi. In particolare nelle vacche da latte l’alimentazione con foraggi di elevata qualità associata a un minore uso di concentrati migliora favorevolmente la produzione quanti-qualitativa del latte. Ciò è determinato dalla correlazione positiva tra le caratteristiche dell’alimento ingerito dall’animale e quelle del latte prodotto. Pertanto la disponibilità di foraggi di buona qualità rappresenta un fattore fondamentale per ottimizzare la gestione alimentare e l’economicità dell’impresa zootecnica. La qualità del foraggio, definita dalla sua composizione nutritiva, dipende dalle caratteristiche della specie coltivata, dalle tecniche agronomiche adottate in campo e dai metodi di raccolta, dalle tecniche di conservazione e stoccaggio. Per determinare il livello qualitativo del foraggio indirizzato a costituire la razione alimentare dovrebbero essere presi in considerazione una serie di parametri tra cui: sostanza secca, proteina grezza, fibre (ADF e NDF), lipidi, carboidrati, vitamine, minerali, sostanze azotate non proteiche e sostanze indesiderate. Nelle varie colture utilizzate per la produzione di foraggio, la più importante distinzione viene effettuata tra le specie graminacee e le specie oleo-proteaginose, il cui livello qualitativo può variare notevolmente tra i due gruppi di specie (in generale, i foraggi di leguminose hanno valori nutrizionali più elevati rispetto a quelli di graminacee). Tuttavia, le tecniche agronomiche applicate alle colture foraggere durante il loro ciclo vegetativo ed in fase di raccolta possono influire significativamente su tali presupposti generali di valori nutrizionali associati ad ogni specie foraggera.

I fattori agronomici che influenzano la qualità del foraggio possono essere ricondotti alla maturità della pianta alla raccolta, alla percentuale di foglie e steli, alla presenza di altre specie native, alle condizioni ambientali durante la raccolta, alla disponibilità di acqua e alle condizioni termiche durante il ciclo vegetativo e alla raccolta, all’ora del giorno in cui è effettuata la raccolta, ai mezzi meccanici adottati, alla scelta della specie e varietà, alla densità di impianto, all’irrigazione, al tipo di suolo e alle caratteristiche di fertilità, e all’influenza di crittogame e fitofagi. Anche se, ovviamente, alcuni dei fattori agronomici sono indubbiamente più importanti di altri nell’influenzare le caratteristiche qualitative del foraggio, è di fondamentale importanza la necessità di sviluppare nell’agroecosistema specifiche pratiche agronomiche sulla base delle colture foraggere coltivate. In altri termini, la collocazione delle colture nello spazio, la loro sequenza e le tecniche agronomiche adottate caratterizzano gli aspetti fisionomici più apparenti dell’agroecosistema, determinandone la struttura e condizionandone il funzionamento con indubbi effetti positivi sulla produzione finale in termini quantitativi e sulle caratteristiche qualitative.
In generale, le differenti caratteristiche (qualitative e quantitative) dei residui che le colture a fine ciclo lasciano nel suolo a favore dei processi di umificazione e mineralizzazione, determinano l’attitudine delle diverse specie a rinnovare la fertilità e il loro valore come effetto sulla coltura in successione. Le specie che lasciano nel suolo ampie quantità di residui colturali di buona qualità sono le leguminose foraggere poliennali, mentre le specie annuali e intercalari tendono a lasciare una minore quantità di residui nel suolo; al contrario, le specie graminacee lasciano il suolo in condizioni di fertilità ridotta. Conseguentemente, fatta salva la corretta applicazione di tutte le altre tecniche agronomiche, la fertilizzazione del suolo, effettuata con prodotti minerali o con prodotti organici, deve essere opportunamente organizzata e mirata, tenendo in giusta considerazione l’organizzazione dell’intero sistema colturale (specie di colture in rotazione ed eventualmente consociate) e le caratteristiche fisiche e chimiche del suolo, poiché la disponibilità di nutrienti nel suolo svolge un ruolo determinante sulle rese produttive e in particolare sulle caratteristiche qualitative della produzione foraggera. L’obiettivo della fertilizzazione del suolo consiste nel fornire i nutrienti necessari alle piante per il loro sviluppo e nel determinare la produzione con le caratteristiche qualitative desiderate. Per il raggiungimento di tali scopi non vi sono modelli standard da adottare per la fertilizzazione del suolo ma bisogna predisporre uno specifico piano di fertilizzazione in situazione aziendale in funzione delle caratteristiche fisico-chimiche del suolo, delle esigenze nutritive delle colture, delle condizioni climatiche e delle tecniche agronomiche applicate (colture in rotazione, lavorazioni del suolo, tecniche di irrigazione, ecc.). Molto spesso, al fine di ottenere rese più elevate, sono utilizzate grandi quantità di azoto nella fertilizzazione delle colture.
Tra le caratteristiche qualitative degli alimenti somministrati nell’alimentazione della vacca da latte, il contenuto in nitrati e potassio nel foraggio riveste una sostanziale importanza. Per tale ragione sono fondamentali la gestione del sistema colturale e la relativa tecnica di fertilizzazione applicata. La somministrazione di azoto con fertilizzanti minerali ha certamente positivi effetti sulle rese di colture graminacee, tuttavia quantità eccessive di azoto possono determinare effetti negativi in particolare sul contenuto di nitrati nel foraggio. Pertanto la quantità di azoto somministrato con la fertilizzazione deve essere gestita in funzione delle caratteristiche qualitative del suolo, della precessione colturale e delle esigenze della specie coltivata, poiché l’effetto della fertilizzazione dipende dalle specie vegetali (singola o in miscuglio).
Seppur la fertilizzazione può migliorare la qualità generale del foraggio, il dosaggio eccessivo di azoto attraverso la fertilizzazione (minerale o organica) può determinare effetti negativi su alcuni fattori di qualità, come l’accumulo nei tessuti di nitrati potenzialmente dannosi per la salute degli animali. Il rischio di accumulo eccessivo di nitrati (fattore sfavorevole della qualità) nel foraggio si verifica quando le dosi di azoto somministrate col fertilizzante sono notevolmente superiori a quanto necessario per il soddisfacimento delle esigenze della pianta nell’esprimere le proprie potenzialità produttive. In particolare il rischio di accumulo di nitrati nei tessuti vegetali si osserva solitamente in condizioni di scarsa disponibilità idrica, clima fresco, in seguito a diserbo, e in tutte le situazioni in cui si creano le condizioni di rallentamento del tasso di crescita delle piante in presenza di suolo con elevato azoto disponibile.
Definire nei dettagli le modalità, le dosi e il tipo di fertilizzante da somministrare per ogni specie foraggera coltivata e in ogni possibile sistema colturale, necessita di una ampia discussione dovuta alla vasta numerosità di casistiche possibili. Tuttavia, si possono evidenziare alcuni aspetti chiave da prendere in considerazione come criteri e linee guida generali. In condizioni di fertilità intermedia del suolo e in successione a colture non leguminose, le specie foraggere graminacee, sia in purezza sia predominanti in miscuglio, vanno fertilizzate per fornire azoto disponibile entro i limiti delle esigenze di coltura; mentre le specie foraggere leguminose, sia in purezza sia al 40-50% o più in miscuglio, non necessitano di fertilizzazione per apportare azoto. In successione a colture leguminose, la coltura foraggera generalmente non necessita di fertilizzazione per l’apporto di azoto, fatta salva la condizione di successione ad una specie leguminosa intercalare. Per quanto concerne l’applicazione di fertilizzanti organici, in generale favorisce l’aumento di sostanza organica e della qualità del suolo ma i suoi effetti diretti, residui e cumulativi dipendono dalle quantità, dal tempo e dal tipo utilizzato. Inoltre, in funzione del tipo impiegato, i fertilizzanti organici, oltre all’azoto, possono favorire la disponibilità e l’assorbimento anche di altri macro e micro-nutrienti, che vanno tenuti debitamente in conto.
Benché dopo il parto della vacca è essenziale predisporre una dieta cationica, prima del parto è auspicabile una alimentazione moderatamente anionica in cui il basso contenuto di potassio svolge un ruolo rilevante. Al fine di avere alimenti poveri in potassio, risulta fondamentale la tecnica agronomica applicata alle colture foraggere indirizzate all’alimentazione della vacca prima del parto, tenendo in considerazione alcuni criteri essenziali come: evitare ogni forma di fertilizzazione potassica e con letame, utilizzare specie poliennali raccolte dopo il primo anno ed eventualmente fertilizzate con moderate dosi di azoto e ritardare il taglio rispetto ai normali tempi di raccolta.
Al fine di una corretta gestione delle fertilizzazioni, nelle produzioni foraggere, bisogna evidenziare che è di primaria importanza eseguire le analisi fisico-chimiche del suolo, poiché da esse si possono acquisire informazioni e interpretare le condizioni di sgrondo delle acque, capacità di ritenzione idrica, mineralizzazione della sostanza organica, disponibilità di azoto, fosforo e potassio, rilascio di elementi nel processo di mineralizzazione. I parametri più rilevanti da considerare sono: tessitura, pH, sostanza organica, azoto totale, P2O5 assimilabile, K2O scambiabile, calcare totale. Naturalmente le analisi del suolo (tranne la tessitura) vanno effettuate periodicamente al termine di ogni ciclo di rotazione colturale se superiore a 4 anni, altrimenti ogni 6 anni.

Autori: 

Emanuele Radicetti, Enio Campiglia, Roberto Mancinelli*

Dipartimento di Scienze e Tecnologie per l’Agricoltura, le Foreste, la Natura e l’Energia (DAFNE); Università degli Studi della Tuscia, Viterbo.

* Autore corrispondente: Roberto Mancinelli, mancinel@unitus.it